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La pecora della Valle del Belice (1^ Parte)

di Dr. Cataldo Seminara

Origine
La genesi di questa pecora è legata alla millenaria presenza degli ovini in Sicilia. Si ritiene, infatti, che in tempi lontani la Pinzirita, popolazione autoctona diffusa nella Sicilia occidentale, sia stata oggetto di incroci con ovini Comisani, il cui insediamento aveva interessato inizialmente le aree orientali della Sicilia, dando luogo ad individui con caratteri intermedi.
Successivamente, agli scambi commerciali realizzati da parte di tutte quelle civiltà che hanno caratterizzato la storia della Sicilia, giunsero nell’ Isola ovini Sardi che si resero responsabili di incroci con il biotipo allora già presente. La storia più recente ci tramanda di un apporto attorno agli anni trenta in un’azienda territorialmente tra la provincia di Trapani e di Agrigento in cui giunsero due arieti provenienti da Malta, uno occhialino scuro e l’altro palombino. Quest’azienda e da ritenersi la capostipite delle aziende di Valle del Belice.
In seguito il successivo metticciamento in consaguinetà ha dato luogo ad un nuovo biotipo di pecora, che riunisce le caratteristiche attitudinali e morfologiche tipiche delle tre razze.
L’attitudine alla produzione lattea è stata tramandata dalla Comisana rafforzata dalla Sarda. La conformazione della mammella, con diametri longitudinali più sviluppati dei trasversali; la resista alla siccità estiva; l’irregolare pigmentazione rosso mattone, spesso sbiadita e talvolta ridotta ad una semplice orlatura dell’ occhio; la lana da materasso contenuta per qualità e quantità, sono tutti caratteri tipici della Comisana e che si riscontrano nei soggetti di razza Valle del Belice a testimonianza del ruolo da essa assunto nella formazione del patrimonio genetico tipico di questa popolazione.
Le orecchie medio-piccole, la resistenza al freddo umido ed alla stabulazione notturna all’ aperto, durante l’inverno, sono caratteri comuni alla Pinzirita e alla Sarda. La taglia media e soprattutto le corna robuste e spiralate all’indietro degli arieti derivano dalla pecora Pinzirita, la cui principale caratteristica è il carattere ”presenza di corna” geneticamente legato al sesso maschile.
Inoltre, le pecore della Valle del Belice manifestano fino al 140-150% di prolificità, carattere intermedio alle tre razze. L’ipotesi avanzata sulle origini della razza Valle del Belice secondo la quale queste pecore avrebbero avuto origine dall’incrocio fra le razze Pinzirita, Comisana e Sarda, ha trovato conferma nell’indagine genetica condotta dall’istituto di Zootecnia Generale della Facoltà di Agraria di Palermo in collaborazione con l’Osservatorio di Genetica Animale di Torino. Studiando la struttura genetica e le relazioni intercorrenti fra gli ovini della Valle del Belice e le tre popolazioni che si ritiene abbiano concorso alla loro origine, è stato possibile dimostrare che la razza oggetto di studio deriva prevalentemente dall’ incrocio fra la Pinzirita e la Comisana e, in misura minore, dalla Sarda.

Tab. 1: distanze genetiche tra le razze ovine Comisana, Pinzirita, Valle del Belice e Sarda

 POPOLAZIONE

 DISTANZA GENETICA

 Comisana-Pinzirita

 0,0051

 Valle del Belice-Pinzirita

 0,0063

 Valle del Belice-Comisana

 0,0075

 Valle del Belice-Sarda

 0,0099

 Pinzirita-Sarda

 0,0170

 Comisana-Sarda

 0,0193


Pecora Valle del Belice – Pecora Pinzirita


Pecora Comisana – Pecora Sarda

Sistema di allevamento
Gli allevamenti ovini della Valle del Belice sono principalmente a carattere familiare e caratterizzati da greggi poco numerose. Le tecniche d’allevamento adottate differiscono le une dalle altere, tali differenze sono imputabili alle diverse condizioni socio-economiche e culturali degli allevatori. Così ai moderni sistemi d’allevamento con locali razionali ed attrezzature all’avanguardia si contrappongono realtà più tradizionali dove gli interventi di profilassi contro i parassiti che infestano gli allevamenti con scarsa regolarità e tempestività con indubbi riflessi sulla quantità delle produzioni.
Mentre in passato la produzione principale era il latte, e l’agnello veniva considerato fase di obbligatorio passaggio per l’apertura della lattazione, oggi si assiste ad una rivalutazione della produzione di carne ovina in funzione di una crescente richiesta soprattutto durante le festività Pasquali e Natalizie, durante questi periodi vengono richiesti agnelli da latte (6-8 kg), mentre nel periodo estivo si macella l’agnello pesante di cinque sei mesi d’età e di peso maggiore (30-35 kg), detto “crastagneddu”.
In queste zone l’allevamento ovino permette di sfruttare terreni che per la particolare natura morfologica non consentono la coltivazione di specie ad alto reddito.
Durante i mesi invernali e primaverili, l’alimentazione e costituita principalmente da Sulla (Hedysarum coronarum), e in misura minore da Veccia, Avena e Grano, mentre nel periodo estivo-autunnale in coincidenza  con l’aumento delle temperature e del deficit idrico, l’alimento si basa sullo sfruttamento di sotto prodotti. In estate le pecore vengono fatte pascolare nelle stoppie di grano, ed in particolari zone come quelle di Santa Margherita del Belice si alimentano anche di cladodi di ficodindia, nel periodo estivo autunnale le pecore vengono portate a pascolare nei vigneti dove le foglie di vite ancora verdi e l’erba cresciuta lungo i filari dei vigneti irrigui. Questo tipo di pascolamento anche se non del tutto idoneo per la sempre maggiore presenza di residui di anticrittogamici, consente di ottenere produzioni elevate nelle pecore ad inizio lattazione, “pecore fresche”, se integrato con concentrati (fave, orzo, ecc.) o con mangimi commerciali formulati appositamente per pecore in lattazione, ed una risalita della curva di lattazione nelle cosiddette “pecore a latte vecchio” cioè con lattazione in corso dalla primavera. Nei mesi di Gennaio e Febbraio gli allevatori privi di base aziendale, utilizzano come foraggio alternativo le frasche d’ulivo della potatura invernale. I residui di potatura costituiscono una buona occasione di foraggiamento anche se di modesto valore nutritivo (34-36 unità foraggiere per 100 kg di sostanza tal quale). Prove sperimentali hanno in oltre evidenziato dei buoni coefficienti di digeribilità per la proteina, elevatissima per gli estrattivi inazotati e scarsa digeribilità per la cellulosa e per i grassi. Il sistema più pratico di utilizzazione delle foglie e dei ramoscelli di ulivo e quello di sottoporli a fine trinciatura e miscelarli con fieno e paglia ugualmente trinciati ed aggiungendovi dal 10 al 20% di concentrati, tuttavia in tali zone questi prodotti vengono utilizzate direttamente in pieno campo, per un breve periodo di tempo.

Fonti bibliografiche
 – La qualità del latte nella razza ovina “Valle del Belice” – Massimo Todaro & Maria Luisa Scattassa.
 – La pecora della Valle del Belice – Gaspare Vivoa, Nicola Marinese, Salvatore Pumilia, Stefano Sutera.


Cataldo Seminara, originario di Villadoro (Enna), è laureato in Economia e Gestione delle imprese agroalimentari presso la Facoltà di Agraria di Catania. Curriculum vitae >>>

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