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di C.Maurizio Scotti

Letta la prima parte pubblicata pochi giorni or sono, andiamo avanti con la riflessione. Le proteste di Accumoli (RI) fanno capire che oltre le promesse servono i fatti. Il terremoto è un evento catastrofico e imprevedibile; la politica è invece fin troppo prevedibile, come l’inverno sui Monti Sibillini e sull’Appennino Umbro-Marchigiano. Volendo davvero che la gente restasse nelle strutture erette tra Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Visso, Norcia, Ussita e gli altri centri colpiti dalle scosse telluriche del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre 2016, occorreva dare qualcosa in più della speranza di una ricostruzione per causa di cose lunga e difficile. Occorreva dare segnali concreti di “possibilità di vita”, partendo da quello economico, legato a tutta forza all’agroalimentare e all’allevamento, con gusti e tradizioni uniche per qualità. Alla gente di queste splendide località, arroccate sui pendii ai vertici di strette vallate tra il Nera e il Tronto, occorreva dare subito il motivo di ripresa: stalle per il bestiame e casette prefabbricate, che da subito servivano più delle scuole. Se mamma e babbo non hanno motivi a resistere e restare, a cosa servono le aule? Rimangono vuote e altre, magari in località di mare o nei pressi del Trasimeno, si riempiono fin troppo. Occorreva, ma vuoi perché un governo ha cambiato premier, vuoi perché i soldi mancano, vuoi perché occorre fare appalti, vuoi perché poi ci sono il commissario e i sotto commissari, le province e le regioni, compresi i furbi e gli intrallazzatori, alla resa dei conti dell’inverno rigido e nevoso i motivi si sono ridotti ad un numero frazionario. La protesta è “gentile”, morbida, ma persino il pensiero dei tanti soldi raccolti con la generosità degli italiani fa aggiungere qualche cattiveria alla proverbiale tempra dei contadini, degli allevatori, dei norcinari, delle decine di ristoratori che forse non hanno mai cucinato un pezzo di carne che non fosse nato, allevato e macellato a più di 10 km di distanza dalla loro trattoria. Altro che etichettatura obbligatoria d’origine a tutela del consumatore: è un simbolo assoluto del Made in Italy che è stato trascurato. Un simbolo che vale una bella fetta del Pil, ma che per essere presente deve restare “vivo” lì dov’è nato e dove simboleggia il suo marchio di fabbrica.

neve gelo centro italia abruzzo danni agricoltura gennaio 2017 inverno

17/01/2017.

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