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Evoluzione del Cavallo

di Beatrice Lepri

Il progenitore del cavallo, secondo gli evoluzionisti, è apparso sulla terra circa 55 milioni d’anni fa: tutte le razze equine esistenti derivano da un’unica specie l’Equus caballus, a questa specie appartiene l’Equus przelawski (o cavallo selvatico dell’Asia).
Il suo antenato è l’Hyratherium o Eohippus, non più alto di 30-40 cm al garrese, con  arti dotati di 4 dita, denti aguzzi e arti posteriori più lunghi degli anteriori.
Nel corso dei secoli, ha subito un importante processo evolutivo delle estremità degli arti, on atrofia di tutti i raggi metatarsali e metacarpali e delle falangi, ad eccezione del 3° raggio e del 3° dito. Il 2° e 4° raggio metacarpale/metatarsiale sono ridotte a due strutture appena abbozzate, così come il 2° e 4° dito, dei quali rimangono solo i sesamoidi.
La terza falange dell’unico dito rimasto, ha assunto una forma semilunare, incavata verso il basso, e dalla trasformazione dei tessuti molli e dall’unghia di quest’unico dito siamo arrivati all’attuale zoccolo: quest’evoluzione ha permesso al cavallo di diffondersi su quasi qualsiasi tipo di terreno, anche il più duro o sconnesso.
Il piccolo Eohippus, era un erbivoro tozzo e dalle zampe corte, e benché fosse dotato di denti aguzzi, la sua unica possibilità di difesa verso i predatori carnivori era la fuga…la vita non doveva essere facile per lui!
La capacità di correre più velocemente fu acquisita con l’allungamento degli arti e con la “modificazione” dei piedi: su suolo duro, usando un solo dito ed equipaggiato dallo zoccolo, il cavallo fu in grado di raggiungere velocità elevate e di poter “combattere” contro i suoi predatori nell’unico modo che ha sempre conosciuto: la fuga!
Una seconda caratteristica della famiglia è l’apparato digerente: caratterizzato da uno stomaco relativamente piccolo e da un intestino molto lungo, in particolare il tratto del cieco. Qui avviene, grazie alla presenza della flora batterica, la digestione della cellulosa in carboidrati vegetali assimilabili. Nei ruminanti, invece, digestione della fibra avviene nel primo stomaco, il rumine, molto capiente.
L’apparato digerente del cavallo è invece strutturato per ricevere piccole quantità di cibo: un cavallo passa quasi tutta la sua giornata masticando e digerendo, ma per la sua struttura anatomica, deve ingerire “piccole” quantità di foraggio alla volta: la natura lo ha dotato di una particolare sensibilità e mobilità del labbro superiore, che utilizza per selezionare e afferrare i vegetali e per smuovere lo strato superficiale del terreno alla ricerca di parti vegetali ipogee: un apparato digerente adatto all’alimentazione con erbe dure integrate con modeste quantità di foglie, ramoscelli, cortecce e radici.
Procedendo nella scala evolutiva giungiamo alle varie razze dell’Equus attuale, alla quale appartengono 4 tipi di Equus selvatici:  il Pony Primevo, il Cavallo della Steppa, il Cavallo della Tundra e il Protoarabo. L’evoluzione equina è stata studiata tramite i resti fossili e le pitture ritrovate soprattutto nell’attuale Asia meridionale. Da questi quattro generi di cavalli selvatici, sono originate le moderne specie equine:

