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I rapporti tra Organismi di Certificazione e operatori

di Nicolò Passeri

Il sistema di controllo e certificazione dei prodotti biologici è un sistema di tipo regolamentato, basato su atti legislativi e controllato da Organismi privati, con autorizzazione e vigilanza da parte dell’autorità pubblica, rappresentata dal Ministero delle Politiche Agricole. E’ un sistema di certificazione con una forte connotazione ambientale e con dichiarazione di conformità a livello di prodotto. Al momento attuale i prodotti biologici stanno attraversando un momento di grande vivacità commerciale che il rapporto Sinab-Ismea ha messo in giusta evidenza. I prodotti di qualità regolamentata come il bio hanno oramai raggiunto un fatturato di oltre 3 miliardi di euro e una crescita del 17 % del valore dei consumi nei primi cinque mesi del 2014(1). Siamo quindi di fronte ad un settore, seppur di nicchia, con un trend dalle prospettive interessanti e quindi proprio in virtù di tale situazione il sistema di controllo e certificazione deve garantire un’adeguata tenuta in termini di affidabilità e fiducia indotta nel consumatore.

Il presente intervento vuole essere un contributo sereno al miglioramento di diversi aspetti del rapporto controllore-controllato che si auspica possa portare ad un confronto per quanto attiene le diverse esigenze che nascono durante il processo di certificazione, ognuna lecita e con diritto di ascolto senza inutili e sterili barricate ideologiche. A parere di chi scrive si tratta di un settore fondamentalmente sano, monitorato e con un gran numero di professionisti impegnati a vari livelli della filiera, troppo spesso sottoposto ad attacchi mediatici indiscriminati, causati da rari esempi di disonestà, ma che nulla hanno a che vedere con l’ordinario funzionamento del settore.
Fatte salve quindi le premesse è opportuno sottolineare alcune criticità che nell’esperienza di chi scrive risultano evidenti e, pur se non sostanziali, possono andare a svilire il principio fondante espresso dalla gestione compartecipata e costruttiva del sistema da parte dei diversi attori.
In particolare il sistema di certificazione dei prodotti biologici, e di qualità regolamentata in generale, è caratterizzato da grande delicatezza, in quanto eventuali non conformità(2), contrariamente a quanto avviene nei sistemi di gestione qualità, non vengono gestite in via esclusiva attraverso un approccio Trattamento/Azione correttiva, ma sono definite in ambito legislativo e possono determinare ricadute economiche di notevole impatto. Infatti, in alcuni casi le aziende sono impegnate in misure agroambientali che prevedono dei finanziamenti a fronte di adesione al metodo biologico. Oppure, possono avere delle posizioni di mercato conquistate e premium-price(3) significativi derivanti dalla particolarità e specificità del prodotto biologico. E’ ovvio che eventuali errori devono essere gestiti, i prodotti non conformi allo standard vanno declassati, insomma, il sistema deve rimanere stabile ed affidabile. Però l’approccio alle crisi deve essere caratterizzato da grande equilibrio e competenza.
Gli attori che entrano in gioco nella maggior parte delle situazioni inerenti la certificazione dei prodotti biologici sono: l’Organismo di certificazione, l’impresa, la consulenza.

L’Organismo di certificazione

Come anticipato gli Organismi di Certificazione (Odc nel prosieguo), operano su autorizzazione del Ministero delle Politiche Agricole. La numerosità sul mercato ne ha determinato nel tempo una buona competitività in termini di tariffe e di professionalità. La principale criticità appare invece difformità operativa per quanto attiene: gli aspetti contrattuali (letti troppo spesso in termini di impegni dell’operatore ma a volte disattesi per quanto attiene le tempistiche di risposta); la modulistica adottata; il livello di attenzione verso alcuni requisiti piuttosto che altri. Di contro si assiste spesso ad una omogeneità delle richieste in via del tutto indipendente del tipo di interlocutore, sia questo una grande catena di distribuzione, un trasformatore o un produttore agricolo che si avventura in qualche trasformazione aziendale.
Altro elemento di criticità è rappresentato dal vero e proprio front-office dell’OdC, il personale addetto alle verifiche. In questo caso la difformità delle modalità operative tende ad amplificarsi e spesso la verifica risultata “stressata” verso un obiettivo non sempre chiaro. In realtà aziendali particolarmente strutturate e importanti si è assistito all’utilizzo da parte dell’OdC di risorse non sufficientemente adeguate in termini di competenze specifiche ma soprattutto per la mole di attività che erano richieste per l’audit, quali ad esempio verifica di campo, bilancio di massa, controllo documentale, prelievi campioni , ecc. Tutte condotte da un solo auditor, con le evidenti difficoltà logistiche che un tale approccio comporta.

L’impresa

La certificazione dei prodotti biologico, vedendo coinvolto il mondo agricolo, è forse una delle certificazioni più “subite” dalle aziende. Meno compartecipate e condivise ma lasciate alla consulenza in un eccesso di esternalizzazione e delega. L’azienda è il responsabile della conformità del prodotto. Formazione e sensibilizzazione del personale e degli addetti che possono impattare sul processo sono aspetti ben osservati nei sistemi di gestione della qualità ed in alcuni standard specifici. Questi restano di enorme importanza, in un settore dove, come prima indicato, la non conformità può avere un impatto devastante in termini economici. Quindi, questo aspetto deve spingere tutti gli imprenditori immessi nel sistema alla massima attenzione e cautela, attivando una concreta valutazione dei rischi per quanto attiene l’eventuale perdita di conformità.

La consulenza

Essendo chi scrive coinvolto in questa componente, è doveroso un atto di onestà intellettuale, citando come maggior difetto l’approssimazione nella gestione degli aspetti più “alti” del sistema, quali le richieste di certificazione, approvazione etichette, evidenze di conformità di processo, sui quali spesso l’OdC è chiamato a reiterare richieste a valutazioni. L’aspetto potrebbe essere però superato con grande semplicità mediante dei percorsi formativi dedicati in maniera specifica a questi aspetti e mirati ai consulenti, come peraltro garantiti dagli OdC che si occupano di sistemi di certificazione volontaria. La scelta porterebbe alla possibilità da parte della consulenza di essere in grado di fronteggiare situazioni “anomale”, quali richieste tecnicamente avanzate dell’azienda o criticità importanti. Queste situazioni specifiche verrebbero così gestite con un tavolo tecnico basato su un confronto dialettico costruttivo e non di completa e ottusa contrapposizione.
Queste criticità se ascoltate, gestite e condivise, possono contribuire in termini di efficienza, ferma restando l’efficacia, del sistema di controllo delle produzioni biologiche, garantendo una maggiore serenità nell’applicazione del metodo di produzione.
(1) Dati Sinab-Ismea. Bio in cifre 2014
(2) Definito come mancato soddisfacimento di un requisito specificato (ISO 9000:2005, Sistemi di gestione per la qualità. Fondamenti e terminologia)
(3) Surplus di prezzo riconosciuto al prodotto rispetto a quello di standard di mercato

Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi.  Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.

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