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Malattie delle Api (1^ Parte)

di Elena Nelli

Le malattie delle api sono note fin dai tempi più antichi.  Alcune pratiche apistiche ne hanno favorito la diffusione come il movimento di api sia attraverso il commercio che il nomadismo. Importante è il rispetto delle norme fondamentali di “buona pratica apistica”, quindi, arnie posizionate in modo corretto, mantenimento costante di famiglie forti, sostituzione periodica delle regine, rinnovo periodico dei favi e evitare l’impiego di materiale vivo di ignota provenienza.
Ricordandosi che tutti gli esseri viventi si ammalano … anche le api  sono soggette a  tale inesorabile legge naturale
.  M.T. D’Ambrosio

MALATTIE DEGLI ADULTI

Acarapis woodi
Acarapis woodi

Acariosi
Eziologia: Acarapis woodi, piccolo acaro tarsonemidae. La femmina misura 0,12-0,18 mm mentre i maschi sono ancora più piccoli.  È un endoparassita che vive nell’apparato respiratorio delle api adulte di tutte e tre le caste.
Diffusione: La malattia viene trasmessa dalla femmina feconda che penetra all’interno dell’apparato respiratorio delle giovani api dove depone le uova (fino a 10 uova).
Ciclo biologico: Da uovo ad adulto ci impiega 14-19 giorni. In inverno e primavera gli acari escono dalle trachee per accoppiarsi installandosi  alla base delle api ledendo le articolazioni.
La malattia si trasmette per contagio diretto. Da alveare ad alveare la malattia si trasmette attraverso il saccheggio, riunione di famiglie, deriva, commercio di sciami e regine. Attrezzatura e materiale apistico appartenuto a una famiglia colpita non costituisce veicolo di diffusione.
Sintomi: Tremori, incapacità di volare (battiti d’ali disordinati), difficoltà a camminare. Questi sintomi sono determinati dalle  trachee che vengono ostruite provocando carenza di ossigeno, l’acaro, nutrendosi dell’emolinfa, causa fenomeni di intossicazione. Le api non riescano più a volare e quindi a defecare: finiscono per morire.
Profilassi e cura: Con poche famiglie ammalate è bene ricorrere alla distruzione degli alveari.
Mentre, la terapia chimica:
Ieri: Folbex
Oggi: Sostanze a base di timolo (Apilife Var e Apiguard) usate anche nella lotta contro la varroa.

Le infestazioni da Acarapis woodi da qualche tempo sono meno frequenti. Questo fenomeno è da mettere in relazione con i trattamenti antivarroa che hanno anche una azione positiva nei confronti dell’acaro delle trachee.