– il primo gruppo é quello dei pony che raggruppa tutti i cavalli di taglia ridotta, dal Falabella al Fjord della Norvegia;
– il secondo gruppo, discendente del cavallo della tundra, é quello dei cavalli da lavoro che, con la loro possanza, in passato, hanno contribuito enormemente al lavoro dell’uomo.
– il terzo é quello più numeroso, comprendente le razze da sport, da svago e da passeggio.
I loro progenitori sono il cavallo arabo e il cavallo della steppa, sebbene quest’ultimo in minima parte.
Una popolazione animale si può definire razza quando presenta nella sua discendenza caratteristiche omogenee e trasmissibili: l’uomo è senza dubbio intervenuto nel naturale processo evolutivo del cavallo. Dal oltre duemila anni gli Arabi, sia per credenze religiose sia per bisogni partici, selezionano il cavallo. L’attuale puro sangue arabo, discendente dal piccolo dal piccolo Hyratherium, non ha quasi più niente in comune con lui. Gli attuali “figli del vento” (come vengono chiamati i PSA) sono animali dolicomorfi, dagli arti sottili e il corpo corto, la testa piccola, e le narici larghe, il collo corto: tutte caratteristiche tipiche di un atleta, veloce e resistente.
Il corpo corto permette al cavallo di portare bene gli arti posteriori sotto il corpo, e aumentare così la spinta propulsiva. La testa grossa, per esempio, graverebbe sul terno anteriore, provocando uno squilibrio in avanti con conseguenti problemi agli arti anteriori.
Le narici grandi gli permettano di inalare più aria e di avere una migliore respirazione, e resistenza nella corsa. Il collo è il bilanciere naturale del cavallo, specie per riequilibrare i rapidi spostamenti in avanti durante il galoppo.
Gli zoccoli piccoli e stretti gli permettano di galoppare, quasi volare, sulle sabbie del deserto.
Sono cavalli vivaci, nevrili, volenterosi e affidabili.
La leggenda vuole che “Quando Dio decise di creare il cavallo, disse al Vento del Sud: ” voglio farti diventare una Creatura. Condensati” e il Vento si condensò. L’ arcangelo Gabriele apparve immediatamente, prese una manciata di quella materia e la presentò a Dio, che fece un baio oscuro dicendo: “ti chiamerò cavallo; ti farò arabo e ti darò il colore della formica; ho appeso la felicità sul ciuffo che ti ricade sugli occhi. Sarai il Signore degli animali, gli uomini ti seguiranno ovunque andrai; sarai abile nell’inseguimento e nella fuga; sulla tua schiena ci saranno ricchezze e per tua mediazione arriverà la fortuna”. Poi Egli mise sul cavallo il segno della gloria e della felicità: un segno bianco in mezzo alla fronte”.
 
Se lo confrontiamo con un TPR del nord Europa, abbiamo qualche difficoltà a credere che siano “lontanamente parenti”, pur appartenenti alla stessa specie.
Il TPR è stato selezionato per portare grossi carichi, e la sua testa grossa serve per bilanciare lo sforzo del traino. Le narici sono strette, perché vivendo in luoghi freddi, inala aria gelida, e non gli vengono certo richiesti lunghi sforzi anaerobici!
Gli zoccoli sono grossi e larghi: non si può permettere di scivolare sul ghiaccio, ed è meglio per lui tenere i piedi bene saldi per terra! Il corpo è corto, perché le reni lunghe diminuirebbero la sua capacità di sopportare i carichi. Sia la groppa che il petto sono ampi e muscolosi: è un cavallo forte, possente, definito “a sangue freddo” per il suo temperamento calmo e apparentemente impassibile, molto utile in passato per portare carichi pesanti, oggi giorno è apprezzato solo dai veri estimatori, che ne sanno apprezzare le doti, sia fisiche che caratteriali.

Laura Lavezzini con il suo cavallo Arabo
Cavallo Arabo (foto Laura Lavezzini)

TPR
Cavallo Agricolo Italiano T.P.R. – Stallone (foto www.agraria.org)

Beatrice Lepri, laureata in Scienze delle Produzioni Animali all’Universita’ di Pisa, vanta quasi due lustri di esperienze maturate presso l’Associazione Italiana Quarter Horse. E’ anche allevatrice di cavalli. Curriculum vitae >>>