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La razza Valdarnese bianca, sessant’anni di storia

di Manuela Gualtieri


I momenti chiave nella storia della razza Valdarnese bianca sono stati i seguenti:


  1. Mostra Avicola di Cremona del 1953 – primo vero riconoscimento ufficiale come razza a sé stante e non varietà bianca della Valdarno. Siamo in realtà nel periodo in cui la Valdarnese bianca raggiunse il massimo della sua produttività e notorietà, grazie in particolare alla costituzione del “Gruppo Avicolo del Valdarno”, con il contemporaneo avvio di un piano di selezione della razza sotto il controllo dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura di Arezzo e con il successivo contributo delle ricerche del prof. Quilici condotte presso la Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo.
  2. Anni sessanta – inizia il declino: in concomitanza con la drastica riduzione dei contratti di mezzadria e con il progressivo espandersi dell’avicoltura intensiva, anche a causa della ripresa dell’allevamento rurale della Livornese, favorito dal più facile reperimento dei pulcini prodotti da incubatoi specializzati del Nord Italia.
  3. Dagli anni ’70 ad oggi – Negli anni settanta la consistenza della razza si è drasticamente ridotta anche per effetto di interventi di incrocio con altre razze.

Tuttavia alcuni allevatori della zona hanno continuato, anche se spesso su piccola scala e a livello familiare, ad allevare questo tipo di polli col preciso scopo di mantenere una tradizione ben radicata e con la preoccupazione di garantire la sopravvivenza della razza.
Questo atteggiamento ha ricevuto recentemente attenzione da parte delle pubbliche Amministrazioni, prima di tutto con l’inserimento del “pollo del Valdarno” nell’Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Toscana (D.Lgs. n. 173/98, art. 8 – Decreti MIPAF n. 350/99); nel 2000 poi, grazie all’iniziativa dell’Associazione Coltivatori Custodi, che ha trovato il necessario supporto finanziario e il coordinamento delle attività nell’ARSIA, è stato elaborato in collaborazione con le Università di Firenze e Milano il progetto “Riconoscimento, salvaguardia e valorizzazione del pollo del Valdarno”, finalizzato a valutare la possibilità di rilancio di questa pregiata produzione locale, perfettamente inserita nel territorio di origine e di conservazione di germoplasma autoctono; inoltre, nel 2003 la razza Valdarnese bianca è stata iscritta nel Repertorio regionale delle risorse genetiche autoctone animali della Toscana (L.R. 50/97 Tutela delle risorse genetiche autoctone) come razza autoctona a rischio di estinzione.
Parallelamente, l’Università di Firenze ha sviluppato schemi di ricoveri mobili, progettati proprio tenendo conto delle esigenze particolari di questi polli, per i quali è d’obbligo l’allevamento all’aperto.
Sempre per iniziativa dell’ARSIA sono stati svolti due corsi di formazione degli allevatori ed è stato pubblicato un manuale di allevamento (scaricabile da http://www.pollodelvaldarno.it/).
L’atto più recente è rappresentato, a partire dal 2005, dalla costituzione del Registro Anagrafico tenuto presso l’Associazione Allevatori della provincia di Arezzo (oggi ARA-Toscana), fino a pochi giorni fa unico esempio in Italia per il settore avicolo. Il relativo iter normativo si è concluso nel 2009 con la nomina della Commissione Tecnica Centrale.
Attualmente sono registrate alcune centinaia di riproduttori, con progressivo -per quanto lento- incremento, determinato dalla consapevolezza dell’importanza dell’origine certa del prodotto carne, oltre a quella della conservazione della razza.
La prima valutazione morfologica per la registrazione è affidata all’allevatore, che è già istruito in tal senso; l’inanellamento viene eseguito da un tecnico incaricato dall’ARA quando i soggetti hanno raggiunto l’età di 6 mesi, verificando che i galli abbiano un peso compreso fra 2,3 kg e 2,85 kg e le galline quello fra 1,75 kg e 2,15 kg, e che siano state adottate le norme sull’alimentazione riportate nel “Manuale tecnico pratico per allevatori e tecnici della Valdarnese bianca” (Pignattelli e Cristalli, 2003).


