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La raccolta del legno in Veneto e Trentino dopo la tempesta “Vaia” di ottobre 2018

di Luca Poli

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Non me ne vogliano i produttori della nota trasmissione, andata in onda su DMax con il titolo “Oro di legno”, se prendo spunto dalla loro idea per far chiarezza sulla difficoltà attuale di fare impresa nel settore forestale italiano. Peraltro, la citata trasmissione è realizzata moto bene e vi partecipano numerosi professionisti, ma chi ha una visione un po’ più ampia del settore forestale sa che i veri “profitti” di una gestione forestale attiva sono per l’ambiente, le comunità e le aziende del territorio. Tanto più in questo momento con la contingente situazione del mercato italiano del legno.

La tempesta “Vaia” di ottobre 2018

Boschi danneggiati dalla tempesta Vaia presso la Piana di Marcesina, Enego (VI)
Boschi danneggiati dalla tempesta Vaia presso la Piana di Marcesina, Enego (VI) (foto Luca Poli)

Un breve memorandum per ricordare alcuni dati sulla tempesta denominata “Vaia” che a fine ottobre 2018 ha colpito i territori montani del Triveneto, comprendendo le regioni Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. Concentrandosi sul settore boschivo, i danni registrati faranno ricordare questo evento come il peggiore mai accaduto finora in Italia, con 42.800 ettari di boschi colpiti e 8,5 milioni di m3 di legname a terra. Soprattutto nei riguardi delle piantagioni di conifere a prevalenza di abete rosso, in passato in Europa si ricordano i casi recenti del sud della Francia nel 2009 (44 milioni di m3) e del nord Europa nel 2007 (65 milioni di m3) e nel 2005 (77 milioni di m3).

Questo evento atmosferico estremo, che ha avuto venti fino a 200 km/h, anche in Italia ha colpito prevalentemente i rimboschimenti artificiali di conifere (quasi esclusivamente abete rosso) della fascia alpina effettuati da inizio del secolo scorso fino agli ultimi dopo guerra, con pochi danni registrati nelle fustaie di altre specie come faggio e larice.

Cosa fare di tutto il legno a terra?

Passata la prima fase di emergenza che, non senza difficoltà, ha visto la riapertura di strade occluse dagli alberi e la raccolta delle piante finite nel letto di fiumi e torrenti, tutte le ditte boschive dei territori colpiti sono state impiegate e continuano ad esserlo, nella raccolta del legname a terra presente nei boschi danneggiati dalla tempesta. Una volta azionato il complesso meccanismo delle aste (gran parte dei boschi danneggiati sono di proprietà pubblica) stiamo vivendo un momento di grande fervore dal punto di vista della raccolta del legno: con il necessario aiuto di imprese forestali da tutta Europa, ma principalmente da Austria, Germania e Slovenia, a partire dalla fine dell’inverno sono in lavorazione molti boschi danneggiati, con l’obiettivo di raccogliere il legno il prima possibile, soprattutto nei boschi dove si trova il legname di maggior pregio, allo scopo di non farne scadere la qualità. Il problema principale, a livello di mercato, sarà infatti, a partire dal prossimo anno, quello di riuscire a reperire legname di pregio, che per capirsi si riferisce a quei tronchi destinati alla produzione di assortimenti come travature, morali, segati di qualità, perline ecc. Dall’altra parte continueremo ad avere sul mercato, non solo italiano ma bensì europeo, una grandissima offerta di tronchi destinati ad imballaggio, che è l’assortimento di minor valore sul mercato dei tronchi da sega (ma che è quello che ne consuma i maggiori quantitativi). Ammesso che il mercato italiano ed europeo dell’imballaggio riesca a mantenere gli attuali consumi di tronchi, avremo, a partire già da fine estate, un grande surplus di legname sul mercato, cosa che farà inevitabilmente scendere ancora di più i prezzi. E tutti gli “attori” del mercato del legno, a partire dai comuni e dalle comunità locali dei territori montani che detengono buona parte del patrimonio boschivo, ne risentiranno inevitabilmente con riduzioni di valore superiori al 50%.

