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Una vasta letteratura scientifica consente affermare ormai che le piante geneticamente modificate e i prodotti sviluppati e commercializzati fino ad oggi, secondo le usuali procedure di valutazione del rischio, non hanno presentato alcuna minaccia per la salute umana, per l’ambiente o la biodiversità. Anzi, l’uso di una tecnologia più precisa e le più accurate valutazioni in fase di regolamentazione rendono probabilmente queste piante e questi prodotti ancora più sicuri di quelli convenzionali. Ulteriori studi hanno dimostrato, inoltre, che è possibile coltivare piante geneticamente modificate vicino a quelle convenzionali e biologiche ricorrendo alle normali pratiche agricole, senza minacciare la biodiversità. Così Società Italiana di Tossicologia (SITOX) e Accademia Nazionale di Agricoltura (ANA) commentano il dibattito che in questi in giorni è seguito alla pubblicazione della ricerca sul mais geneticamente modificato a cura di Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa.

La mole di dati raccolti ed esaminati dalla letteratura scientifica ad oggi in tema di organismi geneticamente modificati (OGM) consente ormai ampiamente di rassicurare sui rischi per la salute, per l’ambiente e la biodiversità. Quanto riportato recentemente dallo studio di Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa rafforza le evidenze di una lunga tradizione bibliografica che va in questo senso. Già la Società Italiana di Tossicologia (SITOX) e l’Accademia Nazionale di Agricoltura (ANA), con 21 Società scientifiche, ha studiato i temi della sicurezza delle biotecnologie per l’uomo e per l’ambiente, nonché della coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e geneticamente modificate, risultando sottoscrivente assieme alle stesse Società di due documenti1 che rappresentano il parere di oltre 10.000 ricercatori italiani2. Le considerazioni degli esperti affermano collegialmente che:

  • Da quando l’uomo si è trasformato da cacciatore e raccoglitore in allevatore e agricoltore, ha domesticato animali e piante modificandone anche consapevolmente il patrimonio genetico. Pertanto, le piante attualmente coltivate e gli animali di allevamento sono per la maggior parte, di fatto, organismi geneticamente modificati (OGM).
  • Gli OGM sono regolati da un quadro normativo che non ha eguali nel campo alimentare e pertanto risultano essere più controllati di qualunque altro prodotto alimentare. Tutte le analisi per la valutazione della sicurezza alimentare inoltre devono essere effettuate prima della loro immissione sul mercato.
  • Risulta opportuno concentrare l’analisi non tanto sulla tecnologia con cui vengono prodotte queste piante, ma piuttosto sui caratteri genetici inseriti, seguendo un approccio caso per caso.
  • Gli OGM oggi in commercio, avendo con successo superato tutte le analisi e l’iter necessario all’autorizzazione, sono da ritenersi, sulla base delle conoscenze attuali, sicuri sia per l’uso alimentare umano che animale.
  • Andrebbe abbandonato l’atteggiamento manicheo “pro” o “anti” OGM intesi nel loro insieme, a favore di un consenso razionale perché informato sul processo e sui prodotti derivanti.
  • È possibile coltivare piante geneticamente modificate vicino a quelle convenzionali e biologiche ricorrendo alle normali pratiche agricole. Secondo gli studi effettuati nei principali Paesi europei, sono sufficienti 25-40 metri di distanza tra campi di mais geneticamente modificato, tradizionale e biologico per mantenere un livello di mescolanza inferiore alla soglia dello 0,9% stabilita dalle normative Ue.

Queste conclusioni consentono di affermare che le ricerche dimostrano come le piante geneticamente modificate e i prodotti sviluppati e commercializzati fino ad oggi, secondo le usuali procedure di valutazione del rischio, non hanno presentato alcun rischio per la salute umana, per l’ambiente o la biodiversità. Anzi, l’uso di una tecnologia più precisa e le più accurate valutazioni in fase di regolamentazione rendono probabilmente queste piante e questi prodotti ancora più sicuri di quelli convenzionali.

agricoltura farmers americani

Fonte: Ufficio Stampa Società Italiana di Tossicologia e Società Italiana di Farmacologia; Accademia Nazionale di Agricoltura.
20/02/2018

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