Standard di razza


Piumaggio: bianco, ma non candido e, limitatamente al dorso e alla mantellina nei galli adulti, tendente al giallo paglierino lucente.
Coda: a ciuffo, con falciformi brevi nel gallo.
Impennamento tardivo: all’età di 45 giorni i pulcini presentano la regione omerale ancora nuda, parzialmente impiumate le regioni del collo, del petto e del ventre; sono quasi privi della coda.
Pelle: di colore giallo; tarsi di colore giallo-arancio.
Testa: ben proporzionata, occhio grande e vivace con iride rosso-arancio, becco leggermente ricurvo di colore giallo oro antico. Cresta e bargigli molto sviluppati, specie nei galli, e di colore rosso sangue; la cresta è semplice e carnosa, eretta, con 5-6 denti nel gallo e piegata nella gallina. Orecchioni di colore giallo crema con qualche venatura rossa.
Collo: robusto, con folta mantellina.
Dorso: lungo, piatto e largo in corrispondenza delle spalle.
Ali: ben sviluppate e aderenti al corpo.
Petto: ampio e prominente.
Addome: ben sviluppato e pieno.
Zampe: gambe forti, carnose; tarsi non troppo lunghi, forti, senza piume.
Peso: all’età di circa 1 anno il gallo pesa da 2,9 a 3,3 kg e la gallina da 2 a 2,5 kg.
Uova: ben conformate, con guscio resistente di colore bianco avorio opaco.


Valdarnese bianca
Valdarnese Bianca


Maschio di 45 giorni
Maschio di 45 giorni (caratteristico impennamento tardivo)


Attitudini produttive e sistema di allevamento


La razza è da considerare come da carne, ad accrescimento lento e come tale è fondamentalmente utilizzata. Poiché l’allevamento si svolge di norma a ciclo chiuso, una parte non trascurabile delle uova deposte (circa 1/3) viene destinato al consumo diretto a livello familiare. La gallina può arrivare a deporre 140-170 uova l’anno, raramente un numero maggiore poiché conserva l’attitudine alla cova. Le uova sono di solito di peso elevato (60-68 g) e hanno il guscio di colore bianco avorio.
L’allevamento si svolge tipicamente all’aperto, lasciando gli animali liberi di pascolare sia in oliveti e vigneti che nel bosco; infatti, caratteristica peculiare della razza è la sua grande rusticità e resistenza alle condizioni climatiche tipiche dell’area geografica che, oltre a compensare la sua incapacità di adattamento all’allevamento in clausura, permette di sviluppare attraverso il pascolo, l’aria aperta e la luce solare diretta le caratteristiche qualitative che l’hanno resa famosa. L’allestimento di recinti su parchetti inerbiti prevede una superficie minima pro capite di 10 mq e la presenza di ricoveri per la notte (dotati di nidi nel caso che siano destinati ai riproduttori), oltre alla messa in atto di opportuni accorgimenti di difesa dai predatori. I pulcini nascono ancora, sebbene in casi abbastanza isolati, da cova naturale e vengono accompagnati al pascolo dalla chioccia; altrimenti vengono mantenuti in pulcinaia per il primo periodo di allevamento (di solito 4 settimane) e poi liberati all’esterno. L’alimentazione si basa sull’impiego di mangimi completi per i pulcini e spesso anche per i riproduttori, ma il sistema tradizionale privilegia l’uso di granaglie di cereali (essenzialmente mais vitreo o semivitreo) come integrazione al pascolo per tutte le categorie di animali.


Caratteristiche dietetiche e organolettiche


La carne dei soggetti macellati di norma non prima dei 4 mesi di età è dotata di caratteristiche qualitative (sapore, colore, consistenza) particolarmente apprezzate dai consumatori e nettamente differenziata dai soggetti derivati da allevamenti intensivi, in conseguenza sia delle caratteristiche genetiche che del sistema di allevamento.
L’analisi chimica della carne mostra valori di proteina e di grasso rispettivamente più alti (+10% e oltre) e più bassi (-50% nel petto senza pelle) rispetto ai polli provenienti da allevamento intensivo. In particolare il grasso risulta caratterizzato da una migliore composizione acidica (rapporto polinsaturi/monoinsaturi) (Pignattelli, 2001).
Le uova presentano contenuti di proteina e glucidi e di grassi e colesterolo rispettivamente maggiori (+10% e +50%, rispettivamente) e minori (-20÷25%) rispetto alla media delle uova convenzionali, oltre a un rapporto tra acidi grassi n-3 e n-6 molto vicino all’ottimale 1:5 (Pignattelli, 2001).


Manuela Gualtieri, Dipartimento di Biotecnologie agrarie – Sezione Scienze animali – Università di Firenze
Presidente della CTC del Registro Anagrafico della Valdarnese bianca


 






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