Varroasi
In Italia la varroa è stata segnalata per la prima volta nel giugno 1981 nel territorio di Gorizia ai confini con la Slovenia. Si è  poi diffusa con il commercio di regine e il nomadismo.
Eziologia: È una affezione parassitaria causata dall’acaro Varroa destructor, fino al 2000 indicata come Varroa jacobsoni. Parassita di origine asiatica legato ad Apis cerana (danni irrilevanti). Divenuto cosmopolita a carico di Apis mellifera, determina danni ingenti con distruzione dell’alveare se non si interviene a limitare lo sviluppo.
Specie finora descritte nel genere Varroa sono: V. Destructor, V. Underwoodi, V. Jacobsoni, V. Rindereri.
La varroa fa pochi danni sull’ape asiatica ma è dannosa sull’ape europea! Questo perché il rapporto Varroa-Apis cerana è antico e quindi l’ape ha imparato a difendersi, mentre il rapporto Varroa-Apis mellifera è recente.  È una parassitosi atipica che con la distruzione dell’ospite porta anche la morte del parassita.
La temperatura degli alveari di A. cerana è maggiore di quelli di A. mellifera. Infatti, i 34-35°C presenti negli alveari di A. mellifera sembrano ottimali per la riproduzione della Varroa. Inoltre, l’A. Cerana ha un ciclo di sviluppo più breve, un allevamento incostante della covata e minore fedeltà al nido, celle femminili più piccole e celle maschili opercolate fornite di un poro che permette una maggiore evaporazione tutte condizioni sfavorevoli per lo sviluppo della varroa.
Ciclo biologico: La femmina adulta della varroa alterna fasi riproduttive sulla covata, all’interno delle cellette opercolate (maggior danno) e fasi foretiche sull’ape adulta. Lo sviluppo dei diversi stadi, la metamorfosi e l’accoppiamento avvengono entro le cellette opercolate. La femmina adulta della varroa può vivere anche tre mesi, in presenza di covata. Durante questo periodo si riproduce, mediamente, 2-3 volte, anche se, in laboratorio, è stato dimostrato che può arrivare fino a otto cicli riproduttivi (non oltre perché non ha più di otto oociti).
La varroa entra nelle cellette 1-2 gg prima dell’opercolatura, si porta subito sul fondo della stessa, al disotto della larva, cosicché le api nutrici non possano raggiungerla. Ad opercolatura completata, la varroa depone le uova con un ritmo di circa una al giorno. Il primo uovo deposto è maschile (aploide), i successivi sono femminili, determinando un certo grado di consanguineità. In realtà sono spesso più d’una le varroe adulte che entrano in una cella, limitando così il fenomeno.
Dall’altra parte (e per nostra fortuna) più sono le varroe adulte che entrano in una cella e più la riproduzione delle varroe stesse è inibita.
All’interno della cella opercolata la varroa si nutre a spese dell’emolinfa dell’insetto nei suoi stadi pre-immaginali. Dopo la schiusa delle uova, le varroe neonate devono raggiungere il più velocemente possibile la maturità sessuale. Raggiunta la maturità sessuale, prima dello sfarfallamento dell’ape ospite, avviene l’accoppiamento.
La fase in cui vive a spese delle api adulte è detta fase foretica. In questa fase, la varroa si nutre dell’emolinfa dell’ape adulta, introducendo i suoi stiletti boccali attraverso la cuticola degli sterniti addominali. La varroa può vivere su tutte le api (talvolta capita di osservarla anche sulla regina), ma si è osservato che preferisce le api giovani, in particolare le nutrici, forse perché si servono di queste per introdursi nelle cellette prima dell’opercolatura.
La fase foretica, durante la stagione apistica, ha una durata variabile da qualche giorno a un paio di mesi, dopodiché, se c’è covata aperta, la varroa entra nella cella. La fase foretica si prolunga invece di mesi in caso di assenza di covata.
Durante la stagione apistica, coesistono sia la fase foretica che quella riproduttiva. In inverno, invece, in assenza di covata, si ha solo la fase foretica.
Considerando una progenie di 1,3 femmine in celle da operaia e 2,6 femmine in celle da fuco e in assenza di fattori limitanti alla fine della stagione riproduttiva nelle celle da operaia l’incremento risulta di 23,3 individui mentre nelle celle da fuco si possono raggiungere i 95.400 individui.
Lo sviluppo del parassita è condizionato dal ciclo dell’ospite e dalle caratteristiche della famiglia in cui soggiorna. In ambienti dove è presente covata in tutti i periodi dell’anno il ciclo del parassita non si interrompe.
Sintomi: Il rapporto ospite-parassita risulta fortemente dannoso per l’Apis mellifera perché determina perdita dell’emolinfa sulle larve in accrescimento e sugli adulti, malformazioni sulle pupe, trasmissione di virus patogeni che determinano le “ali mangiate” e paralisi. Le api sono deboli  incapaci di svernare, con vita più breve (diminuzione riserve di grasso).
Profilassi e cure: Durante la stagione invernale, quando c’è solo la fase foretica, è il momento di intervenire con i trattamenti.
Si può effettuare un trattamento “tampone” estivo in presenza di covata o un trattamento “di pulizia” autunnale/invernale in assenza di covata. Il trattamento deve essere effettuato su tutti gli alveari nello stesso periodo.
Per il trattamento estivo si impiegano prodotti evaporanti a base di timolo (Apilife Var, Apiguard). Effettuarlo agli inizi di agosto quando avremo il massimo numero di varroa e il minimo di covata.
Per il trattamento invernale si impiegano prodotti con acido ossalico biidrato somministrato sgocciolato, spruzzato o sublimato. Questo prodotto ha un costo molto basso circa 0,2 euro/alveare, in assenza di covata ha un efficienza superiore al 90% infine, è ammesso in apicoltura biologica perché è una componente ambientale presente nel miele. D’altro canto se i trattamenti sono ripetuti è mal tollerato dalle api ed è pericoloso per l’apicoltore.
Importante è stimare la varroa  presente nell’alveare costantemente prima, durante e dopo i trattamenti questo consente di verificare l’efficacia dei trattamenti e delle strategie di lotta utilizzate.
La presenza di varroa può essere determinata attraverso la
caduta naturale: le arnie devono essere dotate di cassettino e si deve stare attenti che il fondo dell’arnia non sia propolizzato e che le formiche non abbiano accesso al fondo dell’arnia. Per il conteggio si calcola il numero medio di varroe cadute ogni giorno e si moltiplica X100 (famiglia debole), X200 (famiglia di medie dimensioni), X300 (famiglia forte)
presenza sulle api adulte: Raccogliere circa 200 api adulte in un barattolo da miele, lavarle in soluzione saponosa, contare il numero di varroe cadute. Per il conteggio 10 varroe su 200  api (5%) corrispondo circa a 1000 varroe  all’interno dell’alveare.
disopercolare la covata del fuco: E’ necessario disopercolare 40/50 cellette di covata, estrarre le larve e contare quelle parassitate. Per il conteggio 4-5 larve parassitate (10%) circa 1000 varroe all’interno dell’alveare.

