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di Domenico Ciminelli


Le leguminose da granella quali fava e cece, fanno parte tradizionalmente dei sistemi colturali agricoli. L’importanza della fava come coltura che presenta una elevata azione miglioratrice è stata sempre riconosciuta specialmente nei comprensori meridionali dove vengono praticati ordinamenti in cui le leguminose vengono avvicendate con le colture cerealicole.
Le leguminose, trovano collocazione negli ordinamenti produttivi meridionali anche perché hanno una spiccata capacità di adattamento alle condizioni pedo-climatiche, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di poter essere coltivate in condizioni di ridotta piovosità in quanto sono specie microterme, quindi, per esse può essere adottata la semina autunnale o di fine inverno e pertanto svolgono il ciclo vegetativo nel periodo con piovosità più favorevole allo sviluppo dellacoltura. Riescono a sfuggire ai periodi siccitosi portando i frutti a maturazione prima che si verifichi uno stress idrico elevato. In alcune specie la resistenza allo stress idrico è dovuto all’apparato radicale capace di approfondirsi nel terreno ed utilizzare in misura maggiore le riserve idriche presenti, ad esempio il cece presenta una buona capacità produttiva, anche in ambienti aridi, per effetto del basso rapporto parte epigea e parte ipogea ed alla capacità di mantenere elevata la pressione di turgore con valori compatibili con l’accrescimento anche in corrispondenza di potenziali idrici fogliari bassi. La tolleranza allo stress idrico nelle leguminose è favorito, anche, dal loro habitus vegetativo, che in genere è ad accrescimento indeterminato ed ha una buona capacità di ramificazione, per esempio nella fava gli apici caulinari sono parzialmente protetti dalle foglie più vecchie che, avendo un potenziale idrico più basso, favoriscono i flussi idrici verso gli apici. In questo modo gli apici caulinari rimangono vivi, anche se il resto della pianta appare secco e sono capaci di formare nuove foglie e fiori ed eventualmente nuovi semi appena superato il periodo secco. Per favorire un buon adattamento dei legumi agli ambienti caldo aridi è indispensabile anche una buona scelta della tecnica colturale. Per quanto riguarda la semina, un anticipo di semina all’autunno può rilevarsi utile per avvantaggiarsi delle temperature ancora favorevoli, per una sollecita e regolare germinazione dei microrganismi nitrificanti nonché il regolare svolgimento del ciclo vegetativo in un periodo più favorevole, possibile grazie alle precipitazioni che si verificano in tale periodo. Per le semine primaverili, un anticipo della semina può essere sconsigliato dalle basse temperature e per i ritorni da freddo. In ogni caso, le semine ritardate determinano una abbreviazione del ciclo biologico e a ciò corrisponde una riduzione delle rese, cui possono associarsi variazioni delle caratteristiche qualitative. In ambiente meridionale, infine, è consigliata una bassa densità di semina, giacche, la disponibilità dell’acqua diviene critica in prossimità della maturazione dei baccelli, salvo che non sia possibile un’irrigazione di soccorso.
I vantaggi derivanti dalla coltivazione delle leguminose da granella sono, soprattutto, di tipo agronomico. Vista la crescita della popolazione mondiale, si prospetta un futuro in cui le proteine meno costose, cioè quelle di origine vegetale, tenderanno sempre di più ad occupare un posto rilevante nella dieta quotidiana. Per mantenere l’attuale livello di apporto proteico e calorico nei prossimi anni sarà necessario incrementare sempre più i livelli produttivi o ricorrere all’utilizzazione di terre cosiddette marginali (il tutto dovrà essere eseguito senza creare squilibri delle risorse naturali quali, terreno, acqua e atmosfera).
La capacità di produrre alimenti ricchi di proteine è però un fattore correlato, nonché, dipendente dalla disponibilità di azoto per la pianta. Infatti, fra i processi fisiologici, l’assorbimento e l’assimilazione da parte della pianta è secondo, in ordine d’importanza, solo al processo fotosintetico.
Il continuo aumento delle produzioni agricole negli ultimi decenni non si sarebbe potuto verificare senza l’utilizzo dei concimi minerali. Il consumo dei concimi minerali azotati è aumentato nel corso degli anni, portando a numerosi problemi di carattere ambientale con un rilascio di tonnellate l’anno di anidride carbonica nell’atmosfera, che contribuisce all’aumento dell’effetto serra. I problemi ambientali danno gli input per passare ad un’agricoltura sostenibile, in quanto, consente una maggiore razionalizzazione ed efficienza nell’uso e nel conservare le risorse naturali, rendendo minimo o nullo l’impatto ambientale. L’utilizzo di specie azotofissatrici nei sistemi colturali riduce la necessità di fertilizzanti azotati e migliora l’efficacia di uso dell’azoto, in quanto l’azoto fissato biologicamente si trova legato alla materia organica e per questo è meno suscettibile alla trasformazione chimica ed ai fattori fisici che portano alla sua volatilizzazione e dispersione.
Quindi possiamo dire che la coltivazione dei cereali in rotazione con le leguminose rispetto alla monosuccessione di cerali porta ad una maggiore efficienza di utilizzazione dell’azoto. In particolare vanno considerati gli effetti nell’avvicendamento, nelle consociazioni, nei pascoli sulla degradazione dei suoli, sull’acidificazione dei suoli, sulla disponibilità del fosforo, sul controllo delle erbe infestanti e dei parassiti, sulla degradazione degli erbicidi e dei pesticidi. L’aspetto più rilevante dell’azotofissazione delle leguminose risiede dal fatto che l’azoto fissato simbioticamente può divenire disponibile per una coltura in consociazione o per una coltura in successione attraverso vari meccanismi:


