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Il Terroir dell’Aglianico del Taburno (BN)

Caratteristiche geopedologiche salienti di un celebre vitigno DOC

di Salvatore Soreca

Introduzione
Il Terroir dell’Aglianico del Taburno è molto noto in enologia, poiché rappresentato da una delle più importanti zone DOC della regione Campania. Il vitigno Aglianico, come il suo stesso nome “ellenico” vuol fare credere, sarebbe secondo le teorie unanimemente accettate, di origine greca, sebbene sia già da numerosi secoli tipico delle zone meridionali della penisola italiana, al punto da poter essere oggi considerato un vitigno “autoctono”. Di recente, uno studio approfondito eseguito in parallelo sui vigneti della Valle Telesina e del Monte Vulture [Solla e Soreca, 2009], oltre a mettere in risalto le differenze ecopedologiche ed ampelografiche tra due vitigni molto simili tra loro perché di discendenza comune (Aglianico del Taburno e Aglianico del Vulture), ha permesso di caratterizzare in maniera soddisfacente, ad ogni modo meglio che finora in letteratura, le caratteristiche geopedologiche e geochimiche del Terroir in esame. Per Terroir s’intende “l’insieme dei fattori ambientali, climatici, geomorfologici e pedologici, che interagiscono con la vite nel determinare le caratteristiche del vino”. Lo studio del Terroir non può quindi prescindere da un’accurata caratterizzazione geologica, geomorfologica ed ecopedologica del substrato nell’area in esame, inoltre dovrà contemplare anche le caratteristiche di ventilazione, piovosità, eliofania, esposizione al sole, pendenza dei versanti, circolazioni idrica superficiale e sotterranea e svariati altri parametri. Nel caso della Valle Telesina e sue pertinenze, è stata appurata una variabilità notevole di tutti i fattori di tipo geologico, geomorfologico e idrogeologico, con ovvie ripercussioni sulla evoluzione pedologica del substrato, mentre hanno poco rilievo le variazioni locali dei parametri meteorologici (ventilazione, eliofania, piovosità) in virtù delle dimensioni ridotte dell’areale, come anche dei parametri ampelografici e impiantistici. La tecnica d’allevamento utilizzata quasi ovunque è il tendone, associato in alcuni siti al guyot. La quantità di vino prodotto è variabile, tuttavia si tratta di una DOC a medio-vasta produzione; la resa è di 100 q/Ha, la resa massima dell’uva è al 70%. Il titolo alcolometrico naturale dell’uva è 11%, quello minimo del vino 12%. L’estratto secco netto minimo è 1,9%. La percentuale di vitigno Aglianico necessario alla vinificazione non deve essere inferiore all’85%. La DOC “Aglianico del Taburno” è stata istituita con decreto del 29/10/1986, modificato nel 1993.

Inquadramento geologico e geomorfologico
Il Terroir dell’Aglianico del Taburno si estende nella porzione centro-occidentale della Provincia di Benevento lungo i settori pedemontani del massiccio del Taburno-Camposauro, nello specifico a NE, N e NW di quest’ultimo, abbracciando i glacis erosivi plioquaternari dei Monti San Michele e Pentime, le coltri detritiche eluvio-colluviali recenti dei monti Pentime e Pizzuto, il conoide alluvionale di Solopaca, 4 dei 5 ordini di terrazzi fluviali costituenti la Valle Telesina e i depositi arenaceo-calcarenitici e marnoso-diasprigni di età oligo-miocenica posti a Nord di essa. La maggior parte del Terroir si articola all’interno della Valle Telesina. Questa è una vasta depressione tettonica, orientata grossomodo Est-Ovest, delimitata a Sud da una main fault e a Nord da faglie di crescita attive. Il massiccio carbonatico mesozoico del Camposauro borda a Sud la Valle e ne influenza pesantemente l’evoluzione pedologica e idrogeochimica. Il bordo settentrionale è meno definito e costituito da un passaggio graduale dai terrazzi pliopleistocenici ai depositi arenacei della Formazione delle Arenarie di Caiazzo. La piana alluvionale è articolata, invece, su cinque ordini di terrazzi erosivi di età plioquaternaria, piuttosto sviluppati e in parte deformati da attività tettonica recente. Un intenso reticolo di faglie normali, orientate prevalentemente NW-SE e NE-SW, e in subordine E-W, attraversa la Valle, ne descrive l’articolazione morfologica attuale e il decorso del Fiume Calore, il cui alveo migra gradualmente verso Sud a causa del basculamento tettonico in atto. Lungo la fascia detritica dei monti Pentime e Pizzuto avviene il travaso idrico sotterraneo dal massiccio carbonatico alla piana fluviale; in corrispondenza di Monte Pizzuto si registra un forte carsismo superficiale con ampio sviluppo di campi di doline.

