Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

di Eugenio Cozzolino

Coltivazione di tabacco Burley
Foto 1 – Coltivazione di tabacco Burley  in area casertana (foto Eugenio Cozzolino) 

La coltivazione di questo tabacco ha rappresentato e rappresenta tuttora per molte zone della Campania ed in particolare nella provincia di Caserta una importante ed insostituibile fonte di reddito. Questa coltura riveste un ruolo di estrema rilevanza nei contesti socioeconomici locali in cui è prodotto, dato il carattere familiare che caratterizza la conduzione della maggior parte delle aziende tabacchicole campane. Le superfici di queste aziende sono medio-piccole in relazione da un lato alla storica frammentazione e polverizzazione che caratterizza l’agricoltura meridionale e dall’altro alla notevole quantità di manodopera di cui necessita la coltivazione di questo tipo di tabacco.

Un po’ di storia
Nel 1860, un coltivatore dello stato dell’Ohio riscontrò nelle sue coltivazioni di Kentucky alcune piante che differivano sensibilmente per il loro aspetto e per la qualità del tessuto. Al saggio, questa differenza si estendeva all’aroma e al gusto, più fine e gradevole. Furono selezionate le piante che presentavano più marcati questi caratteri differenziali e da allora si coltivò negli stati dell’Ohio e del Kentucky questo tabacco particolare denominato Red Burley.
Quattro anni più tardi, un certo Webb notò, nei suoi semenzai di Burley, delle piantine dalle foglie bianchicce le quali conservarono questa caratteristica anche al campo, producendo delle foglie di un giallo biancastro che maturavano circa quindici giorni prima delle altre. Selezionate le piante e continuata ed estesa la coltivazione negli anni seguenti, i mercati apprezzarono il nuovo prodotto che aveva pregi particolarissimi, e il suo prezzo salì notevolmente rispetto a quello degli altri tabacchi pesanti. Questo tabacco assunse il nome di White Burley.
In Italia questo tipo di tabacco fu introdotto nel 1891 e nel 1893 venne effettuata una sperimentazione a Nola e a Sarno, in Campania. Negli anni seguenti fu portato in altre località, per entrare in breve nella coltura ordinaria, assai ricercato dai coltivatori per l’elevata produttività  e la facilità di cura. Nel 1906, trovando questo tabacco scarsa utilizzazione nelle nostre manifatture, ne fu soppressa la coltivazione. Solo nel 1925 si ebbe la ripresa della sperimentazione, in considerazione dell’orientamento  del gusto dei consumatori, specie dopo la grande guerra, verso i tabacchi conciati americani a base di Virginia  e di Burley. Il monopolio italiano ritenne perciò opportuno di lanciare nel 1933 un tipo di sigaretta, la Tre Stelle, di gusto americano, che, confezionata con Burley, Bright Italia e alcune buone razze di levantini e con l’aggiunta  di una leggera concia, incontrò pieno favore nel pubblico. Si determinò in conseguenza un aumento progressivo nelle superfici coltivate a Burley, e una nuova affermazione della tabacchicoltura italiana, con la costituzione del Regio Istituto di Tabacchicoltura  a Scafati (istituito dal Monopolio nel 1895 per attività scientifica e sperimentale a sostegno ed impulso della tabacchicoltura nazionale) di nuove varietà  rispondenti alle nostre esigenze pedoclimatiche.
In particolare c’era la necessità di poter disporre di materiale resistente agli attacchi di marciume radicale che in alcune annate provocava la distruzione in campo d’ intere piantagioni.
Si deve al Dott. Benincasa la costituzione di due varietà che hanno poi permesso la diffusione con successo di questo tipo di tabacco. Una denominata Burley di Gran Reddito nelle due marche A e B, caratteristica per la sua elevata produttività (4 t/ha) e l’altra denominata Burley Giuseppina in possesso di elevata resistenza ai marciumi radicali.
