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Agricoltura biodinamica: uno “scandalo” tutto italiano

di Carlo Triarico

Agricoltura biodinamica
(foto www.agricolturabiodinamica.it)

È uno scandalo tutto italiano. Il comparto produttivo che ha registrato il maggior incremento e successo in campo internazionale, quello agroalimentare  biologico (e il biodinamico, che ne è l’eccellenza), è sostanzialmente lasciato a se stesso e non adeguatamente sostenuto. Eppure gli studi scientifici, quei pochi dedicati al settore, ci dicono trattarsi di un prodotto di alto valore alimentare. Eppure le statistiche indicano l’Italia come leader internazionale del settore, con una ricaduta d’immagine su tutta la produzione alimentare nazionale. Eppure la produzione biologica e biodinamica resta l’unica controllata con procedure sistematiche su ciascuna azienda (e non a campione), con la tracciabilità di tutti gli ingredienti. Ne sa qualcosa l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, che sulla promozione della qualità alimentare opera in Italia dal 1947 e che ha ppena organizzato a Firenze un convegno internazionale di studi, allo scopo di confrontare dati certi, ma anche per chiedere investimenti sulla ricerca e la diffusione della conoscenza a salvaguardia del consumatore.
Oltre la metà degli italiani ormai consuma cibi bio. Lo fa soprattutto per fuggire i pesticidi, i concimi chimici e gli OGM. Studi autorevoli, del resto, ci mettono in guardia persino dai residui di sostanze tossiche un tempo considerati “accettabili”. Il settore bio certamente fa scandalo, forse perché “cattiva coscienza” del vaso di Pandora delle sofisticazioni alimentari e delle produzioni di scarsa qualità, che prima invadono scaffali e  mense e poi, coi loro risultati, malati e ospedali.
Eppure il caso dell’agricoltura biodinamica, solo per citare il più celebre, può essere considerato davvero un esempio di come il nostro paese possa esportare qualità, cultura, eccellenza. Questo metodo agricolo ecologico, proposto all’inizio del Novecento, apparentemente da un gruppo di visionari e per molto tempo emarginato dalla comunità scientifica, è entrato d’autorità nel mondo accademico italiano. L’Università di Firenze gli dedica da anni un master e ora un dottorato di ricerca, un altro master universitario ha sede a Napoli. Vi sono ricercatori degli atenei italiani impegnati in studi intorno alla biodinamica, condotti anche con partnariati internazionali. E non si studiano soltanto i primi promettenti risultati dei valori nutrizionali ed ecologici, ma emergono interessanti anche i dati economici, perché pare che l’agricoltura biodinamica costituisca il modello più aderente a molti degli obiettivi indicati dalla politica agricola europea. Il via a questo interesse è stato probabilmente dato dalle recenti pubblicazioni del FIBL, autorevole istituto di ricerca svizzero, che conduce da quasi trenta anni uno studio e che ha divulgato evidenze sorprendenti sulle caratteristiche peculiari del biodinamico in relazione ad altri metodi produttivi.
È noto, del resto, che le aziende che applicano il metodo biodinamico stanno rivoluzionando la stessa arte della produzione del cibo. È un esempio il caso del vino, che vede in atto addirittura una rinascita culturale. Oggi i vini biodinamici sono considerati dagli esperti tra i migliori al mondo, ma l’Italia biodinamica produce anche tra i migliori risi, paste, formaggi. Viene da domandarsi perché il nostro paese, che ha esportato purtroppo anche pessimi esempi di sofisticazioni alimentari, che ha visto in passato stragi alimentari consumarsi sotto i propri occhi, metta alla gogna proprio quello che ci viene riconosciuto internazionalmente come un fiore all’occhiello, il prodotto biodinamico e biologico.
Il successo del biodinamico è infatti, ad oggi, decretato soprattutto dalle scelte dei consumatori, quasi da un passaparola, mancando l’informazione nei canali ufficiali e soprattutto un adeguato investimento statale sulla ricerca e sull’educazione alimentare. Il segreto di questo successo è basato sostanzialmente su di una  metodologia garantita da disciplinari di produzione seri e da un rigoroso percorso di controlli. Il marchio Demeter, la certificazione internazionale dei prodotti biodinamici nata già nel 1927, è il primo marchio privato al mondo ad aver fissato solidi criteri in difesa della qualità alimentare. Si tratta di un processo di controllo che ha pochi