I suoli
In un precedente lavoro [Solla e Soreca, 2009] sono stati effettuati campionamenti di suolo all’interno del Terroir, al fine di descriverne le peculiarità geochimiche, geopedologiche ed ecologiche. In particolare, sono stati rilevati i seguenti tre tipi di suolo:
1) entisol di ambiente “piana alluvionale” lungo l’asse della valle, i terrazzi e parte del pediment settentrionale, profilo poco accentuato e limite inferiore netto, pendenza blanda delle superfici coltivate ed esposizione a tutto campo;
2) andosol di ambiente “coltre eluvio-colluviale contenente residui piroclastici flegrei di età pleistocenica” e “conoide attivo con residui piroclastici molto rielaborati di età pleistocenica”, profilo con ottima orizzontazione, presenza di materiale organico, bande di ossidazione, slickensides, orizzonti piroclastici e calcrete, esposizione prevalentemente a Nord;
3) vertisol e suoli ferrallitici vari di ambiente “glacis erosivo impostato su terreni argilloso-marnoso-calcarenitici flyschoidi di età cretacico-miocenica, al bordo dei rilievi carbonatici”, profilo non molto evidente e invertito per motivi di drenanza idrica verso l’alto in alcuni periodi dell’anno, esposizione varia, in genere a E e NE.
Tutti i suoli indagati si trovano in regime di calcificazione, sotto il regime fitoclimatico sublitoraneo della Zona Fitoclimatica Pavari “Lauretum freddo”.

