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Recupero del cavallo Pugliese del Tavoliere

di Giuseppe Acella


Incanto, Stallone Pugliese del Tavoliere – 1956 (foto IRIIP di Foggia)

Cenni storici
L’importanza, nel campo dell’allevamento equino, della Daunia risale all’epoca della Magna Grecia, basti pesare che il suo capoluogo, Foggia, fu fondato da Federico II nelle vicinanze dell’antica Arpi, nota anche come Argos Hippion (la Argo dei cavallo), all’epoca in cui Argo era ritenuta, non solo la città più antica, ma anche la poleis più potente del Peloponneso.
In Puglia, tutti i popoli ed i condottieri, che ne calcarono il suolo, non mancarono di razziare ottimi cavalli per la rimonta delle proprie truppe.
La predisposizione della Puglia all’allevamento equino è testimoniata dal fatto che, proprio qui, Ludovico il Moro, la Repubblica di Venezia e grandi famiglie aristocratiche del Regno di Napoli vi allevarono le proprie “razze”. Anche la corona di Napoli, in epoca Borbonica, insediò in Puglia, ed in particolare a Tressanti in provincia di Foggia, la più numerosa delle cinque mandrie della razza di Persano.
In questa regione si distinsero negli anni due popolazioni cavalline: quella delle Murge e quella del Tavoliere che, negli anni ’20 del ‘900, costituirono la base su cui si iniziò la selezione, rispettivamente, del Cavallo Murgese e del Cavallo Pugliese del Tavoliere.
Le due razze erano affini e contigue sul territorio, tanto che molti stalloni Murgesi venivano assegnati alle stazioni di monta pubbliche della Capitanata e , negli anni ’50, il Deposito Stalloni di Foggia destinò al miglioramento del Murgese, Tarquinio il Superbo, uno stallone di razza Pugliese del Tavoliere. Entrambe accolsero in vario modo ed in varia quantità sangue Salernitano, Maremmano Laziale ed Anglo-Normanno.
Negli anni ’60, il comandante del Deposito Stalloni di Foggia, Col. Agostino D’Alessandro, scrisse un rapporto sullo stato delle razze equine Pugliesi che fu pubblicato sulla rivista “Agricoltura”. In questo articolo il D’Alessandro descrisse non solo lo stato ma anche l’origine delle due razze, in particolare di quella del Tavoliere. Gli allevatori della Capitanata, sul finire dell’800 e nei primi anni del ‘900, per far fronte alla crescente richiesta, sia locale che delle zone limitrofe, di cavalli adatti alla carrozza, al traino, alla sella pesante, nonché ai lavori agricoli, costituirono delle nutrite mandrie acquistando, puledre di circa tre anni, di provenienza Salernitana e Laziale, presso la prestigiosa Fiera di Foggia. Su queste fattrici utilizzarono stalloni sia Salernitani che Maremmani Laziali per ottenere puledri di buona statura, rusticità e forza. A cavallo della seconda guerra mondiale, il Deposito Stalloni di Foggia destinò alcuni stalloni Anglo-Normanni, di 3^ e 4^ generazione dall’incrocio PSI x Normanno, al miglioramento morfo/funzionale della razza del Tavoliere.
Questa razza, che non aveva alle proprie spalle una lunga storia, affondava le proprie radici nella tradizione e negli usi della Capitanata. Infatti, il caso o quell’insieme di tendenze e predilezioni degli allevatori, che non sono altro che l’identità della popolazione di un territorio, hanno fatto ricadere la scelta degli allevatori, che la fondarono questa razza, su due tipi di cavalli che avevano già incrociato la propria storia con quella del Tavoliere. La cavallerizza borbonica del Real Sito di Tressanti, ed ancor di più, la transumanza avevano già portato e lasciato, sul territorio della Daunia, cavalli Salernitani e Laziali, la cui memoria è ancora viva negli anziani che li possederono e che ne fecero i loro fedeli compagni di lavoro.
Oggi, purtroppo, delle due razze solo quella delle Murge sopravvive, visto che ufficialmente nel Registro Anagrafico del Cavallo Pugliese, dagli anni ’70, non risultano nuovi soggetti iscritti, anche se ad oggi tale registro risulta ancora esistente ed aperto presso l’Associazione Italiana Allevatori e discendenti documentati di uno stallone del tavoliere risultano attualmente presenti nella razza delle Murge.