paragoni. Innanzitutto le aziende biodinamiche si sottopongono al regime comunitario ispettivo delle produzioni biologiche (Reg. 2092/91), un sistema di verifica, come detto, non a campione, ma in rapporto uno a uno: controllano tutti, sempre. In più i produttori biodinamici sostengono le verifiche degli ispettori Demeter e di nuovo affrontano le più rigorose ispezioni, ciacuno e sempre. Il disciplinare biodinamico è molto restrittivo, naturalmente sono bandite sostanze di sintesi, ma persino diverse sostanze tradizionali sono del tutto vietate o fortemente limitate. Si usano, per la maggior parte, erbette che vedremmo volentieri nei nostri risotti. Soprattutto però il sistema Demeter richiede un impegno produttivo ecologico e qualitativo molto alto. È alla fine di esso che la stessa malattia della pianta e dell’animale diviene una rara eccezione, riducendo persino il bisogno di antiparassitari ed erbicidi. La trasformazione dei prodotti poi è estremamente rigorosa. Se vengono usati “stabilizzanti” si tratta di farina, se vengono usati “coloranti” si tratta di succo di frutta. La tracciabilità sulla filiera è totale, ossia ciascun ingrediente contenuto è stato documentatamene seguito dalla semina alla vendita. La quasi totalità di prodotto italiano è coltivato in Italia. Nel caso dei piccoli produttori, che costituiscono la quota più interessante per varietà e quantità, si tratta di prodotti artigianali spesso sorprendenti. Il risultato è quello che tutti vorremmo trovare nel nostro piatto.
Potremmo augurarci anche che si arrivi a qualcosa di simile per tutte le produzioni alimentari, ma pare sia meglio non indagare approfonditamente, perché avremmo sgradite sorprese. Dovremmo tra l’altro rassegnarci a costatare che mangiamo, in buona parte, cibi “italiani” provenienti dall’estero, non tracciati e inquinati, tanto da indurre la necessità di innaffiare il tutto con radiazioni disinfettanti per assicurare almeno l’igiene.
Studi esaminati dall’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca sugli alimenti e la Nutrizione) fanno emergere, nel 60-70% dei casi, che nei prodotti bio ci sono più composti fenolici, più vitamina C e meno acqua. Insomma nei prodotti bio possiamo trovare più difese per il nostro organismo ma anche la convenienza, perchè contengono più sostanza. Inoltre risultano buoni, poichè questi componenti sono precursori delle qualità organolettiche e aromatiche. In diversi casi le ricerche  ritrovano gli stessi dati: risultano maggiori la sostanza secca, la vitamina C e le sostanze fenoliche e riduttive. I risultati paiono incoraggianti, ma occorre poter studiare, confrontare dati, disporre di informazioni sempre più coerenti e infine poter comunicare, educare. Anche per questo è stato organizzato il  Convegno dall’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica (Firenze, 22-25 novembre 2007), che ha visto convergere ricercatori, amministratori e imprenditori da diversi paesi per studiare il caso biodinamico e dire qualcosa di importante sullo stato della ricerca e sulla qualità alimentare. Non è un caso che su questo evento abbiano puntato l’attenzione alcuni atenei italiani ed europei che conducono studi sul settore. Si spera che questo paese sappia cogliere l’occasione per qualcosa di più solido che una copertina estiva, che venga sostenuta la ricerca sul biodinamico e sul biologico, ancora troppo scarsa, e soprattutto che si inneschi con coraggio una riflessione complessiva sullo stato della qualità alimentare e sul valore nutrizionale e salutare degli alimenti consumati nel nostro paese.

Carlo Triarico, nato a Brindisi il 16 aprile 1963, è Dottore di ricerca in Storia della Scienza all’Università di Firenze. Dopo una laurea in Filosofia svolge ricerca per il dipartimento di Biologia animale e Genetica dell’Università e per il Museo di Storia della Scienza di Firenze. Diviene responsabile della Sezione di Filosofia della scienza dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze. Contemporaneamente si dedica agli studi di antroposofia, inizialmente con Fiorenza De Angelis. Insegna Storia della Scienza presso lo Smith College. Coordina, per la Facoltà di Agraria di Firenze, la sezione Biodinamica del Master in Agricoltura Biologica e Biodinamica. È attualmente il responsabile in Toscana dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica.
www.agricolturabiodinamica.it

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