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Crisi del settore lattiero-caseario, come affrontarla?

Uno spunto per la discussione


di Nicola Galluzzo


Introduzione


La fase economica che stiamo attraversando ha creato e crea notevoli problemi a tutte le attività economiche e alle famiglie. Molto spesso, sia le imprese che le famiglie, non riescono ad affrontare e porre a soluzione le situazioni contigenti createsi e che finiscono per autoalimentarsi, generando un senso di inquietudine e di insicurezza economico-commerciale, che, a cascata interagisce con tutto il sistema economico nella sua completezza e complessità. In linea generale, dopo una situazione di crisi il sistema economico ne esce si frastornato ma con chiare strategie di indirizzo e di azione necessarie per ripensare e riprogrammare il futuro.
Allo stato attuale il mondo zootecnico sta vivendo una fase di forte crisi imputabile ad un mancato equilibrio tra domanda e offerta con la conseguente formazione di un prezzo che, collocandosi ben lontano dalle posizioni di equilibrio, finisce per penalizzare le imprese agricole. E’ vero che i prezzi del latte ovino e bovino non sono capaci di remunerare i costi totali sostenuti dalle imprese ma questo, purtroppo, è una situazione che, iniziata negli anni novanta del secolo scorso, finirà per accentuarsi sempre di più allorchè il regime delle quote latte verrà smantellato.
Nel caso delle produzioni di formaggi di qualità certificate i consorzi di tutela auspicano l’intervento dell’Unione europea, ritenuto necessario per garantire il ritiro del prodotto (eccesso di offerta contrapposto ad una rarefazione della domanda) e garantire un allentamento della tensione sui prezzi, al ribasso, per le imprese. Il disequilibrio non appare di facile soluzione poiché si entra in un campo nel quale il rispetto del libero scambio deve essere garantito; infatti, i consorzi, in base a quanto stabilito dall’autorità garante della concorrenza, non possono contingentare l’offerta al fine di riequilibrare il prezzo, riportandolo ad una situazione di ottimo per entrambe le controparti, e qualora si intenda procedere con alcune iniziative le stesse devono essere sottoposte a specifiche autorizzazioni, necessarie a garantire il rispetto del principio del libero scambio.
Da più parti si cerca di trovare delle soluzioni condivise, istituzionalizzando le criticità con dei tavoli ritenuti necessari per affrontare la crisi. Ciò rappresenta un qualcosa di utile solo per il contingente ma non per il futuro poiché, se non si vanno ad eliminare i colli di bottiglia e le criticità del settore preso in esame, ciò servirà esclusivamente a trovare una soluzione estemporanea che non potrà avere effetti nel lungo periodo. Molto spesso, infatti, si cerca di tamponare l’emergenza con interventi che nell’immediato sortiscono effetti ma che nel medio-lungo periodo finiscono per riproporre, se non riacutizzare il problema. Sarebbe opportuno che nei tavoli vengano sia individuati i soggetti che ne devono fare parte che definiti compiti e sanzioni per chi non rispetta gli accordi previsti e/o sottoscritti.


