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Tra sperimentazione, partecipazione e nuove sfide

di Silvia Innocenti

Mercato Biologico tipico di Carrara
Mercato Biologico tipico – Carrara (foto Francesca Guidi)

Introduzione
Di fronte ad un mercato sempre più difficile da penetrare e alla crescente distanza, fisica e culturale, tra consumatori e mondo rurale, alcuni produttori, inizialmente in modo spontaneo, hanno scelto di tornare  alla vendita diretta dei propri prodotti.
La vendita diretta è una pratica che non è mai del tutto scomparsa ma, con la modernizzazione del sistema distributivo, si è gradualmente ritirata negli spazi rurali.
Attraverso l’organizzazione dei primi mercati contadini, iniziative collettive di vendita gestite direttamente dai produttori agricoli, le campagne hanno ricominciato ad essere presenti nelle città, anche se collegate a funzioni di tipo promozionale o di sensibilizzazione nei confronti delle problematiche dei territori rurali.
Infatti, la principale caratteristica della filiera corta sta nel recupero di un rapporto diretto tra produttori e consumatori. A differenza di altre forme di acquisto, i prodotti, il loro percorso e la loro qualità sono direttamente percepiti, conosciuti e, quindi, scelti con una consapevolezza maggiore.
Negli ultimi anni, anche grazie alla crescente presa di coscienza da parte di alcuni consumatori sulla necessità di cambiare le modalità di consumo e di volgerle verso una maggiore integrazione con il territorio, le iniziative di filiera corta hanno iniziato a diffondersi in modo capillare. Inoltre, l’inizio della crisi economica ha incrementato fortemente la domanda di prodotti locali, legandola alla necessità di diminuire la spesa alimentare.

Fierucolina di Firenze
Fierucolina – Firenze (foto Francesca Guidi)

Le molteplici declinazioni della Filiera corta
Con il termine “Filiera corta” è stato individuato tutto l’insieme di pratiche che vede il diretto rapporto tra produttori e consumatori.
Oltre alla tradizionale forma della vendita diretta, in azienda o in strutture mobili poste nelle aree rurali, tra le iniziative più comuni ci sono i mercati contadini, conosciuti anche con la definizione anglosassone di Farmers’ Markets.
In effetti, i mercati contadini, nelle forme più recenti, sono nati e si sono diffusi in Nord America e nell’Europa settentrionale, già a partire dagli anni ’70.
In Italia, le prime iniziative hanno avuto lo stesso impulso spontaneo e auto organizzato, da parte di alcuni produttori, spesso aderenti a piccole associazioni quali l’Associazione di Solidarietà per la Campagna Italiana – ASCI o il movimento Foro Contadino – Altragricoltura.
La diffusione e la conoscenza delle iniziative, tuttavia, è stata favorita, in tempi più recenti, anche dall’impegno della Coldiretti che, con la Fondazione Campagna Amica, ha posto la promozione della filiera corta tra i suoi principali obiettivi.
Oltre ai mercati, negli anni sono nati sistemi che hanno coinvolto in misura maggiore anche i consumatori: dal Pick-your-own (“coglietelo da solo”) , nato negli Stati Uniti, alle Community Supported Agricolture – CSA (“comunità che sostengono l’agricoltura”), nate in Svizzera e poi diffuse in Nord America e Europa settentrionale, o  ai Tei-kei (“il cibo con la faccia”), nati in Giappone negli anni ’70.
In Italia il coinvolgimento attivo dei consumatori ha dato vita ai Gruppi d’Acquisto Solidale – GAS che, a partire dal 1994, anno della loro nascita, si sono diffusi in modo capillare in tutto il territorio nazionale. I principi ispiratori dei GAS possono riassumersi nella ricerca di tre forme di solidarietà: verso i piccoli produttori, verso le economie svantaggiate e i Paesi del Sud del Mondo e tra i consumatori, senza dimenticare l’attenzione agli equilibri ecologici. 

