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di Riccardo Fortina

 Mora Romagnola
Mora Romagnola (foto Alessio Zanon)

Numerose fonti bibliografiche riportano che agli inizi del ‘900, in Italia erano allevate più di 20 razze suine autoctone oltre a un numero imprecisato (da 6 a 10) di sottorazze e “varietà”, che si differenziavano prevalentemente per i diversi sistemi di allevamento (Giuliani, 1940). In Nord Italia, dove già allora la suinicoltura svolgeva un ruolo economico fondamentale sia a livello locale che nazionale, le razze locali più diffuse erano la Mora Romagnola, la Modenese e la Nera di Parma. La progressiva e rapida sostituzione con razze di diversa origine è già documentata negli anni ’50. A quell’epoca, più di metà dei capi allevati dal Piemonte al Friuli era costituito da Yorkshire inglesi; la Mora Romagnola rappresentava il 10,6% del totale allevato (circa 22000 capi), la Modenese il 6,9% (ma già allora era scomparsa la vecchia sottorazza Modenese Rossa) e la Nera Parmigiana il 5,5%. Altre razze locali, come la Garlasco (Novara e Pavia), la Cavourese (Pinerolo e Cavour), la Bergamasca o Valtellinese e la Friulana Nera erano già estinte o prossime all’estinzione (Tonini, 1949; 1953).  La contrazione numerica della Mora Romagnola, iniziata anni prima con l’importazione di capi di razza Yorkshire, subisce una drastica accelerazione con la diffusione del Large White e di altre razze del Nord Europa. Nel 1998 è ridotta allo stato di reliquia, con soli 12 capi allevati da Mario Lazzari, nei pressi di Faenza. Da allora, grazie a un iniziale contributo del WWF e a un programma di salvaguardia del Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino, il numero di capi è progressivamente aumentato sino a giungere all’attuale diffusione territoriale e consistenza (oltre 600 animali allevati in purezza). La Mora Romagnola è stata a lungo allevata sia in purezza che per la produzione dell’ibrido “Fumato”, il nome deriva dal colore grigiastro degli adulti, L’origine del Fumato viene fatta risalire al 1886, quando un verro di razza Yorkshire ha “accidentalmente” fecondato alcune scrofe di Mora Romagnola al pascolo (Ballardini, 1910). Questi animali, che dimostrano una buona velocità di accrescimento e una qualità della carne molto gradita dai consumatori, si sono diffusi inizialmente in gran parte della provincia di Ravenna e, successivamente, nelle province limitrofe. I dati disponibili evidenziano la rapidità di accrescimento dei Fumati che in soli 12 mesi raggiungevano i 180 kg di peso, anche se spesso venivano allevati per 2 o più anni fino a raggiungere o superare i 300 kg di peso vivo. Per il resto i dati produttivi disponibili sono molto scarsi; Tonini (1953) riporta un indice di conversione degli alimenti (ICA) di 7-8 durante il finissaggio, senza però specificare il tipo di allevamento e di alimentazione; la resa al macello di animali di 250 kg di peso si aggirava intorno al 90%; la coscia incideva per l’11,3%; il lardo e pancetta per il 39,4%; le ossa per il 4,8% e la testa per il 3,3%. Non sono stati trovati dati sulle caratteristiche chimiche e organolettiche della carne.
Nell’ambito del programma di recupero della razza Mora Romagnola, iniziato nel 1998 dal Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino, le prime ricerche hanno appurato le principali performance produttive degli animali allevati al chiuso o in plein air con diversi regimi alimentari, nonché alcune caratteristiche qualitative e tecnologiche della carne e del grasso (Fortina e coll., 2001; Tassone e Fortina, 2003).
Le strategie adottate nell’ambito del programma di salvaguardia di questa razza (che, nonostante gli sforzi sinora compiuti, non si può dire essere del tutto fuori pericolo di estinzione)  includono anche la produzione e la valutazione dei Fumati, ibridi ottenuti con verri Large White. La conservazione di una razza è infatti facilitata nel caso in cui essa presenti caratteristiche interessanti sia dal punto di vista zootecnico (performance produttive, qualità dei prodotti ottenuti, etc.) che scientifico (particolari caratteristiche genetiche, impiego come razza per la produzione di ibridi, etc.), tali da giustificarne l’economicità dell’allevamento. Queste informazioni sono oggi relativamente abbondanti nel caso della Mora Romagnola, ma pressoché assenti per gli ibridi Fumati; i pochi dati bibliografici disponibili non permettono di valutare la variabilità delle loro performance zootecniche e della qualità della carne e del grasso al variare delle condizioni di allevamento e di alimentazione. Per questo motivo, e sollecitati dalle richieste di alcuni allevatori di Mora Romagnola e di Fumati (che oggi ricorrono a strutture di allevamento e a piani alimentari molto diversi con risultati spesso assai variabili), è stata impostata una prova confronto tra capi di Mora Romagnola e di Fumati ponendo particolare attenzione all’alimentazione. Agli animali, allevati al chiuso in condizioni controllate, sono state somministrate razioni ad elevato contenuto energetico e proteico, comunemente utilizzate nel razionamento dei moderni ibridi commerciali e formulate ricorrendo ad alimenti di facile reperibilità e basso costo. I risultati ottenuti hanno consentito, nel caso della Mora Romagnola, di approfondire alcune conoscenze già acquisite in precedenza dal Dipartimento di Scienze Zootecniche e, nel caso dei Fumati, di ottenere una prima base di informazioni suscettibile di futuri approfondimenti.
A 15 capi di Mora Romagnola (peso iniziale: 62 kg) e 9 capi di “Fumati” (Larghe White x Mora Romagnola; peso iniziale: 82 kg), è stata somministrata una razione ad elevato contenuto energetico (ED > 14 MJ/kg) e proteico (PG da 17,2% fino a 100 kg PV, e 15,5% fino alla macellazione). Sono confrontate le performance zootecniche, le rese alla macellazione (avvenuta a circa 160 kg) e la qualità della carne e del lardo dei due tipi genetici . I Fumati hanno raggiunto il peso finale con circa 2 mesi di anticipo rispetto alla Mora Romagnola, manifestando migliori incrementi ponderali giornalieri (IPG) ed indici di conversione (ICA). Alla macellazione le rese sono risultate simili nei due tipi genetici, ma la Mora Romagnola ha confermato una elevata predisposizione all’ingrassamento con percentuali di tagli grassi e spessore del lardo dorsale significativamente più elevati rispetto agli ibridi. Non sono state osservate importanti differenze nella composizione acidica del grasso, mentre il colore della carne è risultato sempre più chiaro nei Fumati. Viene riportata una anomalia della carne di Mora Romagnola (scarsa glicolisi post mortem con valori di pH elevati anche a 24 ore dalla macellazione) assente nei Fumati, ma non attribuibile all’alimentazione, ricca di carboidrati e proteine. I risultati confermano alcune caratteristiche già note della Mora Romagnola; i Fumati, quando sono alimentati con razioni molto energetiche e proteiche, simili a quelle formulate per gli ibridi commerciali, manifestano interessanti performance, rese e caratteristiche della carne e del grasso che potrebbero essere sfruttate economicamente in modo vantaggioso.

Mora Romagnola
Suini di razza Mora Romagnola del Sig. Lazzari, “salvatore” della razza

Bibliografia disponibile presso l’Autore

Riccardo Fortina – Professore Associato al Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino, docente di alimentazione e nutrizione. Fondatore e Presidente di “RARE” (www.associazionerare.it), associazione italiana per la tutela delle razze autoctone a rischio di estinzione, e chairman della fondazione europea “SAVE Foundation” per la salvaguardia delle varietà e delle razze europee.

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