L’attività di miglioramento genetico presso l’Istituto di Scafati  portò in seguito alla costituzione di cultivar con migliori caratteristiche qualitative e più idonee a singoli ambienti italiani, dato che nel frattempo questo tipo di tabacco si era diffuso in modo esteso sul territorio nazionale. La favorevole ripresa delle coltivazioni, in crescita e qualità, fu bruscamente interrotta all’inizio degli anni ’60 per la comparsa della peronospora del tabacco (Peronospora tabacina), che causò estese distruzioni delle colture. La peronospora, (detta anche Muffa blu), originaria dell’Australia (dove fu segnalata per la prima volta nel 1890) e dell’America, era stata segnalata in Europa, in Inghilterra, nel 1958 e due anni dopo giunse nel Nord Italia, nel Trentino, su coltivazioni di Burley e di Virginia Bright. La comparsa nella fase di raccolta del prodotto limitò i danni. Nel 1961, favorita dalle particolari condizioni climatiche, la peronospora si diffuse in modo distruttivo su tutte le varietà ed in ogni località del territorio.
In conseguenza di questo evento, il Monopolio e l’Istituto Scientifico Sperimentale per i Tabacchi (ISST, nato con D.D.L. del 26.3.1946 n. 297 accorpando 3 istituzioni di ricerca sul tabacco) furono coinvolti nella ricerca di varietà resistenti al patogeno e nella messa a punto di validi metodi di lotta. Nel 1962 s’ importarono dall’Australia semi di ibridi selezionati per la resistenza specifica alla peronospora, che furono utilizzati per costituire linee italiane resistenti. In diverse Direzioni Compartimentali si effettuarono coltivazioni extra stagionali in serra, per allevare piantine destinate alla produzione di seme ibrido ottenuto dall’incrocio delle linee resistenti con le linee italiane. La produzione del seme, che interessò tutte le principali varietà italiane, le ricerche genetiche e agronomiche sulle linee selezionate, l’applicazione dei mezzi di lotta efficacemente utilizzati in altri paesi, consentirono al Monopolio di superare in pochi anni l’emergenza e far tornare le coltivazioni di tabacco a livelli produttivi elevati. Nel 1970 con il regolamento n. 727/70 venne ufficialmente instaurata nella CEE l’Organizzazione Comune dei Mercati (OCM) nel settore tabacco greggio, che liberalizzò la coltivazione,  abolendo il Monopolio di Stato per la coltivazione, importazione e vendita di questo prodotto. Con il primo regolamento del 1970, si definirono  le regole ed i criteri per il sostegno della coltura, in pratica venne istituito un premio comunitario per il   miglioramento della qualità e la riconversione delle varietà verso quelle più richieste dal mercato. Ebbe inizio  una fase di massima libertà imprenditoriale per produttori e trasformatori che, non bilanciata da adeguati controlli (l’aiuto comunitario veniva infatti elargito, esclusivamente in funzione della entità della produzione), determinò, anziché il miglioramento, un rapido peggioramento e decadimento delle caratteristiche qualitative  del tabacco prodotto. Solo con il regolamento n. 546/2002 la Comunità ha cambiato radicalmente il regime di sostegno modificando l’approccio alla produzione di questa coltura industriale, ponendo finalmente, in modo diretto l’accento sulle caratteristiche qualitative attraverso il prezzo alla produzione, che è fortemente legato al livello qualitativo del prodotto finito. Dall’anno 2004 anche il settore del tabacco Burley è stato investito da forti tensioni, tuttora in corso, a causa della  riforma della OCM  della commissione UE  che ha previsto una soppressione progressiva dei premi  su un periodo di tre anni, un disaccoppiamento del premio per il tabacco ed una eliminazione graduale del fondo Comunitario per il tabacco, accompagnato dalla creazione di una dotazione finanziaria per la ristrutturazione delle zone dedite alla tabacchicoltura. Fino ad   oggi la riforma del tabacco, approvata nel 2004, ha messo a dura prova il settore, che tuttavia ha saputo affrontare la sfida: il disaccoppiamento parziale ha selezionato le imprese più efficienti e i territori più vocati. La preoccupazione degli operatori della filiera, è che  dal 2009, in mancanza di proroga dell’attuale regime, con il disaccoppiamento totale si  pregiudichi il futuro della coltivazione e della trasformazione del tabacco con ripercussioni molto serie sul piano economico occupazionale e sociale di  aree campane, caratterizzate da elevati tassi di disoccupazione.