Perchè recuperare la razza del Cavallo Pugliese del Tavoliere
Le motivazioni storico-culturali, alla base di questo recupero sono forti quanto evidenti. Il cavallo è stato fondamentale per l’economia mondiale per millenni, era parte integrante della vita, anche sociale, tanto che proprio in Capitanata era uso comune custodirlo in casa. Molte case fino a pochi decenni fa, nel foggiano, erano censite come “unico vano adibito ad abitazione e stalla”.
Il recupero del Cavallo Pugliese del Tavoliere è un’opportunità che può essere facilmente colta grazie al fatto che l’estinzione di questa razza è relativamente recente. Inoltre, è documentato, sempre dal D’Alessandro, nell’articolo sopra menzionato, l’utilizzo di uno stallone di questa razza nel miglioramento del Cavallo Murgese. Il nome di questo stallone era Tarquinio il Superbo ed oggi gran parte dei migliori soggetti Murgesi sono suoi discendenti (gli stalloni Paisiello, Sabrino da Martina, Brennero, Strauss di S.P., i cui figli si sono classificati ai primi tre posti nelle ultime cinque edizioni del Mercato Concorso di Martina Franca, e la fattrice Macina vincitrice di due medaglie d’oro ed una di bronzo, ai mondiali di monta da lavoro in Germania, sotto la sella di Roberta Inama).
Recuperando questa razza su una base Murgese/Maremmana, nei modi che descriveremo nel prosieguo di questo scritto, si verrebbe a costituire un serbatoio genetico dal quale poter attingere in caso di necessità di rinsanguamento delle due razze utilizzate per questo intervento che rappresentano due delle razze autoctone tra le più importanti del nostro paese, contribuendo concretamente alla salvaguardia della biodiversità.
Questo intervento creerebbe opportunità sia per chi è già allevatore che per i giovani che intendono intraprendere questa attività, visto che una razza che storicamente era di costituzione mesomorfa, caratterizzata da larghi diametri potrebbe essere sviluppata, dopo il recupero, sia verso il tipo mesodolicomorfo, per produrre cavalli sportivi da sella, sia verso il tipo meso-brachimorfo, per produrre sia soggetti adatti agli attacchi che alla produzione di carne (in Puglia si consuma la maggior quantità di carne equina di tutto il territorio nazionale pur non producendone localmente).

Recupero e Selezione
Il recupero della razza Pugliese del Tavoliere può essere attuato sulla base di quanto scrisse il Colonnello Agostino D’Alessandro (comandante del Deposito Stalloni di Foggia), negli anni ’60, nell’articolo “La Ippocoltura nelle Puglie”. In questo rapporto, il D’Alessandro riportò i risultati ottenuti nella selezione delle due razze cavalline pugliesi, scendendo nel dettaglio degli interventi eseguiti, dando un’esatta idea di quale fosse l’indirizzo allevatoriale seguito. Tale articolo ci fornisce un quantitativo di informazioni sufficiente a poter recuperare la razza del Tavoliere semplicemente seguendo la descrizione di quanto era stato fatto fino ad un decennio prima della sua estinzione.

Fase 1
La base, su cui operare il recupero della razza cavallina Pugliese del Tavoliere, può essere costituita partendo da un nucleo, di fattrici e stalloni di razza Murgese, discendenti dallo stallone Tarquinio il Superbo. Questo stallone, di razza Pugliese del Tavoliere, fu impiegato, dal Deposito Stalloni di
Foggia, negli anni ’50 per il miglioramento dell’altezza e degli appiombi del Cavallo Murgese. Tale miglioramento, in effetti, non era necessario visto che, i difetti che si voleva correggere con questo intervento, erano causati dall’alimentazione scarsa e dal precoce impiego lavorativo e riproduttivo delle fattrici, e non da tare ereditarie. Quindi, il fatto che siano tanti, e di ottima qualità, i soggetti Murgesi oggi in razza discendenti da Tarquinio il Superbo, stà ad indicare che l’azione di miglioramento, ad opera di questo stallone, caratterizzò, in effetti, più la qualità generale dei suoi discendenti, rispetto alla semplice correzione di appiombi ed altezza. Ciò è dovuto all’apporto di un certo quantitativo di caratteri ereditari dominanti positivi, che si sono trasmessi di generazione in generazione ai discendenti di Tarquinio (non parliamo di caratteri inerenti la tipicità bensì la qualità generale dei discendenti di questo stallone), tanto che, sembrerebbe essere, oltre ai tre capostipite delle famiglie maschili, l’unico stallone ad avere discendenti in razza. Il maggior numero di soggetti riconducibili a questo stallone sono discendenti di Appio, figlio di Selim e Toscanella. Toscanella era, a sua volta, figlia proprio di Tarquinio il Superbo.
Tra i cavalli Murgesi, discendenti da Tarquinio, bisognerà scegliere quelli che presentano il maggior numero di caratteri tipici del cavallo Pugliese del Tavoliere, ed iscriverli al R.A. del Cavallo Pugliese presso l’A.I.A. A tale scopo andrebbe recuperato, o definito ex novo, uno standard di razza che possa indirizzare il personale addetto alla selezione.
Gli accoppiamenti dei soggetti Murgesi scelti per questo progetto dovranno tendere:
1. all’innalzamento della percentuale di sangue di Tarquinio il Superbo nei prodotti;
2. a far emergere, ed a fissare, i caratteri stabiliti nello standard di razza.