Scenari possibili e soluzioni


Il mondo zootecnico, così come la maggior parte delle produzioni agricole, si colloca in un mercato caratterizzato dal monopsonio o dall’oligopsonio, nel quale il buyer power si trovaconcentrato nelle mani di coloro che gestiscono la domanda di materia prima nel percorso monte-valle della filiera..
Immaginare di rompere la contrattazione e decidere, a livello decentrato, da parte delle imprese di proporre dei prezzi di vendita più alti non è la soluzione più efficace ed economicamente efficiente. Infatti, gli acquirenti non avrebbero, nel caso di prezzi oltre una certa soglia, alcuna convenienza economica a rifornirsi dal mercato locale e/o nazionale preferendo una materia prima prodotta su territori extra nazionali; tutto questo finirebbe per estromettere le aziende zootecniche italiane con dei contraccolpi molto forti e persistenti per il settore primario le cui conseguenze, al momento attuale, sono difficilmente prevedibili.
Per cercare di bloccare le importazioni di latte prodotto in altre nazioni, secondo alcuni causa di un depauperamento economico e produttivo, le leve strategiche in mano al mondo politico ed imprenditoriale esistono e non consistono in soluzioni che finirebbero per generare un neocolbertinismo, cui le norme europee si opporrebbero applicando le sanzioni previste.
Una soluzione a carattere generale e molto semplice da attuare consiste nel rendere pienamente efficace un sistema di tracciabilità dei prodotti, che sia chiaramente indicato sulla confezione, cui affiancare una maggiore sensibilizzazione da parte dei consumatori nel sapere leggere ed interpretare le etichette, mediante campagne informative e pubblicitarie tipo-specifico. Ciò potrebbe essere una prima garanzia perchè farebbe sapere al consumatore ciò che si è comperato, riducendo eventuali situazioni di asimmetria informativa.
Una soluzione, applicabile su scale territoriali limitate, che potrebbe/dovrebbe rivedere il ruolo delle istituzioni locali, quali soggetti capofila della salvaguardia delle produzioni ottenute in loco, potrebbe essere rappresentata dalla creazione di microfiliere in ambito comunale e/o provinciale. In alcune realtà si potrebbero sottoscrivere degli accordi con la GDO per potere inserire nei punti vendita dei dispenser in grado di offrire il latte di qualità garantita e certificata, munto in giornata, ottenuto da alcune aziende zootecniche del posto, le quali si impegnino a sottoscrivere degli accordi inerenti una costanza nelle forniture e nella qualità offerta, così da garantire la tracciabilità. In questo caso il consumatore sarebbe ben disponibile a pagare un premium price aggiuntivo poiché il latte acquistato è di provenienza locale. Per cercare di ridurre le problematiche inerenti ad eventuali tossinfezioni, che si potrebbero verificare a discapito dei consumatori, la sottoscrizione di un disciplinare e marchio connesso e la stipula di una polizza assicurativa, da parte del pool di imprese agricole aderenti all’iniziativa.
In alcune realtà locali è stato possibile osservare lo sviluppo di microfiliere lattiero-casearie tra produttore e dettagliante con la finalità di ridurre le fasi di intermediazione. Il ruolo dell’ente locale, in questo caso, sarà quello di farsi promotore dell’iniziativa sul territorio coinvolgendo le imprese, in maniera tale da stringere accordi con la distribuzione, possibilmente in un ambito di azione spazialmente definito e delimitato, con interventi finalizzati alla strutturazione della filiera. In queste realtà è stato possibile osservare la creazione di filiere auto-organizzate, tra produttori e distributori, mediante la creazione di un marchio specifico e di un disciplinare in grado di offrire dei prodotti zootecnici facilmente tracciabili/rintracciabili, che hanno registrato un significativo successo per la filiera zootecnica evitando la marginalizzazione delle aree rurali. Dall’altra parte si è potuto osservare come produzioni di qualità certificate Igp strutturate non abbiano sortito lo stesso effetto, imputabile, probabilmente, ad una mancanza di accordi con la distribuzione locale e dall’assenza di una campagna pubblicitaria di facile presa sul consumatore. Il caso esposto dimostra come, non sempre, servono delle iniziative molto onerose per avere successo; l’importante per avere “presa sul consumatore” è:


  1. trasmettere un messaggio rassicurante al consumatore;
  2. stringere degli accordi vincolanti tra le controparti, collocandosi in una posizione chiaramente identificabile nei punti vendita;
  3. stimolare il giusto approccio nel consumatore al fine di stimolare in lui un giusto atteggiamento necessario per procedere ad un acquisto consapevole.

Conclusioni


Da questa breve nota emerge come il mondo zootecnico italiano, e non solo, abbia bisogno di un profondo ripensamento da parte di tutti i soggetti coinvolti, che devono fare sistema coordinandosi tra loro, ed equi-ripartendo i poteri tra i diversi attori della filiera al fine di evitare situazioni di sbilanciamento interno.
La necessità di poter operare in ambiti esteri rappresenterà una positiva occasione per farsi conoscere sul mercato e guadagnare una posizione di leader prima che altri lo faccino. Molto spesso l’imprenditore, anche per produzioni inserite in una filiera consolidata sul mercato, si trova ad affrontare dei problemi indotti dalla presa di coscienza di offrire un ottimo prodotto che, tuttavia, non riesce a trovare una propria e autonoma collocazione sul mercato e/o sullo scaffale perchè non conosce quale è il suo mercato di sbocco, economicamente più remunerativo, e, soprattutto, quali strategie di marketing utilizzare per conquistarlo e, soprattutto, mantenerlo mediante la fidelizzazione del consumatore e la sua customer satisfaction.


 


Nicola Galluzzo, dottore di ricerca in Scienze degli alimenti, si è laureato in Scienze agrarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, conseguendo il perfezionamento in Economia del turismo e in Gestione  e organizzazione  territoriale delle risorse naturali presso l’Università La Sapienza di Roma, in Studi europei presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova e in Controllo e autocontrollo degli alimenti presso la Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” di Roma. Assegnista di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (Inea). E-mail: nicoluzz@tin.it


 






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