Varroa destructor
Varroa destructor

Nosemiasi
Malattia particolarmente diffusa nell’Europa centrale e settentrionale. Spesso sottovalutata. La denuncia è obbligatoria.
Eziologia: Nosema apis microsporidio sporigeno che vive e si moltiplica a livello delle cellule del mesointestino (stomaco) delle api adulte.
Recentemente (Hirt et al., 1999) è stato dimostrato attraverso analisi filogenetica di sequenze dell’RNA polimerasi che l’ordine dei Microsporidi non appartiene ai Protozoa, come si era sempre pensato, e invece è appartenente ai Funghi.
Ciclo biologico: Le spore ingerite col cibo giungono nell’intestino e germinano, dando vita a forme vegetative ameboidi che invadono le cellule della parete intestinale. Le forme vegetative in 4-5 giorni daranno nuove spore, riversate poi nel lume intestinale ed espulse con le feci. Con temperature superiori a 37°C non si sviluppa.
Sintomi: si manifesta un accorciamento della durata della vita, nelle api nutrici si ha un irregolare secrezione di pappa reale. Le api colpite volano con difficoltà e hanno addome gonfio e dissenteria. Quindi, la malattia si manifesta con un indebolimento organico della famiglia perché colpisce gli adulti ma è l’intero alveare a risentirne, provocando un lento e graduale spopolamento! Si possono vedere escrementi diarroici all’interno (favi) e all’esterno dell’arnia (predellino). Infine, le api muoiono con le zampe racchiuse sotto il torace.
Una diagnosi sicura è la ricerca delle spore al microscopio.
Profilassi e cure: Se la malattia è all’inizio conviene distruggere la famiglia soprattutto se essa è debole. Se sono presenti casi numerosi conviene travasare le famiglia su favi sterili, effettuare una terapia chimica e rinforzare le famiglie con favi provenienti da alveari sani.
Le spore si conservano tanto più a lungo quanto la temperatura è bassa. Da alcuni giorni a 5 anni. Quindi, per uccidere le spore esporre i favi a:
– Vapori di acido acetico per 48 h; acido fenico 4% per 10 min.
– Radiazioni ultraviolette del sole: alcune ore.
– Ripulire le arnie, lavarle con soda e passarle alla fiamma.

Virus delle api adulte:
– Virus della paralisi acuta (varroa)
– Virus x
– Virus della paralisi cronica
– Virus cella reale nera (nosema)
– Virus filamentoso
– Virus Y (nosema)
– Virus api deformate (varroa)

dal corso di Apicoltura – Facoltà di Agraria di Firenze  – Dispense di Duccio Pradella e Angela Rovida – prof. Andrea Martini

Elena Nelli, laureata in Tutela e gestione delle risorse faunistiche, ha conseguito la laurea magistrale in Agrozootecnia sostenibile presso la Facoltà di Agraria di Firenze. Curriculum vitae >>>

Guida pratica all'apicoltura

Guida pratica all’Apicoltura
Giovanni Bosca – Il Castello

Allevare le api è un’attività che, oltre ad essere avvincente e redditizia, è anche utile: occorre essere consapevoli che le api, oltre a produrre miele, polline, propoli, gelatina reale e cera… Acquista online >>>