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L’alcol nel vino e l’effetto Marangoni

di Ezio Casali

L’analisi visiva, oltre al colore (che come abbiamo visto nell’articolo “Il colore del vino” Rivista -> N. 189 – 1 maggio 2014 è in grado di darci numerose informazioni su quanto stiamo degustando) ci permette di iniziare a valutare altre caratteristiche, tra le quali il contenuto alcolico è sicuramente una delle più importanti.
La gradazione alcolica di un vino viene percepita visivamente grazie alla formazione sulle pareti del bicchiere dei cosiddetti “archetti” (o “lacrime”), che si sviluppano per il cosiddetto “effetto Marangoni”, così chiamato in onore di Carlo Marangoni, il fisico italiano che studiò questo fenomeno legato alla differenza di tensione superficiale (definibile come la tendenza di un liquido a ridurre al minimo la propria superficie) tra due liquidi tra loro miscelati.
Quando facciamo roteare il bicchiere un sottile strato di liquido, trattenuto dalle forze di capillarità che si sviluppano nelle microscopiche cavità del vetro, rimane aderente alle pareti: in questa sottile pellicola l’alcol etilico tende ad evaporare con maggiore facilità rispetto all’acqua causando un aumento della tensione superficiale (maggiore nell’acqua rispetto all’alcol etilico) e la conseguente formazione di un “anello” di liquido che sarà tanto più denso quanto maggiore era il contenuto alcolico del vino nel bicchiere (va ricordato che la densità dell’anello è legata, oltre che all’aumento della tensione superficiale, al fatto che maggiore è la quantità di alcol etilico che si allontana, maggiore è la concentrazione del liquido, o meglio della soluzione, che rimane attaccata alle pareti del bicchiere).
Ad un certo punto questo anello diventerà talmente pesante che prenderà il sopravvento la forza di gravità e si staccheranno quindi delle “gocce” che andranno a formare i nostri archetti.
Sono proprio queste gocce che ci danno delle indicazioni sul livello di alcolicità del vino in esame: più gli archetti sono stretti e più alta è la gradazione del vino, più gli archetti sono larghi e più bassa è la gradazione alcolica.

Bicchiere di passito in controluce
Bicchiere di vino passito in controluce: si notano nell’ombra gli archetti formati grazie all’effetto Marangoni (fonte: Wikimedia Commons)

Possiamo empiricamente verificare questa semplice osservazione provando a roteare un bicchiere di grappa ed uno di acqua: nel primo caso assisteremo alla formazione di una serie di archetti strettissimi e praticamente attaccati uno all’altro, mentre nel secondo caso la presenza di archetti sarà assolutamente assente, a riprova della validità del metodo che, seppur non in grado di permetterci di determinare con esattezza il contenuto in alcol etilico, è comunque un ottimo indicatore ed un fattore da tenere in considerazione nel procedere della nostra degustazione, valutando se gli altri parametri (profumi, corpo, ecc.) sono compatibili con il livello alcolico stimato in fase di analisi visiva.

Archetti di diversi vini a confronto
Come si presentano gli archetti in un distillato (a sinistra), in un vino molto alcolico (al centro) e in un vino poco alcolico (a destra); opera propria

Come abbiamo appena visto la consistenza di un vino è una caratteristica legata principalmente al contenuto alcolico, anche se non dobbiamo dimenticare che nel vino ci sono una miriade di altre sostanze (acidi, eventualmente zuccheri, sostanze coloranti, tannini, ecc.) che potrebbero influenzarla, anche se il ruolo principale lo svolgono comunque gli alcoli nelle loro diverse forme:
– monovalenti, il più importante dei quali è l’etanolo, che si forma durante la fermentazione;
– polivalenti, il più importante dei quali è il glicerolo, che si forma anch’esso durante la fermentazione;
– alcoli terpenici, presenti nelle uve aromatiche come ad esempio il geraniolo nel moscato;
– esteri di alcoli e acidi che si formano durante la maturazione del vino (queste ultime due categorie di composti hanno sul fenomeno degli archetti, vista la loro relativa scarsa presenza quantitativa, una minore influenza rispetto alle precedenti).
Viste le premesse, i vini che presenteranno più evidenti e stretti gli archetti saranno ovviamente i vini a maggiore gradazione alcolica, quelli destinati all’invecchiamento, i vini da uve surmature, ecc.
Un discorso a parte meritano i vini derivati da uve botrizzate nei quali, oltre alla gradazione alcolica ed all’eventuale residuo di zuccheri non svolti (che un ruolo nella concentrazione della pellicola di fluido che rimane sulle pareti del bicchiere comunque lo giocano), intervengono nella formazione degli archetti, che in questi vini tendono ad essere molto più fitti e ravvicinati, anche molte altre sostanze legate alla presenza della forma larvata di Botrytis cinerea che influiscono in maniera determinante sulla composizione finale del vino, nonché sulle sue caratteristiche organolettiche.
Dal punto di vista strettamente sensoriale, la sensazione legata alla presenza di alcol percepita in fase di analisi gustativa viene definita pseudocalorica: l’alcol stimola le papille gustative provocando disidratazione e vasodilatazione lasciando appunto una sensazione di calore che, però, non sarà necessariamente in diretta correlazione con il reale grado alcolico del vino.
Questo accade perché in un vino a bassa gradazione alcolica, ma povero in altre componenti, prevarrà la sensazione pseudocalorica, che potrebbe anche risultare sgradevole, mentre in un vino equilibrato ed armonico anche una elevata gradazione alcolica sarà controbilanciata dall’astringenza dei tannini, dalla freschezza degli acidi, permettendoci di apprezzarne al meglio tutte le componenti senza che nessuna di esse prevarichi sull’altra.

Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale. Curriculum vitae >>>

 

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