Dalle forme spontanee all’interesse delle istituzioni
Rispetto alle prime forme di attività, spontanea e spesso collegata ad intenti politici e di sensibilizzazione nei confronti delle problematiche del mondo rurale, l’interesse crescente da parte delle istituzioni ha dato vita ad una serie di provvedimenti di sostegno per le iniziative di filiera corta.
È necessario, innanzitutto, ricordare il primo riferimento legislativo entro cui si collocano tutte queste forme di vendita diretta: il D.Lgs n.228/2001, “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”.
Il decreto contiene, all’articolo 1, la modifica dell’articolo 2135 del Codice Civile recante la definizione di Imprenditore agricolo: con questa riforma viene ampliata in modo sostanziale la definizione di “attività connesse”, inserendo, tra le altre, anche la vendita diretta, specificatamente normata all’articolo 4.
Nel solco tracciato da questo decreto legislativo, con il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – MiPAAF del 20 novembre 2007 (“Attuazione dell’articolo 1, comma 1065, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, sui mercati riservati all’esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli”), viene promulgato il primo atto che interviene direttamente sulla disciplina dei mercati contadini, individuando alcune linee di indirizzo, entro cui le Regioni hanno individuato diverse modalità di intervento.
Successivamente, sono state emanate norme ad hoc: Lazio, Piemonte, Calabria e Lombardia hanno pubblicato Leggi regionali di iniziativa popolare, in cui la filiera corta viene individuata come canale preferenziale per la promozione, la tutela e la diffusione dei prodotti dei territori locali. L’intervento riguarda, spesso, anche le mense scolastiche, strumento privilegiato di diffusione della cultura e della corretta educazione alimentare. La Toscana ha scelto di promuovere la filiera corta attraverso il progetto regionale Filiera corta – Rete regionale per la valorizzazione dei prodotti agricoli toscani (DGRT n. 335/07).
Il progetto ha previsto, nell’arco di tre anni, la nascita di oltre 30 azioni di filiera corta, promosse dagli Enti Locali: non solo mercati contadini, ma anche spacci di prodotti locali e altre azioni di tipo promozionale (Arte&cibo e Patti di filiera) che hanno visto la collaborazione di esercenti e altri soggetti del mondo dell’impresa turistica.

Alcuni punti di criticità
L’evoluzione subita dalle iniziative di filiera corta ha tutte le caratteristiche di un boom: nell’arco di pochi anni sono nate una miriade di iniziative, con caratteristiche diverse e fortemente influenzate dal territorio che le ha generate. Pur evidenziando tutte le potenzialità che queste iniziative possono rappresentare per il mondo produttivo e per i consumatori, è necessario porre l’attenzione su alcuni possibili punti critici.
Resta sicuramente da evidenziare la necessità di conoscere e monitorare le iniziative che stanno nascendo, dato che nuove criticità e altrettante potenzialità si stanno affermando proprio attraverso l’esperienza.
La nascita di queste iniziative ha visto protagonisti alcuni produttori che hanno saputo riscoprire la vendita diretta come un canale che potesse essere remunerativo e appagante, soprattutto perché fornisce nuovi strumenti e nuove possibilità di valorizzazione dei propri prodotti. Tuttavia, la veloce diffusione di nuovi mercati e altre iniziative rischia di non consentire lo stesso tipo di coinvolgimento da parte dei produttori che si affacciano alla filiera corta. Specialmente dove gli Enti locali e altri soggetti (Pro Loco o altre Associazione di promozione territoriale, ecc)  hanno un ruolo organizzativo preponderante, è necessario che i produttori siano comunque presenti e protagonisti della costruzione degli eventi. Solo la loro presenza, infatti, può garantire uno sviluppo delle iniziative che sia coerente con le esigenze del mondo della produzione, connesse, ad esempio, alla stagionalità e all’andamento climatico.
L’altro principale aspetto critico riguarda la definizione del prezzo di vendita dei diversi prodotti. La scelta della filiera corta dà la possibilità ai produttori di definirlo, svincolandosi dalle oscillazioni del mercato e, soprattutto, riuscendo a ottenere una remunerazione maggiore rispetto ai canali commerciali tradizionali, in cui il valore delle produzioni si perde tra i vari passaggi intermedi.
Il vantaggio che ne deriva per il consumatore, oltre alla qualità e alla freschezza dei prodotti, può riguardare anche il margine di risparmio, in genere stimato intorno al 30%.
Su questo punto occorre comunque precisare alcuni aspetti fondamentali: in effetti, la contrazione della filiera distributiva può consentire una riduzione dei prezzi, ma questo sarà possibile solo per alcuni tipi di prodotto, come gli ortaggi o la frutta e il latte. Per quanto riguarda, invece, produzioni come formaggi, salumi, molto dipenderà dal tipo di processo seguito dalle aziende. Non è possibile paragonare piccole realtà artigianali e di piccola scala con produzioni a carattere industriale, di cui consumiamo abitualmente i prodotti nei circuiti distributivi tradizionali.
Occorre, quindi, fornire elementi utili ai produttori per definire il giusto prezzo e, contemporaneamente, educare i consumatori perché siano capaci di scegliere i prodotti e attribuire loro un valore adeguato, riconoscendo eventuali distorsioni.

Mercatale Firenze
Mercatale del Valdarno – Montevarchi (foto Francesca Guidi)

Silvia Innocenti ha conseguito la laurea magistrale in Agricoltura Biologica e Multifunzionale presso la Facoltà di Agraria di Pisa. Abilitata all’esercizio della professione di Dottore Agronomo, lavora al servizio Tutela e valorizzazione delle produzioni agro-alimentari e sistemi di qualità dell’ARSIA Toscana. Curriculum vitae >>>

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