Dove coltivare
Il tabacco è una pianta a ciclo breve, sensibilissima alle avversità ambientali, alle quali reagisce modificando più o meno profondamente la struttura e la composizione chimica delle foglie. Il tabacco Burley trova le migliori condizioni pedoclimatiche negli areali di pianura con terreni di medio impasto freschi e fertili con reazione neutra, ma vegeta anche in areali poco idonei con risultati produttivi e qualitativi modesti. Spesso in queste aree in annate favorevoli si ottengono livelli produttivi anche elevati ma sempre con scadenti caratteristiche merceologiche. Nell’anno 2006 si è avuta in Campania una contrazione delle superfici a tabacco Burley proprio nelle aree più vocate (Caserta e Napoli) in quanto la presenza di terreni fertili permette la coltivazione di colture alternative.

Che cosa coltivare
In quel periodo definito di massima libertà imprenditoriale, tutto il lavoro di selezione e miglioramento fatto dai tecnici dell’ISST venne vanificato dalla ricerca da parte dei tabacchicoltori del “seme del miracolo” come venne definito dal dott. Caroselli (esperto di chiara fama del tabacco Burley) ovvero quel seme capace di massimizzare le rese a discapito della qualità. Per circa 30 anni il settore sementiero del tabacco Burley è stato gestito in modo empirico ed irrazionale dagli stessi tabacchicoltori, che in qualche caso si sono cimentati anche come ibridatori con il risultato di avere materiale disforme e sensibile alle più diffuse malattie del tabacco. Il vuoto legislativo del settore fu colmato con D.L. il 15/06/1981 con l’istituzione del Registro Varietale delle varietà del tabacco che divenne operativo solo nel 1999 con la pubblicazione sulla G.U. della scheda descrittiva ufficiale che i costitutari sono tenuti a presentare per l’iscrizione di una varietà di tabacco. La prima linea di  tabacco Burley  certificata è stata rilasciata nell’anno 2001. Oggi  sono circa una decina le costituzioni certificate  e quasi tutte sono ibridi F1 maschio-sterili. Quest’anno altre prove di certificazione varietale sono in corso a cura del CRA – Unità di ricerca per le colture alternative al tabacco di Scafati (SA) e coordinate dall’ENSE. 

Esigenze
La produttività del tabacco Burley (foto 1) nell’ultimo decennio è notevolmente aumentate grazie anche al miglioramento della tecnica colturale. La pratica della concimazione associata all’irrigazione ha permesso di raggiungere nella provincia di Caserta in annate favorevoli produzioni di 6-7 t/ha di prodotto curato. La concimazione organica è di fondamentale importanza per la qualità del tabacco Burley, influendo positivamente sulle caratteristiche peculiari della foglia, quali il giusto rapporto fra lamina, costola e nervature, l’attitudine alla buona trasformazione da verde a secco, la combustibilità e tutte le qualità del fumo. In mancanza di letame, il sovescio rappresenta la pratica colturale più economica per apportare sostanza organica nel terreno. E’ auspicabile in merito l’utilizzo del compost da f.o.r.s.u. anche in considerazione di esperienze fatte su altre colture con ottimi risultati, che hanno dimostrato la bontà di approcci differenti da quello tradizionale riguardo alla fertilizzazione e alla gestione della sostanza organica. Per quanto riguarda la concimazione minerale bisogna tenere conto sia  delle asportazioni della coltura che sono quantificate in ca 3,5-0,86-5,71 kg/q di prodotto curato rispettivamente di N, P2O5 e K2O che delle dotazioni dei terreni. Molti terreni destinati al tabacco sono sufficientemente dotati di potassio scambiabile, mentre per il fosforo che facilmente va incontro a fenomeni di insolubilizzazione bisogna apportare quantitativi superiori alle asportazioni. Più complesso è invece l’approccio alla tecnica della concimazione azotata del tabacco Burley perché rappresenta ancor oggi in Campania  forse l’aspetto più critico della gestione della coltura. Infatti, gli apporti elevati che normalmente vengono distribuiti  alle piante, in aziende caratterizzate da suoli sciolti, sono da considerarsi negativi per l’effetto potenzialmente inquinante dell’ambiente. Nella pratica corrente a livello regionale, inoltre il tabacco non è inserito in ordinamenti colturali dinamici, vista l’elevata specializzazione della maggioranza delle aziende tabacchicole, con la conseguenza che tale coltura segue se stessa per molti anni. Infine, solo raramente sono presenti colture intercalari coprenti il terreno nei periodi critici per i fenomeni di lisciviazione (autunno-inverno), quindi in grado di intercettare i nitrati residui della coltura di tabacco.
Il tabacco Burley ha un notevole bisogno di azoto nei primi 40-45 giorni dal trapianto e, pertanto, occorre somministrarne 1/3 con questa operazione e i rimanenti 2/3 in copertura entro questi limiti temporali. Somministrazioni eccessive di azoto portano in pratica a:
– maggiore suscettibilità alle fitopatie;
– allungamento del ciclo vegetativo;
– ritardo nella maturazione delle foglie;
– difetti nella cura;
– costole biancastre, colore del lembo smorto, tessuto magro;
– scarsa combustibilità, gusto scadente e aroma disgustoso.
La concimazione azotata elevata influenza negativamente anche i parametri qualitativi intrinseci quali l’azoto totale, gli alcaloidi totali ed i nitrati. Il contenuto di azoto totale, pur essendo correlato con la forza del fumo e con l’attitudine alle miscele del tipo Burley, generalmente è ritenuto inversamente correlato con la qualità. Gli alcaloidi totali rappresentano la frazione più consistente del contenuto in azoto totale e sono considerati normalmente un costituente positivo dal punto di vista della qualità perché conferiscono forza al fumo. I nitrati, pur non partecipando alla formazione del gusto e dell’aroma del fumo, sono un elemento molto importante della qualità in quanto precursori delle nitrosammine che si formano durante la cura e la combustione del tabacco, riconosciute sostanze ad elevato potere cancerogeno. Praticamente inesistenti nel Bright, rappresentano fino al 2,5% della sostanza secca della lamina del Burley mentre nella costola essiccata possono superare anche il 10%.

