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Creso: sua costituzione, radioattività e celiachia

di Alessandro Bozzini


Campo di creso


Dopo la mia Laurea in Agraria nel 1956 a Pisa, come 3° allievo agronomo dell’attuale Scuola Superiore S. Anna (allora S.S. A. Pacinotti) usufruii, nel 1958-1959, di una borsa di studio presso la Facoltà di Agraria dell’Università del Minnesota, per una specializzazione in Citogenetica, Mutagenesi e Miglioramento genetico vegetali.
Durante tale periodo ebbi modo di conoscere il futuro premio Nobel Prof. Borlaugh, che era un Patologo vegetale e che tenne nell’Università (dove aveva studiato e si era laureato) una serie di lezioni sul programma di breeding da lui tenuto con l’USAID in Messico (e che continuò poi con il CIMMYT, il Centro del CGIAR sul Miglioramento genetico del mais e dei frumenti).
In tale occasione si parlò, oltre che del suo programma per ottenere varietà di frumenti multi-linee per geni portatori di resistenza alle ruggini, anche del successo dei programmi di Strampelli per ottenere in Italia varietà di frumenti molto precoci, che potessero sfuggire alle condizioni ambientali necessarie per lo sviluppo della ruggine nera, utilizzando la varietà giapponese Akagomughi, che però portava anche un gene per la bassa taglia. Borlaugh ci disse allora che intendeva trasferire anche nei duri i geni per la bassa taglia, da lungo tempo presenti nelle cultivar di tenero asiatiche e poi trasferiti in varietà americane, per ottenere la resistenza all’allettamento anche in questa specie.
Rimasi in contatto epistolare con Borlaugh, una volta rientrato in Italia ed iniziato con Scarascia Mugnozza e D’Amato a lavorare sulla mutagenesi dei duri nel Centro Studi della Casaccia, dell’allora CNEN.
Scarascia Mugnozza, da ottimo dirigente e stratega, voleva che si iscrivessero come varietà solo i mutanti isolati dopo i trattamenti mutageni, il tutto ovviamente per valorizzare la tecnologia e le finalità che allora tutti noi stavamo perseguendo. Analogamente Scarascia voleva che si utilizzassero solo i mutanti ottenuti, senza usare la mutazione indotta per incroci con altre varietà, sempre per le stesse ragioni.
In tale programma ottenemmo anche due mutanti della varietà Senatore Cappelli con taglia più bassa, il B 132 ed il B 144, poi chiamati rispettivamente Castelporziano e Castelfusano. Tuttavia tali mutanti avevano una taglia diminuita solo di 15-30 cm rispetto al Cappelli, ma il primo, di circa 30 cm più basso, era caratterizzato anche da elevata tardività, mentre il secondo, più basso di solo 15-20 cm, era positivamente caratterizzato da granella sempre turgida e perfettamente vitrea.
Con D’Amato, che era il nostro Consulente scientifico in Casaccia e con cui avevo un particolare rapporto di confidenza come suo allievo e reciproca stima, avevamo però constatato che quasi tutti i mutanti isolati nelle generazioni M2 ed M3 delle diverse varietà di duro utilizzate per la mutagenesi, erano anche caratterizzati da sterilità più o meno importante e quindi non certo molto idonei per la loro utilizzazione pratica come varietà iscritte per la produzione.
Con D’Amato concordai che, anche per verificare l’ereditarietà delle mutazioni più interessanti, le avrei re-incrociate sistematicamente con le cv di partenza (Cappelli ecc.) e sostituito le linee mutanti “dirette”, con le progenie delle piante F2–F3 portanti le mutazioni, ma perfettamente fertili. Così le cv Castelporziano, Castelfusano, Casteldelmonte ecc., successivamente iscritte, sono tutte derivate da questi reincroci.
Inviai a Borlaugh le informazioni sui nostri programmi di mutagenesi nei frumenti duri e lui mi scrisse che aveva effettuato ibridazioni tra grani teneri seminani con il duro Cappelli (che gli avevo indicato già come il miglior duro mediterraneo di allora) e quindi reincrociato, sempre col Cappelli, gli F2 più simili ai duri. Mi disse anche che sarebbe venuto in Europa per una riunione a Digione e che mi avrebbe potuto fornirmi alcuni semi di una progenie F3 bassa e fertile, con la tetraploidia confermata da analisi citologica. Mi recai anch’io a Digione ed ebbi da lui una trentina di semi di questo duro nano.
Allevai questo materiale in Casaccia a fine anni ’60 e verificai la buona fertilità e la bassa taglia, ma anche le piccole dimensioni e la struttura farinosa e bianconata dei semi di questo materiale, che quindi non risultava idoneo per la pastificazione.
Utilizzai quindi una successiva selezionata pianta F4 per un incrocio con la linea mutante B 144, che era stata ottenuta da trattamento dei semi di Cappelli con i raggi X, effettuato nel 1959 da D’Amato a Pisa, selezionata in Casaccia e caratterizzata appunto da alto peso ettolitrico e da cariossidi grandi e vitree.
Nella selezione delle progenie ottenute con l’incrocio della linea CIMMYT nana con tale linea, oltre all’altezza di circa 80 cm, curai il carattere “elevato e contemporaneo accestimento” insieme con la “spiga più corta”, la “elevata produttività” e la “resistenza alla ruggine bruna” derivate dalla linea CIMMYT con “una buona dimensione ed elevata vitrosità” derivata dalla granella del B 144.
A Scarascia Mugnozza, che lasciò il CNEN per l’Università di Bari alla fine degli anni ’60 – inizio ‘70, non avevo parlato, per le ragioni sopra esposte, di questo incrocio.
Nel 1972 il Creso fu coltivato per la prima volta in pieno campo su 2 Ha nel Fucino ed ottenemmo con Carlo Mosconi (anche lui costitutore del Creso e responsabile delle prove) ben 103 Qli per Ha di media, produzione fino ad allora mai ottenuta col duro in Italia.
Nel 1974 chiedemmo l’iscrizione e nel 1975, su specifica richiesta del Prof. Baldoni, (uno dei pochi che in Italia già conosceva il Creso, per averlo già saggiato nei suoi campi) al Ministro per l’Agricoltura, che eccezionalmente approvò l’iscrizione e quindi la successiva coltivazione, anche se allora il materiale non era ancora perfettamente uniforme, a causa di spontanei esoincroci con pollini di piante di duro con geni dominanti per l’altezza, allora molto presenti.
Il Creso fu diffuso in commercio dopo il 1975, quando io ero già in FAO come Capo Servizio per la Produzione vegetale, delle Sementi e dell’Agrometereologia e quindi non potei seguire la sua diffusione in quanto in ben altre faccende affaccendato.
La nuova varietà fu affidata dal CNEN a tre ditte sementiere, Federconsorzi, ISEA e Consmaremma. Dal 1976 fino al 2009, solo di royalties, per questa varietà, il CNEN e poi l’ENEA hanno ricevuto oltre 3 miliardi e 700 milioni di lire.
Quindi il Creso, di fatto, è un Cappelli (selezionato da Strampelli) nanizzato e con un buon accestimento precoce, che ben utilizza la fertilità del suolo.

