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La viticoltura a Miradolo Terme sulle morene alluvionali dei Colli Banini potrebbe avere il merito dello champagne

Di C.Maurizio Scotti.

In terreni calcarei e in quelli sabbiosi (ricchi di carbonati salmastri) di origine alluvionale o di deriva fluviale, la coltivazione della vite necessita di diversi interventi atti al mantenimento del fondo immediatamente prossimo al nutrimento della radice, quello che serve prima di tutto alla progressiva maturazione produttiva del vitigno e alla continuità vegetativa (oltre i 20 anni). Principalmente, questi interventi consistono nel coadiuvare la fertilità del terreno con emulsioni azoto-attive (granuli) o con l’azione di piante azotofissatrici invasive.

A Miradolo Terme, provincia di Pavia ai limiti di quella di Lodi, ma anche vicinissima al Piacentino (Ortrugo), la terra a coltura vitata è poco elevata e il sottosuolo è a predominanza alluvionale, lo stasso che caratterizza i circa 20 kmq dei Colli Banini. Qui, l’addizionale naturale alla viticoltura, usato empiricamente quale pianta azotofissatrice, da secoli, è il pisello proteico, coltivato allo scopo tra i filari a pergola e le filere alla francese vitate a 60-70 cm per piede. Il pisello proteico è una pianta dallo sbocco primaverile e a semina autunnale, quasi in autocrescita come l’erba medica (di cui è specie), che rilascia azoto nutriente, solitamente in sali di solfato e idrato che vengono assorbiti alla radice di erboree limitrofe sotto forme di nutrienti complessi oppure espansi mediante l’azione della linfa anidra a fertilizzanti a tutto campo. Questa azione radicale del pisello permette l’assorbimento di azoto molecolare da parte della pianta e la sua fertilità fruttifera. Non solo, l’azoto assorbito in quantità rilevante consente lo sviluppo di zuccheri complessi nel grappolo e si predispone ad un fermentazione alcoolica veloce nel contesto della maturazione in sede di raccolta e pigiatura delle uve. A Miradolo, così come in tutto il contesto dei Colli Banini, non nascono vini di valore superiore (anche per mancanza di vitigni adeguati), bensì si ottengono ottimi mosti adatti alla fermentazione rapida in bianco e poi moderatamente rilassata su rossi sforzati, tipica degli champagne, anche se in questo lembo rialzato della Pianura Padana non c’è una chiara e moderna cultura vitivinicola, adatta alla valorizzazione commerciale di un prodotto in un qualche modo simile al più prestigioso degli spumanti a metodo classico. Eppure la zona, abbondantemente salina (simile alla Mosella), sufficientemente umida e nebbiosa (come la Marna), ne riserverebbe un ampio e diligentemente programmato progetto.

colli banini pisello proteico vite uva champagne

Autore: C.Maurizio Scotti.
06/03/2017.

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