Tecnica colturale
Prima della messa a dimora delle piantine è necessario il diserbo che può essere fatto con prodotti che prevedono l’interramento es. p.a. Napropamide o Benfluralin o senza interramento es. Pendimethalin. Il trapianto di piantine in buono stato fitosanitario è condizione indispensabile per l’esito finale della coltura di tabacco. Oggi le piantine sono prodotte in centri vivaistici  specializzati con la tecnica del float system ovvero semina in contenitori alveolari di polistirolo  posti in vasche contenenti soluzioni costituite da acqua più gli elementi nutritivi e i principi attivi per la difesa delle piantine. Questa tecnica  ormai ampiamente collaudata e diffusa consente di ottenere piantine uniformi e meno stressate nella fase di trapianto. Il trapianto, compatibilmente con le condizioni meteorologiche, si effettua  dal mese di aprile. Densità di trapianto di 36-40.000 piante/ha si sono dimostrate le più idonee a fornire rese soddisfacenti per quantità e qualità del tabacco.
La sarchiatura viene fatta qualche giorno dopo il trapianto per completare il lavoro del diserbo,  per arieggiare il terreno e ridurre le perdite di acqua per evaporazione. 
Per il tabacco Burley, l’irrigazione rappresenta un mezzo di produzione insostituibile per i suoi vistosi riflessi sulle rese quantitative e qualitative della coltivazione. Il calcolo dell’acqua da apportare al terreno varia in base alle caratteristiche del terreno quali la tessitura e la percentuale in volume dell’acqua utile. Per esempio, per un terreno argilloso-sabbioso e per una profondità di 60 cm da bagnare, quindi con circa il 9% in volume dell’acqua utile, il volume di adacquamento è di circa 540mc/ha per circa 10 interventi. Si stanno sempre più diffondendo gli impianti d’ irrigazione a goccia che consentono una migliore economia dell’acqua, nessun compattamento del terreno, minore dilavamento e nessuna erosione del terreno e si possono aggiungere all’acqua fertilizzanti in soluzione. Per il controllo delle avversità del tabacco è bene seguire quanto riportato per la coltura  nelle “Norme tecniche per la difesa fitosanitaria ed il diserbo integrato delle colture” della Regione Campania. Massima attenzione è posta per gli afidi in quanto anche una sola puntura di questi temibili insetti può infettare una pianta con  il virus del CMV o PVY, le cui conseguenze spesso sono devastanti per le coltivazioni (es. nel 1997 in Veneto ca. il 50% del raccolto andò perso in seguito ad attacchi di PVY ). Ad oggi non esistono per il tabacco Burley linee resistenti a queste virosi. La raccolta è manuale ed avviene in modo scalare man mano che le foglie giungono a maturazione che viene evidenziata da un viraggio del colore verso il giallo e dal parziale aumento dell’angolo di inserzione della foglia sullo stelo. Normalmente si effettuano 5 raccolte scalari e le foglie sono distinte in basali, prime mediane, mediane, sottoapicali ed apicali. E’ molto importante ai fini qualitativi che la foglia  venga raccolta al giusto grado di maturazione per avere poi un tessuto gentile di colore nocciola ed esente da difetti. Le foglie raccolte sono riunite in fasci e poste con la parte basale verso il terreno in luogo asciutto e ombreggiato, dove perdono l’eccesso di turgore per facilitare la successiva operazione di infilzatura che viene effettuata con infilzatrice meccanica (foto 2) utilizzando esclusivamente spago vegetale i cui residui sono biodegradabili. Le filze dal peso orientativo di ca. 5-6 kg  cadauna sono poste a curare in locali di cura costituiti da semplici apprestamenti  di legno o profilati di ferro (foto 3) coperti con teli di plastica ed ombreggiati con apposita rete.