Per quanto riguarda la storia, apparsa in alcuni giornali, sulla “radioattività” del Creso vorrei sapere quante persone sono divenute radioattive dopo di aver effettuato nel 1960 una normale analisi coi Raggi X e quanti di questi trasferiranno tale radioattività alle prossime 53 generazioni !
Inutile fare commenti: l’ignoranza ed il pregiudizio sono virtù molto diffuse.


Per quanto riguarda la “Celiachia”, da alcuni giornali considerata essere stata incrementata a causa della diffusione del Creso, credo di essere stato, nei primi anni ’70, uno dei primi agronomi che in Italia hanno studiato tale problema nei cereali, in collaborazione col Prof. Silano, allora Ricercatore dell’Istituto Superiore della Sanità e quindi divenuto Direttore generale al Ministero della Sanità e con l’allora Direttore dell’Istituto Sclavo di Siena e con i docenti della Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli.
Infatti, con le specifiche analisi biochimiche della collezione delle varie specie e varietà botaniche di frumenti diploidi, tetraploidi ed esaploidi e di linee di Triticale ed Agrotriticum ecc. allora disponibili nel Centro Studi della Casaccia, si accertò che le proteine responsabili della celiachia erano presenti, anche se in quantità molto variabile, in tutti i materiali analizzati.
Ovviamente la notevole diffusione del Creso nell’ultimo quarto del secolo scorso ha favorito anche l’industria della pasta, mettendo a disposizione notevoli quantità di semola a buon prezzo, favorendo l’incremento di tale consumo nel Paese.
Per quanto riguarda l’accertato incremento della celiachia in questi ultimi anni, questo non è certo dovuto alla diffusione di una singola varietà, che ormai copre non più del 5% dell’area a duro, ma probabilmente dal molto più aumentato consumo di prodotti derivati dai frumenti, particolarmente teneri, che, per ragioni tecnologiche, sono stati selezionati per una sempre maggiore quantità di glutine, oggi arrivata al suo raddoppio. Pensiamo, anche a quanti, ad es. in nord Italia, consumavano, molti anni fa, polenta, riso e grano saraceno, che non inducono celiachia, rispetto ad oggi.
L’ipotesi oggi più plausibile è che la celiachia non sia soltanto legata a presenza di specifici fattori ereditari, ma anche a fenomeni di tipi allergico legati all’uso eccessivo di prodotti alimentari a base di frumenti, come ad es. avviene per le allergie derivate dall’uso eccessivo di aspirina ed altri farmaci e prodotti naturali .
Certamente sarà necessario continuare a studiare tale fenomeno che purtroppo oggi coinvolge molte più persone che nel passato.


Nota di chiarimento sulla costituzione del Creso, sulla notizia della “radioattività“ del Creso, diffusa nel 2010 e sull’incremento della “celiachia” legata alla diffusione del Creso, apparse su alcuni giornali nazionali nel 2011.


Alessandro Bozzini, laureato in Scienze agrarie all’Università di Pisa e diplomato alla Scuola Superiore S.Anna di Pisa, è stato Docente di Genetica presso la Facoltà di Scienze Biologiche dell’Università di Siena, Direttore della Divisione Agricoltura del CNEN presso il Centro Ricerche della Casaccia di Roma, Direttore del Servizio della Produzione vegetale, delle Sementi, dei Pascoli e della Agrometeorologia della FAO di Roma, Direttore della Divisione Biotecnologie ed Agricoltura, Dipartimento Innovazione, ENEA, Centro Ricerche della Casaccia di Roma.
Pensionato e Libero Professionista, è stato consulente della FAO, dell’IFAD, dell’UNIDO, del MIUR, del MIPAAF e di altre Imprese di Ricerca e Sviluppo Agrario ed Agroindustriale nazionali ed internazionali. E-mail: alessandro.bozzini@libero.it


 






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