Fase 2
Sulla base, costituita dalle fattrici prodotte nella prima fase, si potrebbe procedere secondo quella che era la tradizione degli allevatori dauni, e descritta dal D’Alessandro. Gli allevatori del cavallo del Tavoliere utilizzavano stalloni Maremmani e Salernitani, che andavano a scegliere direttamente nelle zone di produzione.

  • gli stalloni Salernitani (oggi quello che rimane di questa razza è considerata un tutt’uno con l’esigua razza di Persano) andrebbero scelti tra i soggetti più puri e con la genealogia più documentata possibile. Si dovrebbe, se possibile, cercare discendenti dello stallone Giacobello, che è unanimemente  riconosciuto come l’anello di congiunzione tra il cavallo Salernitano/Persano Borbonico e quello attuale. Crediamo che, comunque, per quanto riguarda, il reperimento di riproduttori di questa razza, sarà difficile trovarne di puri e
    rispondenti alle caratteristiche del vecchio cavallo Salernitano, a cominciare dal mantello che presenta, nei soggetti attualmente in razza, troppi segni bianchi sul capo e frequenti balzane. Anche sotto il profilo genealogico, crediamo, che sarà difficile rintracciare riproduttori realmente discendenti dalla razza Salernitana, vista l’imponente mole di incroci con razze da sella delle più svariate provenienze.
  • gli stalloni Maremmani dovrebbero avere, innanzitutto, una chiara origine laziale, e noi consigliamo, comunque, stalloni delle linee di sangue di Otello e di Ussero. Infatti, Otello risulta essere l’unico capostipite di questa razza con chiare e riconosciute origini autoctone, e sembrerebbe che la madre fosse proprio di razza Maremmano-Laziale, mentre, Ussero proveniva dalla mandria dei Moscati, nobile famiglia che allevava cavalli Salernitani in Maremma. Vanno esclusi a priori stalloni frutto dei recenti rinsanguamenti. Mentre, andrebbe fatta una ricerca nella razza del cavallo Tolfetano, per verificare se in questa popolazione sia possibile rintracciare soggetti discendenti dal vecchio Maremmano Laziale.
    Abbiamo notato che negli stalloni più anziani ancora attivi in questa razza sono più frequenti e marcati i caratteri morfologici utili per il nostro scopo.

Fase 3
Sempre rifacendoci alle indicazioni del D’Alessandro, nella terza fase del recupero, o contemporaneamente all’utilizzo degli stalloni Salernitani e Maremmani, si potrebbero utilizzare stalloni Anglo-Normanni, non prodotto di incrocio PSI x Normanno ma figlio di due riproduttori mezzo sangue di 2^ o 3^ generazione. Anche il reperimento di riproduttori Anglo-Normanni, con le
giuste caratteristiche, potrebbe presentare qualche problema anche se, crediamo, che sarà di facile soluzione.
Con questo ultimo apporto di sangue si concluderebbe il percorso di ricostruzione secondo gli indirizzi perseguiti fino a prima della dismissione e dell’estinzione del Cavallo Pugliese del Tavoliere.

Questa 3^ fase potrebbe essere svolta contemporaneamente alla seconda, utilizzando gli stalloni Anglo-Normanno, Salernitano e Maremmano sulle fattrici Murgesi a rotazione per tre stagioni di monta, in modo da avere per ogni fattrice un prodotto meticcio per ogni una delle razze utilizzate per l’incrocio, da poter utilizzare per il meticciamento definitivo. Questo approccio consentirebbe di valutare i risultati in tempi più brevi.
Solo dopo questa fase, e la fissazione dei caratteri fenotipici attraverso meticciamento tra i prodotti degli incroci delle tre fasi qui esposte, si potrà stabilire un preciso indirizzo allevatoriale.
Oltre alla selezione dei soggetti da utilizzare negli incroci per il recupero, bisognerà attivarsi presso l’A.I.A., nonché presso il ministero, per poter iscrivere i cavalli, che costituiranno la base di selezione, nel Registro Anagrafico.

