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Michele Dallapiccola, nato a Trento nel 1968, risiede a Civezzano (TN) fin dalla nascita.  Figlio di allevatori di ovini, dottore in Medicina veterinaria, ha conseguito la laurea nella SSI del ‘92, presso l’Università degli Studi di Bologna. Ha svolto l’attività di medico veterinario in uno studio privato per piccoli animali, ma soprattutto seguendo delle aziende bovinicole in Valsugana dove si è occupato prevalentemente di ipofertilità e ginecologia. Sindaco di Civezzano dal 2000, eletto in Consiglio provinciale di Trento nel 2008, è stato riconfermato nel 2013 quando ha assunto l’incarico di Assessore provinciale al turismo, promozione territoriale, agricoltura, foreste, caccia e pesca.

assessore provincia trento agricoltura
Michele Dallapiccola

Abbiamo posto alcune domande a Michele Dallapiccola, da quasi tre anni Assessore all’Agricoltura della Provincia Autonoma di Trento.

In Trentino, da alcuni anni, le competenze che riguardano turismo ed agricoltura, due settori strategici, sono svolte da un unico assessorato. Quali i principali vantaggi?
Ritengo che un unico assessorato, appare più che mai opportuno, soprattutto in un provincia come la nostra, dove è necessaria sempre più, una maggiore integrazione tra turismo e agricoltura
Agricoltura e turismo sono due settori che interagiscono e che attraverso il loro sviluppo positivo, portano per le nostre comunità un valore aggiunto a livello di conservazione ambientale e produzione di reddito e parallelamente, possono essere strategici per la crescita anche di altri comparti economici.
I due settori sono sempre più strettamente connessi, costituendo il primo, un importante mercato di sbocco, un’opportunità di diversificazione multifunzionale delle aziende agricole ed una fonte ineguagliabile di immagine per il secondo. L’agricoltura è quindi, una componente fondamentale della proposta turistica del nostro territorio, intimamente legata ai valori identitari. Ad esempio, coniugare l’agricoltura di montagna e i sui prodotti con l’economia turistica in un processo a Km 0, può rappresentare la giusta valorizzazione delle nostre eccellenze agroalimentari ed in molti casi la sopravvivenza delle nostre aziende agricole. Consideriamo poi la grande opportunità di poter indirizzare una grande azienda di promozione come la Trentino Marketing che già di per se promuove il territorio a fini turistici e con un impegno supplementare può in maniera sinergica sviluppare fortissima spinta anche sulle attività agricole. Moltissime di queste si prestano infatti allo story-telling territoriale, elemento che abbiamo considerato come sostanziale per contribuire ad incuriosire quando non addirittura emozionare i nostri ospiti. Questo genera una loro propensione a condividere la loro esperienza sulle personali piattaforme SOCIAL primo ed efficacissimo motore della promozione, il passaparola d’altri tempi ultra potenziato dalla magia del digitale.

Il settore lattiero-caseario sta attraversando, a livello nazionale, una profonda crisi, con il prezzo del latte in forte calo. Qual è la situazione in provincia di Trento?
È inutile ripetere che la crisi del settore lattiero-caseario, è una crisi grave. E sapendo che tante stalle in pianura devono chiudere, è evidente che anche l’allevamento in montagna, stia faticando. L’allevamento in montagna rappresenta tuttavia lo strumento per eccellenza di tutela e salvaguardia del territorio. Consapevole di ciò da sempre la Provincia di Trento, con grande senso di responsabilità e con molti sacrifici, si è dimostrata attenta e vicina a questo settore, attraverso specifiche e accorte politiche di indirizzo produttivo (ad esempio escludendo dall’alimentazione del bestiame gli alimenti derivanti da OGM) e di sostegno che altri territori, non sono riusciti a garantire. Oggi assieme a poche altre zone della montagna Italiana, i nostri allevatori, pur con le loro difficoltà, hanno davanti una prospettiva futura per continuare a svolgere la loro preziosa attività di guardiani del territorio e produttori di tante eccellenze casearie che in buon parte si possono fregiare del marchio DOP.

