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La prima “World Agri-Battle” nel tempo dell’Eat-over hungry

di C.Maurizio Scotti

Europa invasa da prodotti agroalimentari esteri con frequenza inaudita: si parte dal grano per finire al vino, passando per il pomodoro ed il grana. Non c’è produzione di spicco che sia targata in uno dei Paesi nobili dell’Eat-over hungry (mangiare oltre l’avere fame, che è una possibilità non accessibile ad almeno 1 miliardo di esseri umani – il 15% degli abitanti della Terra) che non sia taroccata, travestita, falsata. Questo vale per il Grana Padano, ma anche per lo Champagne e le birre tedesche; vale ovunque ci sia motivo di business o di “pressioni” commerciali, magari sapientemente camuffate da situazione geopolitiche.

Siamo nel tempo del Eat-over hungry, una specie di gioco di macchinette che hanno sostituito l’effetto sensazionale dell’edibile a quello del Game-over, E le macchinette sono tutti coloro che hanno soldi da spendere per il cosiddetto “mangiare bene”, siano essi Cinesi o epuloni Indonesiani di Kuala Lampur, Siberiani di Irkusk o Latinos di Valparaiso. Poco importa da dove si viene e come si vive, là: ciò che vale è quello che si spende per mettere sotto i denti, qua o là che sia.

Ci sono Ristò di Tokyo (Giappone) in cui si mangia sushi di pari qualità di un Mc Donald, ma dove si spendono oltre 350 dollari a porzione, o se volete 47mila yen, quando al Mc te la cavi con meno di 10 $. Un piattone riso nero alla madreperla (senza perla) con seppie e calamari, nei ristoranti snob di Dackar (Senegal) costa 2mila franchi, 160 euro. Una frittata di 3 uova con un velo di pancetta affumicata ed una sottiletta di Emmental, in corso Vittorio Emanuele a Milano (Italia) la puoi pagare anche 35 euro, certo se non bevi altro che una minerale da 50 cc. Due caffè macchiati e due gelati confezionati all’Ospizio Bernina (Svizzera) li metti in pancia con 17 franchi, cambio in euro alla pari. Roba da ladri, si diceva una volta.

E questo avviene mentre il mondo agricolo europeo (non solo quelli italiano) è in rivolta per questioni di prezzi e di jumping su produzioni estere che eludono controlli, sistematicità finanziarie, qualità primarie, sub e ultra giacenze. In autunno ne vedremo delle belle: i prezzi delle materie prima agricole sono sull’ottovolante, quella delle produzioni in caduta libera. Non si capisce il perché, anzi si capisce fin troppo il perché. C’è una mare di “roba” che arriva da fuori e che sbilancia ogni regola di mercato. Attenti, però, la gente è stufa all’inverosimile e la pazienza contadina sta per diventare un’annacquata leggenda, in Italia come in Francia, in Belgio come in Germania e non solo. Ci sono gli scenari della prima World Agri-Battle dell’era umana.

Tutti sanno che si è oltrepassato il limite della decenza. E la colpa ricade tutta su chi pratica il trading: chi si occupa di business non ha peli sullo stomaco, e questo è il vero male, il “male della terra”.

A questo male poco importa se la maggior parte delle produzioni che oltrepassano i confini europei siano “Made in hungry country”, ovvero provengano da nazioni e Paesi che sentono al proprio interno il morbo del subnutrizione o addirittura della denutrizione. Il vero business non guarda in faccia a nessuno; che sia egoismo è una certezza, che a questo mondo affaristico e senza scrupoli vadano date regole certe resta una speranza. La stessa che nutrono almeno 46 milioni di agricoltori europei, divisi in nazionalità ed esigenze, ma accomunati da un desiderio lampante: poter continuare a lavorare la terra e a trarre da essa nutrimento per tutti, portando a casa un interesse proprio e per le proprie famiglie.

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Fonte www.thedailybeast.com

20-08-2016
Autore: Maurizio Scotti

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