Obiettivi
L’obiettivo principale, di questo recupero, è ricostituire la razza cavallina Pugliese del Tavoliere nel rispetto delle peculiarità di questa razza, che pur essendo frutto dell’incrocio di altre razze, era perfettamente coerente con il territorio in cui veniva allevata ed utilizzata.
L’azione di recupero dovrebbe avere come obiettivo principale la realizzazione di una meticolosa operazione di salvaguardia della biodiversità, rigorosa sia sotto il profilo storico che scientifico, e che possa gettare le basi per una rinascita dell’ippocoltura nei territori del Tavoliere.
Le caratteristiche del cavallo Pugliese del Tavoliere erano, indiscutibilmente, quelle del cavallo da sella ed attacchi che, per statura e potenza, si prestava bene, già negli anni 50, agli sports equestri.
Basandosi, il recupero, essenzialmente su soggetti di razza Murgese e Maremmana, la qualità dei prodotti sarà sicuramente di altissima qualità, anche in chiave sportiva.
Non è da sottovalutare, inoltre, la possibilità concreta di poter attingere, proprio dalla razza del Tavoliere, così ricostruita, soggetti per eventuali rinsanguamenti delle due razze principalmente coinvolte negli incroci di recupero.
Queste prospettive potrebbero reindirizzare lo sfruttamento di appezzamenti cerealicoli lasciati incolti a causa della crisi del settore, e che per secoli hanno costituito uno dei più grandi territori di pascolo d’Europa.

Difficoltà
Le difficoltà, che si dovranno affrontare per il recupero della razza Pugliese del Tavoliere, potrebbero essere:

● il difficile reperimento di riproduttori Salernitani con le caratteristiche necessarie per produrre soggetti che presentino i caratteri indicati come indispensabili dal D’Alessandro (mantello baio scuro o morello, privo di balzane, preferibilmente privo di segni bianchi sulla testa e sul muso specialmente se su pelle rosa, zoccolo grande, buoni diametri…).
Molti soggetti iscritti nel R.A. del Cavallo Salernitano oggi conservano una bassa percentuale di sangue dei loro antenati essendo stati incrociati con cavalli da sella di ogni provenienza.
Si potrebbe, in caso di impossibilità a reperire riproduttori Salernitani di documentata genalogia e con caratteri soddisfacenti, fare a meno dell’utilizzo di questa razza, visto che sia i Maremmani discendenti da Ussero che i Murgesi discendenti da Tarquinio il Superbo sono, in effetti, di lontana derivazione Salernitana, dato che questi due stalloni erano di chiarissime origini Salernitane (vedi, quanto già detto sulla provenienza di Ussero nella
“Fase 2“ della sezione “Recupero e Selezione” e la genealogia, di Tarquinio il Superbo, riportata qui di seguito, gentilmente fornitaci dal dott. Giuseppe Maria Fraddosio).

Cannon
(Hackneay)
|
Olezzo
(Salernitano migliorato)
|
Bradano
(Salernitano)
|
TARQUINIO IL SUPERBO
(Pugliese del Tavoliere)

Altrettanto vale per l’eventuale mancato reperimento di soggetti Anglo-Normanni idonei (sia sotto il profilo genealogico che morfologico). Considerando l’utilizzo di riproduttori di questa razza nelle Murge negli anni precedenti all’istituzione del R.A., tanto che in molti sostengono che lo stallone Granduca da Martina (capostipite di una delle tre famiglie paterne attualmente in razza) fosse di derivazione Anglo-Normanna.
Quindi, se i risultati fossero soddisfacenti, ci si potrebbe, in un primo periodo, limitare ad incrociare Maremmani e Murgesi, così come descritto poc’anzi.

● la definizione di uno standard di razza, se questo non fosse reperibile  presso l’A.I.A. ne presso l’IRIIP. Anche se, con l’ausilio degli scritti del D’Alessandro e delle foto ancora in circolazione, si potrebbe già abbozzare un minimo di caratteri da fissare. Comunque, questo progetto dovrebbe avvalersi anche di un supporto genetistico per rendere, l’operazione di recupero, anche scientificamente valida.

● il costo del mantenimento delle prime generazioni, che non potrebbero essere vendute per non disperdere il patrimonio genetico che si andrebbe costruendo. Nella soluzione di questo problema le istituzioni, e qualche allevatore, potrebbero dar vita ad una fondazione o ad un’associazione di razza per il recupero di questa razza. Questa azione potrebbe, inoltre, essere finanziata dal nuovo PSR della Regione Puglia tra le azioni di difesa della biodiversità.

Fonti
– Forum di agraria (www.agraria.org)
– Forum “Il Cavallo” (http://cavallo.forumer.it/)
– dott. Giuseppe Maria Fraddosio (www.cavallodellemurge.it)
– Istituto Regionale per l’Incremento Ippico della Puglia (Foggia)
– Sito dell’Associazione Nazionale Allevatori Cavalli di Razza Maremmana (www.anamcavallomaremmano.com)

Giuseppe Acella, grande appassionato di cavalli e asini, è responsabile delle attività della Sede Regionale della Puglia dell’Associazione “Asini si nasce… e io lo nakkui”.

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