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Salto ostacoli : il cuore e l’occhio nell’equitazione

di Gianni Balzaretti

Durante lo svolgimento di un percorso di salto ostacoli, anche le persone che non praticano l’equitazione vengono facilmente impressionate dalla evidente combinazione di eleganza e potenza che il binomio cavallo-cavaliere esprime. Sembra tutto così naturale, così istintivo e così facile che i non “addetti ai lavori” sono portati a credere che tutta questa combinazione di leggerezza elastica e di forza dipenda solamente dal cavallo.
Verrebbe quindi spontaneo credere che il merito (o demerito…) possa essere attribuito solo alle qualità del cavallo senza considerare il cavaliere come parte in causa.
Chi invece ha delle nozioni di equitazione sa che non sempre è così!
Ma a volte anche tra gli “addetti” le idee non sono tanto chiare. Vediamo, in sintesi, quali sono i principali elementi da considerare.

 
(Foto Anna Ceffa)

Per superare un ostacolo esiste un punto ottimale dal quale si deve iniziare il salto. Questo punto, che viene chiamato “punto di battuta“, non è fisso ma dipende a sua volta da fattori che variano in base al tipo di ostacolo, alla sua costruzione, al luogo dove si trova e alla consistenza del terreno.  
Per superare un ostacolo nel modo più corretto (e quindi senza sforzi inutili), un cavallo deve poter disporre dei suoi mezzi. Ciò significa che deve poter muovere liberamente ed efficacemente (buona coordinazione motoria) le parti del corpo necessarie allo scopo.
Questi mezzi a disposizione consistono nella conformazione morfologica, nelle sue predisposizioni (attitudini, temperamento), nella condizione fisica. Essi possono essere migliorati dall’addestramento e sviluppati dall’allenamento.
E’ il cavaliere che, con le sue azioni, deve adattarli di volta in volta alle differenti situazioni. Essi interagiscono gli uni con gli altri e, nel  modello ottimale, sono la risultante  di    
– una ferma determinazione;
– di un buon uso del bilanciamento (la basculazione del collo);
– dell’impegno energico dei posteriori;
– dell’equilibrio;
– di una muscolatura adeguata;
– di un impulso controllato.
Il corretto lavoro in piano (dapprima l’addestramento e poi la ginnastica di mantenimento) produce un cavallo cosiddetto “negli aiuti”; in pratica, un animale che tende ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni che riceve dal cavaliere relativamente alla situazione da affrontare.
Quando il suo equilibrio fisico e mentale è armonico, il cavallo avanza mantenendosi pronto a collaborare alla minima indicazione.
Questa condizione ottimale genera la più precisa collaborazione alle indicazioni (azioni) del cavaliere poiché l’animale impiega le sole forze utili, cioè senza sprechi e/o ribellioni (contrazioni).


(Foto Anna Ceffa)

Il cavaliere, per poter “dialogare” correttamente con il proprio cavallo, deve arrivare a possedere un assetto elastico e sicuro.
Quando è in sella, non deve essere solo una “bella statuina” ma deve cercare di “legarsi al movimento” e assecondarlo, adattandosi senza generare contrasti. Quando galoppa in percorso, la sella del cavaliere deve allontanarsi e avvicinarsi alle natiche senza venirne fermamente a contatto (in alcuni momenti “critici” però, non deve essere un problema riprendere questo contatto per consolidare l’assetto). Le sue gambe, con un’azione di compressione, generano il movimento (impulso). Le mani lo dosano chiudendo le dita sulle redini per evitare un aumento indesiderato di velocità e per tenere impegnati gli arti posteriori sotto la massa corporea. Al momento voluto infine, possono lasciare filtrare questo impulso o parte di esso.
E’ comunque fondamentale per il cavaliere controllare l’impulso e l’impegno dei posteriori perché questo gli permette di regolare l’andatura e di influire sull’equilibrio del cavallo.
Il compito (e l’arte) del cavaliere in una gara di salto ostacoli è di riuscire a fare avvicinare il cavallo (alla velocità e nell’equilibrio voluto) all’ostacolo portandolo al punto più favorevole per la battuta. In questo modo si ottengono due risultati:
1) si evitano al cavallo sforzi inutili;
2) si pone il cavallo in uno stato psichico ottimale.