Nella viticoltura trentina, la cooperazione svolge un ruolo molto importante. Qual è la situazione attuale, dopo le difficoltà di qualche anno fa?
Il Trentino rappresenta circa l’uno percento della produzione di uve a livello nazionale mentre valorizza sui mercati internazionali oltre il 10 percento del vino made in Italy. Questo grazie agli importanti investimenti fatti in passato dal sistema cooperativo che è riuscito ad organizzare l’offerta nonché costruire e consolidare importanti posizioni sui mercati internazionali, con consistenti ritorni per i nostri viticoltori. Tale politica produttiva, ha consentito di garantire soddisfacenti remunerazioni soprattutto negli scorsi anni, quando il settore viticolo ha registrato importanti flessioni di redditività. Ora che il comparto si sta riportando su valori positivi, anche i nostri viticoltori si stanno interrogando sulla possibilità di sviluppare percorsi paralleli più attenti a promuovere le specificità e le eccellenze del nostro territorio. Una nuova interessante sfida che ci potrà accompagnare nelle prossime stagioni.

 

La provincia di Trento ha una SAU ad agricoltura biologica pari a circa il 5% della SAU totale (dati INEA 2015), circa la metà della media nazionale. Il mercato si mostra sempre più sensibile verso i prodotti biologici. Come si sta muovendo il suo assessorato?
Rispetto alla realtà nazionale, il Trentino vanta una produzione biologica pari al 5,6 % della produzione agricola complessiva, una percentuale che è circa il doppio rispetto a quella del vicino Alto Adige, a dimostrazione che in Trentino c’è grande sensibilità rispetto a questo modo di produrre, che non è comunque l’unico rispettoso dell’ambiente e della sostenibilità: dobbiamo infatti ricordare il grandissimo passo che, grazie a FEM, Apot ed ai nostri produttori, è stato fatto rispetto al sistema di lotta integrata che ci pone assolutamente all’avanguardia a livello nazionale.

Ritengo che la sostenibilità delle produzioni agricole rappresenti uno dei principali obiettivi delle politiche di sviluppo rurale proposte ed approvate con la programmazione 2014/2020 in una logica botton up, dal “sistema agricolo “provinciale. Sottolineo che da sempre e per primi, gli agricoltori trentini si sono impegnati in processi produttivi attenti all’ambiente ed alla salute dei consumatori, attraverso protocolli di produzione certificati che risultano fortemente più restrittivi e tutelanti delle disposizioni nazionali. Consapevoli che questo non basta, i nostri produttori stanno convertendo le loro aziende in biologiche, seguendo le disposizioni Comunitarie. Un passaggio dimostrato dai numeri della viticoltura che in misura esponenziale, ha già convertito le proprie produzioni in metodo biologico.

Riguardo alle denominazioni di origine, quali sono i prodotti agroalimentari trentini che otterranno a breve il riconoscimento Dop o Igp?
In questo momento, per garantire una corretta remunerazione alle produzioni di montagna caratterizzate da elevati costi produttivi, è indispensabile trovare forme di caratterizzazione riconosciute dal mercato. In questo senso, attraverso i marchi DOP e IGP, la Comunità Europea ha dato un grande supporto ai produttori più attenti che hanno saputo cogliere queste opportunità. La nostra provincia rappresenta forse in termini percentuali sul totale delle proprie produzioni agroalimentari, uno dei casi più virtuosi in Europa. La quasi totalità della produzione viticola, quasi il 70% della produzione ortofrutticola e lattiero casearia si può fregiare di queste denominazioni. Oltre a rappresentare un elemento di riconoscimento e certificazione produttiva, i marchi di denominazione Comunitaria costituiscono anche un forte elemento di valorizzazione e tutela delle produzioni e dei territori sottesi. Consapevoli di queste prospettive le Organizzazioni dei produttori che ancora non si avvalgono di tali denominazioni, hanno presentato apposita istanza ai competenti uffici ministeriali ma anche piccole realtà quali il formaggio Vezzena o la Carne Salada anche se il percorso appare ancora lungo e tortuoso.