  • rilascio di composti azotati servendosi di essudati radicali;
  • attraverso la mediazione di funghi micorrizici arbuscolari;
  • perdita di azoto dalle foglie cadute a terra e decomposizione delle stesse, decomposizione di
    radici e noduli radicali;
  • tramite sovescio;
  • attraverso le deiezioni animali.

É noto che l’atmosfera terrestre è costituita da azoto libero e la maggior parte delle piante ad eccezione delle leguminose non sono in grado di utilizzare questa enorme quantità di azoto che come si sa è essenziale per la vita stessa essendo costituende principale delle proteine. Il rapporto simbiotico che si viene a creare tra i rizobi e le piante appartenenti alla famiglia delle leguminose, porta alla creazione di un nuovo organo vegetale, situato a livello radicale detto nodulo radicale.


Favino, radici con tubercoli
Favino: radici con tubercoli


I rizobi sono batteri (microrganismi unicellulari procarioti) appartenenti alla famiglia delle Rhizobiaceae. La temperatura ottimale di sviluppo è tra i 25 e i 30 ºC, ma molti ceppi sono in grado di crescere anche a basse temperature. Il pH ottimale è 6-7. Nella parte interna del nodulo si trovano questi batteri detti endosimbionti intracellulari definiti anche batteroidi, questi hanno il compito di fornire alla pianta azoto in forma disponibile per la sintesi di composti organici azotati; ossia trasformano l’azoto atmosferico in ammonio. La quantità di azoto fissato da una coltura di leguminose dipende dalla longevità dei noduli radicali, a sua volta influenzata da diversi fattori, quali:


  • condizioni fisiologiche della pianta;
  • contenuto di umidità nel terreno;
  • parassiti presenti nel nodulo;
  • ceppo di batteri nodulanti.

La longevità del nodulo dipende dalle condizioni fisiologiche della pianta. In genere nelle piante annuali, i noduli tendono a morire al momento della fioritura e dell’allegagione, probabilmente perché in quel momento i fiori e i semi in via di sviluppo prelevano le riserve della pianta, e i giovani semi possono sottrarre composti azotati ai noduli.


Cece, radici con tubercoli
Cece: radici con tubercoli


Anche il taglio o l’intenso pascolamento, come ad esempio nei trifogli, può portare la morte dei noduli, probabilmente perché viene ad interrompersi il rifornimento dei carboidrati. I noduli delle leguminose perenni differiscono notevolmente in longevità. Ad esempio i trifogli perenni, hanno noduli che, di solito, sono di breve durata e vanno persi durante l’inverno. Le leguminose a sviluppo cespuglioso a arboreo, possono portare noduli per molti anni; in questo gruppo si possono comprendere anche alcune specie erbacee, come il lupino. I noduli radicali sembrano persistere sulle radici delle leguminose se il terreno viene mantenuto umido, infatti, in caso di siccità l’effetto sulla coltura è la perdita dei noduli. Infine i noduli possono avere vita breve anche quando sono parassitizzate da larve d’insetti.


Domenico Ciminelli, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie, è laureando in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi della Basilicata.
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Agricoltura biologica
Agricoltura biologica
Autori Vari – Edagricole – 2001


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