Operazione di infilzatura meccanica
Foto 2 – Operazione di infilzatura meccanica (foto Eugenio Cozzolino)


Foto 3 – Locale di cura in metallo (foto Eugenio Cozzolino)

Cura
Il tabacco Burley tradizionale, indicato come tipo “Italia” per differenziarlo dal tipo americano che viene cimato e raccolto a pianta intera, appartiene al gruppo Light Air-cured e la difficoltà nella cura  risiede nella mancanza di strutture i cui due parametri, temperatura e umidità relativa dell’aria siano controllabili. I  locali di cura infatti sono dotati solo di aperture laterali che consentono una ventilazione naturale che regola entro certi limiti la temperatura interna e l’umidità. Spesso i locali sono affiancati in modo troppo stretto, con la conseguenza di ristagni di umidità per mancanza di ventilazione naturale. Tuttavia il particolare ambiente climatico di buona parte delle zone tabacchicole campane, caratterizzato normalmente da alta umidità relativa dell’aria nei mesi di luglio-agosto, rende possibile la cura del Burley anche con le suddette strutture rustiche.  La parola “cura” riassume un complesso di trasformazioni di ordine biologico, chimico e fisico che la foglia deve subire per trasformarsi dallo stato fresco, acquoso, in materia prima industriale. Punto essenziale della cura del Burley è la morte lenta delle foglie per permettere un processo corretto. E’ indispensabile quindi che le cellule conservino una certa quantità di acqua per consentire la conversione dell’amido in zuccheri che poi saranno ossidati e la trasformazione di parte delle proteine in amminoacidi. Un processo di cura troppo rapido condurrà alla produzione di tabacco con colore giallo o verde e con aroma e gusto inidonei. La cura passa per le seguenti fasi:
Ingiallimento della lamina: in questa fase la foglia si mantiene viva con le riserve in essa accumulate. Sono demoliti zuccheri ed acidi organici e si verificano cambiamenti del colore. Si ha una perdita del peso di ca il 50% e  dura da 7 a 10-12 giorni.
Ammarronamento e prosciugamento della lamina: dopo l’ingiallimento completo non avvengono più nella foglia fenomeni vitali, quali la traspirazione e la respirazione, bensì fenomeni di natura puramente chimica e fisica. In particolare ossidazioni (colore giallo verso il marrone) e l’evaporazione dell’acqua. In questa fase si ha un ulteriore perdita di peso del 30-40%.
Essiccamento della costola: per la sua particolare costituzione legnosa, perde acqua con difficoltà. E’ favorita da elevata temperatura e bassa umidità relativa.
La cura del tabacco dura dai 20-25 giorni delle foglie basali fino ai 40-50 giorni per le foglie apicali, essendo influenzata, oltre che dalla sostanziosità e grado di maturità della foglia, dall’andamento stagionale e dal tipo del locale di cura.
Il tabacco curato è ammassato in locali asciutti e ben arieggiati. La formazione di masse di tabacco secco separate per corone fogliari, si traduce in un miglioramento del colore e dell’odore.
Nel periodo autunnale, quando le condizioni igrometriche sono idonee alla manipolazione del tabacco,  il prodotto in filze viene sfilzato e viene effettuata la cernita per palchi fogliari e si formano i ballotti da consegnare all’industria di prima trasformazione del tabacco. Al momento della consegna il prodotto è valutato e classificato in base a parametri stabiliti da norme di classificazione internazionali.