Bosco danneggiato in lavorazione presso Grigno (TN)
Bosco danneggiato in lavorazione presso Grigno (TN) (foto Luca Poli)

C’è chi guarda ai mercati esteri…

In questo momento, per i motivi sopra esposti, vige una grande confusione, che perdura ancora dai primi attimi dopo essersi resi conto dei danni provocati dalla tempesta Vaia ad ottobre scorso. Però Il sentimento che trapela maggiormente tra gli addetti del settore è la preoccupazione: i proprietari boschivi hanno ancora da vendere molto legno a terra, le imprese sono affannate nei lavori nel tentativo di sfruttare il più possibile la stagione estiva per le lavorazioni, le segherie hanno tutte i piazzali pieni di tronchi. In questo scenario c’è chi sta guardando ai mercati esteri per i tronchi da sega ed il primo mercato mondiale emergente, anche per l’acquisto di legno, è la Cina. La prima azienda in Italia ad aver avviato questo mercato già qualche mese fa è Duferco Biomasse, azienda del gruppo italiano Duferco Energia, con sede a Genova, che fa capo ad un’azienda multinazionale leader mondiale in vari settori, primo fra tutti il commercio di acciaio ed i trasporti marittimi. E’ sfruttando le sue esperienze internazionali che Duferco ha avviato la vendita diretta di tronchi nella Repubblica Popolare Cinese. Più recentemente si registrano anche altri tentativi di commercio con diversi paesi asiatici; per affacciarsi su questi mercati il lavoro è molto, soprattutto a livello logistico e di conseguenza i costi per avviare queste tipologie di trattative commerciali sono piuttosto alti. In presenza di tutta questa grande quantità di legname sul mercato, però la via dell’export pare essere l’unica per salvare il settore e chi ci lavora.

Tronchi di abete rosso in catasta presso Passo di Lavazè, Varena (TN)
Tronchi di abete rosso in catasta presso Passo di Lavazè, Varena (TN) (foto Luca Poli)

Oltretutto, il settore produttivo forestale italiano è stretto in una morsa: da una parte è obbligato a fare continui investimenti in macchinari ed attrezzature moderne per avere sempre maggiore efficienza e sicurezza, mentre dall’altra il lavoro non aumenta di semplicità ma anzi sta diventando difficile districarsi nelle legislazioni sempre più stringenti e in vincoli messi da chi deve controllare ma non ha le competenze per farlo. Anche da un punto di vista del personale per molte ditte boschive non è facile trovare competenze e maestranze capaci: a volte il rischio è di avere i macchinari ma non sapere a chi farli guidare.

Confermo quindi che, per fortuna o purtroppo, il legno non è oro, cioè non ha il valore di un metallo prezioso ma bensì molto basso. Per fortuna perché il non-essere prezioso lo tiene al riparo da raccolte eccessive, cosa che non è un problema nel nostro Paese nonostante qualche errato allarmismo, dato che le utilizzazioni forestali sono solo di qualche punto percentuale di quanto crescono i boschi in un anno. Purtroppo, perché un valore più alto potrebbe restituire a tutto il settore, dal piccolo proprietario terriero fino alla segheria produttrice di imballaggi passando per le comunità locali montane, sicuramente non grandi guadagni ma perlomeno la dignità del lavoro. Perché chi lavora nel legno sa che quest’ultimo è un prodotto ad altissimo valore aggiunto, cioè che il suo valore è dato dalle numerose lavorazioni avute per arrivare al prodotto finito (il tronco bordo strada, il segato, il pancale, il mobile, la finestra ecc.) e che non è facile spuntare un prezzo finale che riesca perlomeno a superare le spese sostenute durante tutta la filiera.

» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica num. – Luglio 2019 «

Luca Poli, Dottore Forestale, si occupa di gestione del patrimonio boschivo e di valorizzazione del legno. E’ inoltre presidente dell’Associazione di Agraria.org. Curriculum vitae >>>

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