La Fondazione Edmund Mach, che continua gli scopi dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige, è un’eccellenza in campo agrario, non solo a livello nazionale. Crede che sia un modello esportabile anche in altre Regioni d’Italia?
I processi produttivi, agricoli o industriali che siano, per potersi sviluppare hanno bisogno di un substrato produttivo che necessariamente si deve accompagnare ad elementi di ricerca, assistenza tecnica e consulenza utili a seguire ed indirizzare i processi nel percorso di sviluppo prima e poi maturità. Nel nostro caso, la Fondazione Mach racchiude e contestualizza per eccellenza questi concetti. Negli anni, l’Istituto ha saputo crescere, evolversi e ampliare i propri orizzonti adattandosi via via a nuove situazioni che hanno caratterizzato il contesto socio economico. Oggi FEM rappresenta con dignità uno dei tasselli della ricerca che in un processo di rete globale sta lavorando per rispondere alle nuove sfide che la società tutta si pone. Al contempo, FEM è anche impegnata a dare risposte al locale, evolvendo i concetti di concorrenza in logiche di complementarietà. Questa è forse la nuova sfida che i “sistemi” sono chiamati ad affrontare superando i vecchi concetti di “confine” e valorizzando le tante singole eccellenze in una logica di rete.

Il primo termine per la presentazione delle domande del PSR 2014-2020 riguardante gli aiuti all’avviamento di imprese per giovani agricoltori è scaduto il 31 marzo. Il secondo scadrà il 31 ottobre. Quali sono le novità più significative?
I due principali elementi di limitazione che caratterizzano il contesto agricolo trentino, sono rappresentati dalla senilità degli operatori e dalle ridottissime dimensioni delle nostre micro aziende. Tutti i diversi PSR che si sono succeduti nelle diverse programmazioni comunitarie hanno sempre riservato grande attenzione agli aiuti ai giovani sia attraverso   la concessione di specifici aiuti all’insediamento sia attraverso l’attribuzione di punteggi di premialità ai giovani insediati per l’accesso alle misure di sostegno degli investimenti aziendali. Rispetto alle precedenti programmazioni nel PSR attuale sono stati introdotti alcuni elementi di novità per cercare di dare risposte a specifiche a osservazioni raccolte nel processo di confronto e costruzione del nuovo documento di programmazione. In particolare, è stata riservata priorità di assegnazione ai giovani con più elevato grado di formazione con l’obiettivo di elevare il livello culturale degli imprenditori agricoli; rispetto alle precedenti programmazioni non è più possibile avviare una nuova attività agricola partendo da una divisione di una azienda preesistente. Ciò per evitare ulteriori divisioni aziendali già caratterizzate da dimensioni medie micro. L’introduzione di questi nuovi elementi ha provocato reazioni diverse da parte degli operatori e qualche sorpresa nella lettura della graduatoria utile del primo bando. Gli effetti di queste nuove previsioni potranno però essere valutati solamente fra qualche anno quando i nuovi imprenditori avranno consolidato le loro realtà produttive e potranno se del caso, rappresentare esempi positivi di sviluppo da seguire. Certo se tutto questo è stato possibile, ciò è dovuto ad una fortissima sinergia tra territorio, persone che lo abitano e governo provinciale, che in questi anni hanno generato un fortissimo connubio su FEM introducendo quello straordinario sillogismo territoriale che oggi alberga in Trentino. Al netto dell’autoreferenzialità che tentiamo in ogni modo di rifuggire, possiamo dunque dire che se in Trentino questo modello funziona, è auspicabile che possa essere esportato anche in altre realtà.

Intervista realizzata da Marco Salvaterra – www.agraria.org

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