(Foto Anna Ceffa)

L’arte del cavaliere si esprime anche nel porre rimedio a eventuali difficoltà dovute a richieste eccessive rispetto ai mezzi fisici del cavallo, aiutandolo così a mantenere la sua determinazione morale e la sua volontà di collaborazione.
L’arte dell’addestratore, invece, è l’aver messo il cavallo nella condizione di collaborazione molto tempo prima di affrontare gli ostacoli, in modo che, comunque, nell’avvicinamento a questi ultimi, le indicazioni del cavaliere siano recepite dal cavallo senza fraintendimenti, senza esitazioni e senza necessità di azioni vistose.
Sovente la fase di addestramento è un momento delicato: un piccolo errore del cavaliere può avere conseguenze enormi e ripercuotersi per molto tempo sul cavallo. Il vecchio proverbio “cavallo giovane a cavaliere vecchio”  è una verità da tenere molto in considerazione! (In questo caso il termine vecchio significa di esperienza).
E’ quindi meglio affrontare il lavoro di addestramento con le dovute cognizioni o cercare dei professionisti competenti e onesti a cui affidarsi.
E’ necessario in seguito lavorare sovente alla velocità che sarà quella delle gare (350/400 metri al minuto) ed eseguire dei percorsi immaginari senza salti ma che comprendano girate,  allungamenti e accorciamenti delle falcate, cambiamenti di mano. Nel corso del suo addestramento all’ostacolo, il cavallo deve a poco a poco, sia in libertà che montato, imparare a tenere un equilibrio che gli permetta di effettuare la corretta battuta di propria iniziativa. All’occorrenza però deve anche lasciarsi portare dal cavaliere alla distanza più favorevole per prendere la battuta.
Ciò si ottiene mediante l’allungamento o l’accorciamento delle falcate.


(Foto Anna Ceffa)

Per allungare le falcate il cavaliere, con il cavallo al galoppo, coordina le mani e le gambe (resistendo di meno e aumentando la compressione) per mantenere  un impulso energico. In questo modo il cavallo si avvicina all’ostacolo galoppando con falcate lunghe. Questo procedimento presenta il  vantaggio di aumentare la velocità ma esiste il rischio di sbilanciare il cavallo sulle spalle e di farlo “affondare” per averlo sovraccaricato sugli anteriori.
Per accorciare le falcate il cavaliere deve resistere  sulle redini ad ogni falcata. In questo modo limita il movimento in avanti degli anteriori ed impegna i posteriori. Il cavallo allora arriva all’ostacolo con falcate più corte. Il rischio a questo punto è però quello di perdere velocità.
Un terzo procedimento consiste nell’effettuare contemporaneamente queste due azioni durante l’avvicinamento: accorciare dapprima le falcate per impegnare il posteriore e allungare le ultime falcate per arrivare giusti alla battuta. Quest’ultimo è evidentemente una combinazione dei primi due e permette di diminuire gli inconvenienti dei due metodi precedenti.
Il cavaliere, durante l’esecuzione di un percorso, deve fare capire al cavallo che non vuole togliergli l’iniziativa. Questo però non impedisce, quando necessario, di indicare al cavallo in quale modo debba saltare.
Alla fin fine è il cavallo che salta e di conseguenza, usando aiuti “delicati”, diminuiranno le possibilità di provocare dei contrasti o delle ribellioni.
Un esercizio fondamentale per cavallo e cavaliere è quello di esercitarsi su ostacoli relativamente bassi (80 – 100 cm) alla velocità di 400 metri al minuto per dare un po’ di  “cuore” e di “occhio” al binomio. Il cavallo deve comunque essere sempre sotto il controllo del cavaliere.
Un cavallo  ben addestrato, in un percorso, deve poter prendere l’iniziativa su come affrontare gli ostacoli, o almeno alcuni di essi.
Il cavaliere si limita a regolare l’impulso e la direzione, ma cerca di non “abbandonare” il cavallo: se occorre lo incoraggia trasmettendogli comunque l’impressione di lasciarlo libero, ma deve rimanere pronto ad agire. Se gli ostacoli e il percorso non sono troppo impegnativi, il cavallo avrà la più completa iniziativa; se il percorso diventa impegnativo e gli ostacoli molto grandi, l’intervento del cavaliere diventa veramente necessario. Nei concorsi ad alto livello le altezze, le distanze e le successioni ravvicinate dei vari ostacoli (combinazioni) obbligano il cavaliere  ad effettuare degli interventi per modificare l’equilibrio, la velocità e l’impulso e per aiutare a prendere esattamente la battuta.
Gli “aiuti”, tenuto conto di questi fattori, saranno dati nel rispetto del cavallo e si dovrà aver valutato e programmato, durante la visione del  percorso, eventuali “rischi da correre”.
La concentrazione deve essere sempre presente.
Occorrerà sovente esercitarsi con pazienza e metodo su ostacoli molto più bassi e non impegnativi per avere sempre un margine di sicurezza nel caso si verificassero piccoli imprevisti.
L’esecuzione ripetuta (la ginnastica e l’allenamento) migliorerà la coordinazione motoria e il tono muscolare del cavallo mentre l’occhio, affinandosi gradualmente con la pratica, darà sicurezza sia al “cuore” del cavallo che del cavaliere.

Gianni Balzaretti, istruttore di 3° livello della Federazione Italiana Sport Equestri e tecnico C.O.N.I., è autore di diversi articoli e pubblicazioni sulla storia dell’equitazione, Purosangue Inglesi, concorso completo di equitazione. Attualmente insegna presso la Società Ippica Novarese.

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