Peculiarità geopedologiche
Nel lavoro precedentemente citato [Solla e Soreca, 2009], sono state effettuate analisi di riconoscimento macro- e microscopico in situ, determinazioni dei parametri pedologici di base (pietrosità, rocciosità, presenza di inclusioni, bande, ossidazioni, materiale organico), analisi di laboratorio (pH, rH, conducibilità, salinità, calcimetria) e considerazioni ecopedologiche ed ampelografiche relative al vigneto. La Tabella 1 riportata a seguito riassume in modo schematico i risultati ottenuti.
Sulla media ottenuta da terne di campioni prelevati in cinque siti differenti, si è appurato quanto segue. La struttura dei suoli varia da compatta a poliedrica, conservando sempre una certa similitudine; non c’è connessione diretta tra struttura e substrato geologico, almeno nei casi esaminati. La tessitura varia da franco-argillosa (nei ripiani dei terrazzi alluvionali) a franco-sabbiosa (sulla fascia eluvio-colluviale del Monte Pizzuto, a Sud della Sorgente Fontana Bolla) ad argilloso (nei terreni del Flysch e in porzioni dei terrazzi). Il drenaggio del suolo varia da buono a scadente, in modo proporzionale alla tessitura. Sono presenti ossidi di ferro e manganese nei terrazzi alluvionali, calcrete presso la fascia pedemontana dei rilievi carbonatici. La pietrosità è sempre molto moderata e non influisce mai negativamente sulla lavorazione; non vi è rocciosità evidente. Spesso di osservano pellicole argillose e slickensides, in adiacenza delle aree fluviali, mentre gli inclusi litici sono di svariata natura in piana alluvionale, calcareo-marnosi nella fascia pedemontana. Lo scheletro varia tra 3 e 9% e non influisce particolarmente sul drenaggio, né sulla lavorazione, la matrice è argillosa in piana fluviale e di terra rossa al bordo dei Monti Pentime, Pizzuto e Camposauro, mista presso Monte San Michele. Il pH varia tra 7,1 e 7,5 e presenta una discreta uniformità; i valori più altri sono nel settore di SE. Allo stesso modo, l’rH presenta poche variazioni, oscillando tra 22,3 e 27,9. La conducibilità elettrica è rimarchevole, ma ancora nella norma, in relazione alla salinità delle acque circolanti: i valori sono più alti nella fascia pedemontana che in piana fluviale; al momento si studia la fascia SW presso Monte Pizzuto, per indagare eventuali sospette anomalie geochimiche o fonti d’inquinamento superficiale. L’attacco acido è sempre da notevole a violento, a riprova della forte presenza di carbonato di calcio, come l’analisi al calcimetro di De Astis ha confermato: in particolar modo lungo la fascia del Monte Pizzuto, le acque in soluzione sono molto dure e i valori superano il 3,1%. Allo stato attuale si sta studiando il regime idrogeochimico della Valle Telesina, al fine di ottenere nuovi dati sul comportamento complessivo del sistema idro-geopedologico in esame. A tale proposito si riporta (dati inediti) che il Terroir riceve apporti idrici da almeno quattro fonti differenti: la falda superficiale del Fiume Calore lungo l’asse vallivo, gli apporti idrici di natura bicarbonato-alcalinoterrosa del massiccio carbonatico dei Monti San Michele-Pentime-Camposauro orientale (aliquota più sostanziosa) a SE, gli apporti idrici misti, bicarbonato-alcalinoterrosi e solfato-clorurato-alcalinoterrosi del versante Nord, il contributo delle sorgenti e polle basali del Monte Pizzuto a SW, il cui chimismo e la cui idrodinamica peculiari sono attualmente in fase di studio.


Tabella 1: risultati analitici relativi allo studio del Terroir dell’Aglianico del Taburno [Solla e Soreca, 2009].

Conclusioni
Il Terroir dell’Aglianico del Taburno si caratterizza per un dominio ampelografico piuttosto rustico, costituito da un vitigno ormai stabilizzato (autoctono) di medie dimensioni, che produce una resa non indifferente, considerato che l’areale di produzione alquanto limitato. L’analisi dei suoli ha permesso di caratterizzare in modo soddisfacente la componente geologica, geomorfologica ed ecopedologica del sito in esame. Il Terroir si presenta abbastanza variegato; i domini di piana alluvionale sono molto differenti da quelli di facies pedemontana. Se da un lato sono favoriti in termini di pendenza, lavorabilità ed esposizione, bisogna precisare che l’impronta geochimica dei suoli, dei substrati e delle acque circolanti è a netto vantaggio della fascia collinare e pedemontana della Valle Telesina meridionale compresa fra Torrecuso e Solopaca. Qui si producono i vini migliori, sebbene l’articolata interazione di fattori geologici e climatici tenda a favorire tutti i settori allo stesso modo. Secondo le considerazioni svolte sulla scorta del lavoro precedente, le zone più proficue sono sicuramente quelle a Sud del Fiume Calore, in particolare presso le C.de Collepiano e Fontanavecchia di Torrecuso e San Pietro e Santo Stefano a Cappella presso Paupisi. I lavori di ricerca attualmente in corso consentiranno di confermare o correggere tali vedute e terranno conto in buona parte dei fenomeni di inquinamento antropico avvenuti sui suoli indagati durante gli ultimi decenni.

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Salvatore Soreca, laureato in Scienze Geologiche presso l’Università del Sannio, è abilitato all’esercizio della libera professione di Geologo presso l’Università di Bari. Svolge attività libero-professionale e di ricerca nei campi della geologia ambientale e applicata, idrogeologia ed ecologia.
E-mail
: salvatore.soreca@gmail.com

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