Caratteristiche merceologiche
Il tabacco Burley “Italia”, è un prodotto apprezzato dai manifatturieri di tutto il  mondo per alcune caratteristiche peculiari quali la gentilezza del tessuto, il gusto neutro e il modesto contenuto in alcaloidi che ne fanno un prodotto insostituibile come “filler” nelle sigarette american-blend.

Alcune considerazioni
Le difficoltà con cui si è raggiunto l’accordo tra i paesi membri dell’ U.E. in data 22 aprile 2004 per la riforma OCM tabacco  dimostrano come i tabacchicoltori devono  confrontarsi con un diverso sistema di mercato sempre meno tutelato. Alla luce di questa delicata situazione, compito dei tabacchicoltori dovrà essere il perseguimento sistematico di elevati standard qualitativi ottenibili non solo attraverso precise tecniche agronomiche ma anche salvaguardando la tipicità dei prodotti  attingendo da un ampio e diversificato patrimonio varietale certificato e, soprattutto, ponendo particolare attenzione nelle fasi successive alla raccolta, quali la cura, la cernita, e l’allestimento del prodotto.  
Al fine di migliorare e tutelare la produzione di tabacco Burley, bisogna, come riportato dal D.M. del 30-01-2006 in materia di “Disposizioni per l’attuazione della riforma della politica comune, nel settore del tabacco”, creare delle linee guida di buona pratica agricola per la produzione di tabacco in Italia. In Campania queste direttive potrebbero essere recepite strutturando una filiera per la  salvaguardia della tipicità del tabacco Burley casertano. Il primo passo dovrebbe essere  l’applicazione del disciplinare di  produzione e cura che, associato al disciplinare di difesa integrata, rappresenta l’insieme di misure  che il produttore deve  seguire  sia per ottenere produzioni con un più elevato standard qualitativo sia per conseguire un basso impatto ambientale attraverso  il razionale utilizzo e la riduzione dei prodotti fitosanitari. Ai fini dell’applicazione del disciplinare di produzione e cura del tabacco, le zone di produzione vocate per l’ottenimento di un buon tabacco Burley, dovrebbero essere divise in aree omogenee per caratteristiche agro ambientali. Il disciplinare dovrebbe indicare per ogni singola area le varietà idonee, le modalità di coltivazione, in particolar modo la densità di trapianto e la tecnica di fertilizzazione più adatta specialmente per quanto riguarda l’elemento azoto ed il carico ottimale di filze  per i locali di  cura. Tutto questo dovrebbe contribuire a certificare le diverse fasi  produttive della filiera di questa importante coltura.
I dati pubblicati relativi al progetto di ricerca “Uso alternativo e studio della mutagenicità del tabacco” del CRA-CAT di Scafati, aumentano il valore aggiunto di questo prodotto perché gli studi hanno messo in evidenza che i tabacchi tradizionali italiani (Burley  e Bright di tipo neutro)  presentano una minore biotossicità, riconducibile alla minore potenzialità oncogena del fumo. Sperimentalmente è stato accertato che  sigarette confezionate solo con questi tipi di tabacco risulterebbero meno dannose per il fumatore.

Bibliografia consultata
– AA.VV., 2003.  Il Tabacco, 11:13-18;
– Beuchat A.,  Covarelli G., 1990. Il Tabacco. Edizioni Agricole, Bologna, pp272.
– Caroselli M., 1986. Il tabacco Burley in Campania. ATI Spa, pp77.
– Baldoni R., Giardini L., 1989. Coltivazioni erbacee. Patron Editore, Bologna, pp1069.
– Rossi U., 1937. I tabacchi greggi italiani. Ente Nazionale per il Tabacco, Roma, pp127.
– Manuali n.60, 2003. Guida alla concimazione. Assessorato all’Agricoltura-SeSIRCA, Regione Campania, pp32.

Eugenio Cozzolino, laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II” e abilitato all’esercizio della libera professione di Agronomo, lavora presso il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura-Unità di ricerca per le alternative al Tabacco. Curriculum vitae >>>

 

Stop alla Dipendenza dal Fumo

Stop alla Dipendenza dal Fumo
Come uscire dolcemente dalla trappola delle sigarette
Franco Riboldi – De Vecchi Edizioni – 2008

Chi vuole smettere di fumare ha bisogno di indicazioni concrete, di convinzione e di determinazione, di incoraggiamento e di fiducia. 
Acquista online

image_pdfimage_print

Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •