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di Beatrice Lepri

I Cavalli del Cielo
Il cavallo pezzato, oggi noto come Appaloosa, è esistito molto prima della storia scritta ed è forse una delle più antiche razze riconoscibili. Cavalli con mantello pezzato erano illustrati sulle pareti delle grotte in Francia databili al 18.000 a.C. circa e su statue e ceramiche dell’antica Cina. I preistorici scalfivano con la loro immagine le pareti delle grotte; gli antichi cinesi li chiamavano “Cavalli del Cielo”; il più famoso eroe della mitologia persiana, Rustam, protagonista dello Shah Namah, il libro dei re, ne montava uno, il potente Rakush. Sono i cavalli a spot, compagni dell’uomo in guerre sante e profane di tutti i tempi e in tutto il mondo. Antichissime raffigurazioni testimoniano come questo tipo di mantello sia sempre stato considerato assai pregiato e appannaggio di re, aristocratici e alti prelati. Gli Appaloosa ante litteram sono stati miniati da pazienti frati pochi anni dopo la nascita di Cristo e riprodotti su arazzi e affreschi di chiese e palazzi nobiliari nel Medioevo nord-europeo. Le settecentesche immagini di soggetti da alta scuola contano un numero di macchiettati molto indicativo. Poi, con il 1800, la storia di questa razza, o di questo mantello, si sposta nel Nuovo Continente.

Progenitori americani
Apprezzato e sottoposto ad uno specifico allevamento selettivo, è stato sviluppato sino a dare origine, a partire dal 1.600, una razza elegante, dalla conformazione slanciata e con il mantello dalle caratteristiche brillanti.
Si ritiene che il cavallo pezzato sia stato importato nel Messico, per poi diffondersi verso Nord attraverso l’America e, all’inizio del 1.700, venire adottato dagli Indiani Nez Percé (nasi forati) della costa nord occidentale del Pacifico.
Grazie alle pratiche d’allevamento selettivo i Nez Percé riuscirono a far evolvere i loro cavalli in superbi animali, dotati d’intelligenza, coraggio, velocità e vigore. Non ci volle molto perché fossero chiamati con il loro nome moderno, Appaloosa.
I progenitori dei moderni Appaloosa arrivarono nelle Americhe al seguito dei conquistadores, come tutti i cavalli d’Oltreoceano. Sangue berbero, arabo e andaluso scorre quindi nelle loro vene. Gli indiani Nez Percé, i Nasi Forati, che ne furono i primi allevatori, vivevano di pesca in un territorio ricco d’acqua e molto fertile, sul fiume Palouse. Da qui  “a Palouse horse” (“un cavallo palouse”), così chiamati perché se ne potevano vedere molti lungo il fiume Palouse. Agevolati dal benessere, i Nez Percè, divennero un gruppo molto particolare tra i nativi di allora, civili e illuminati. E furono gli unici, tra tutti gli indiani e i coloni, a concepire l’allevamento del cavallo (che a loro, sedentari e pescatori, nonché assolutamente pacifici, non serviva affatto) come un puro optional. Fu questo il segreto del loro successo: vendevano sistematicamente i soggetti di minor pregio e riinsanguavano di continuo con nuove mandrie acquistate nel sud. Selezionarono un cavallo forte, incredibilmente resistente sulle distanze, dal carattere docile, dall’equilibrio psicologico assoluto e dai colori stupendi, conosciuto e ammirato in tutto l’Ovest e ad Est fino al Dakota. La “Mandria” era il loro orgoglio, e fu in parte motivo della loro rovina.
Verso la metà del secolo scorso, i rapporti dei Nez Percé con i bianchi, che erano sempre stati più che buoni, si deteriorarono. Improvvisamente, per il miraggio d’alcuni giacimenti segnalati nel territorio della tribù, l’esercito fu messo alle calcagna dei Nasi Forati, il cui capo era allora Heinmot Tooyalaket, per i soldati blu, Chief Joseph. Fu loro intimato di spostarsi in tempi brevissimi nella riserva di Fort Lapwai. Per rispettare la richiesta la tribù avrebbe dovuto attraversare le acque tumultuose dello Snake River in piena primaverile: qualunque altra strada sarebbe stata troppo lunga.

La fine dei Nez Percé
Gli Appaloosa più forti trainarono controcorrente le zattere cariche di suppellettili, bambini e anziani. Poi fu la volta della mandria: solo gli animali più forti sopravvissero al pericoloso guado e la perdita dei puledri e di molte femmine, che i Nez Percé consideravano il loro bene più prezioso, aumentò l’odio per i visi pallidi a dismisura. Durante il tragitto verso la riserva alcuni giovani della tribù finirono per perdere la testa e uccisero a casaccio alcuni coloni. Non vi era più scelta: bisognava fuggire o la rappresaglia dell’uomo bianco sarebbe stata terrificante. Così, dalle rive del lago Tolo, prende il via la mitica e famosissima fuga di Capo Giuseppe e dei suoi, trasformatisi in un attimo da pacifici pescatori in uno dei più grandi strateghi indiani di tutti i tempi e nei suoi indomiti guerrieri. Percorsero in tappe forzate 2.500 chilometri, cercando di raggiungere il confine del Canada. I granitici Appaloosa tennero testa senza cedimenti ai cavalli dei soldati, sempre freschi perché cambiati ad ogni stazione di posta, dal giugno all’ottobre 1877. Durante la corsa disperata sei furono gli scontri tra indiani ed esercito, e sei le sconfitte di quest’ultimo. Ma fu proprio la mandria, che insieme alla presenza di vecchi e bambini rallentava la marcia, a decretare alla fine la sconfitta, quando sulle colline del Bearpaw, a poche miglia dalla meta, i Nez Percé furono raggiunti da un numero enorme di soldati e alla fine cedettero. Ma non prima che White Bird ed alcuni dei Nez Percé fuggissero in Canada con i cavalli Appaloosa.
Molte persone avevano udito raccontare come i cavalli pezzati aiutarono i Nez Percé nella loro fuga e ciò generò una domanda di questi animali. Molti furono venduti agli uomini bianchi, che li allevarono indiscriminatamente soltanto per riprodurre il gradevole disegno del mantello. La fine razza Appaloosa era quasi distrutta. Ciononostante, le caratteristiche che i Nez Percé avevano così accuratamente infuso in essa attraverso la loro selezione sono forti e sono sopravvissute.
Tentativi di riportare gli Appaloosa alla loro originaria grandezza sono stati condotti sia negli Stati Uniti che nel Canada. Sono quindi stati ricercati singoli esemplari che presentassero le caratteristiche desiderate e sono stati avviati programmi riproduttivi che avrebbero permesso agli Appaloosa di tornare. L’Appaloosa Horse Club del Canada (ApHCC) è stato fondato nel 1954.
Oggi è una forte organizzazione che fornisce programmi per tutti gli appassionati dei cavalli di questa razza e tiene il loro registro ufficiale in Canada secondo le modalità riconosciute dall’Animal Pedigree Act.
Questa è la norma ufficiale del governo canadese che consente agli allevatori d’equini di qualsiasi Paese del mondo di sapere istantaneamente che un cavallo Appaloosa canadese registrato è stato sottoposto a rigorose verifiche d’iscrizione per provarne la discendenza e gli attributi fisici e genetici qualificanti.
L’ApHCC è totalmente riconosciuto dalla legge federale canadese attraverso l’Animal Pedigree Act.
Grazie a questa norma l’ApHCC ha adottato un’opzione di pedigree nota come “status di razza in evoluzione”.
Ciò consente agli allevatori d’Appaloosa di incrociare i loro cavalli con razze accettabili “riconosciute “, come il Quarter horse ed il purosangue, nonché con gli equini iscritti all’US ApHC. Questi incroci sono indicati sul pedigree ufficiale con una lettera “F “.
Un “F1” è il primo incrocio d’Appaloosa, un “F2” è il secondo incrocio d’Appaloosa, e così via.
In Canada hanno raggiunto il livello di purezza del pedigree sufficiente perché l’ApHCC lanci sul registro la divisione di “razza separata “.
Ciò significa che l’ApHCC rilascerà certificati di registrazione degli Appaloosa – sottoscritti dal governo federale del Canada – per gli esemplari puri di questa razza. Questo sarà il primo registro degli Appaloosa di razza pura al mondo.
Di conseguenza, nell’ambito dell’ApHC un allevatore può incrociare il proprio Appaloosa registrato ApHC con un arabo, un Quarter horse o un purosangue e poi registrare come Appaloosa il puledro così ottenuto, ma non potrà iscrivere allo stesso modo quello nato dall’incrocio di un cavallo Appaloosa ApHC (americano) con un ApHCC (canadese).

Caratteristiche della Razza
Nel 1938 si ricostruì un ceppo ben selezionato e si riprese un allevamento serio con la creazione di un libro genealogico di questa razza con l’istituzione dell’Appaloosa Horse Club of America, e nel 1988 è nato l’Appaloosa Horse Club of Canadian, che ultimamente ha ottenuto il diritto di rilasciare certificati “canadesi” per Appaloosa Canadesi, ed ha rules non riconosciute dal ApHC.
L’Appaloosa è un animale duttile può essere impiegato in varie attività sportive: trekking, concorsi o lavoro con animali.
Caratteristiche dell’Appaloosa sono: altezza superiore a 147 cm, testa dritta e magra, con iride circondata di bianco, spalla lunga e inclinata, maggese definito, zoccoli striati di bianco e nero, criniera e coda con crine rado, movimenti fluidi e veloci.
I caratteristici disegni del mantello degli Appaloosa fanno sì che questa sia la più facilmente riconoscibile fra tutte le razze equine.
Il mantello, che per ogni esemplare è diverso come impronte digitali, ha otto disegni fondamentali, non sono ammessi però grigio e pinto. (I cavalli Appaloosa sono facilmente identificabili e non ne esistono due esattamente uguali.)
Il colore stereotipato di questa razza prevede un corpo scuro con una coperta a macchie bianche sulla regione lombare e sulle anche. I quadri del mantello variano dal “fiocco di neve” – corpo più scuro con picchiettature più chiare al “leopardo ” – con corpo bianco totalmente coperto di macchie scure.
Si definisco quindi:
1) coperta macchiata: mantello unito di vari colori (baio, sauro, morello, palomino ecc.) con groppa “macchiata”, ovvero ricoperta di macchie di color bianco su mantelli scuri o neri su mantelli chiari;
2) coperta bianca: mantello unito di vari colori, con groppa di un’altro colore, ma uniforme;
3) marezzato: quando è macchiato di molti colori;
4) leopardato: mantello bianco e macchie ovali e scure sparse per tutto il corpo;

 Mantelli dell'Appaloosa
Mantelli dell’Appaloosa

5) semi leopardato;
6) poche macchie;
7) fiocco di neve: le macchie sono in prevalenza sulle cosce;
8) brina: mantello scuro e macchie bianche.

Mantelli dell'Appaloosa
Mantelli dell’Appaloosa 

Gli animali di questa razza condividono tre caratteristiche: cute chiazzata o lentigginosa, soprattutto intorno al muso, agli occhi ed ai genitali, zoccoli con strie verticali chiare e scure ben definite, una caratteristica che conferisce una durata eccezionale agli zoccoli, ed occhi con sclera bianca che circonda l’iride, in modo molto simile a quanto avviene nell’’uomo.

Muso, zoccoli e occhi 

L’Appaloosa è un compagno variopinto e volenteroso, nonché un superbo atleta.
L’Appaloosa del Canada può essere un cavallo di qualità, capace di soddisfare qualsiasi esigenza in campo equino. Come nella maggior parte delle razze leggere, al suo interno si distinguono linee di sangue o famiglie che sono diventate specializzate.
Queste linee di sangue mostrano una predisposizione a caratteri fisici e comportamentali specificamente desiderati. Ad esempio, alcune sono rinomate per la loro velocità nella corsa e nelle competizioni di gimkana, altre mostrano un eccezionale “senso del bovino” per le competizioni di cutting, working cowhorse e roping; altri sono saltatori o cavalli da dressage o reiners.

Beatrice Lepri, laureata in Scienze delle Produzioni Animali all’Universita’ di Pisa, vanta quasi due lustri di esperienze maturate presso l’Associazione Italiana Quarter Horse. E’ anche allevatrice di cavalli. Continua >>>

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