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di Alessandro Pugliese, Elvezio Albanesi, Donato Ferrucci, Antonella Malizia

Introduzione

Negli ultimi anni il consumo alimentare ha subito una radicale mutamento. Il benessere della società moderna ha trasformato quello che prima era mero sostentamento, in gratificazione personale, arte, fino ad arrivare a vera e propria forma di espressione emozionale. Tale logica ha portato il consumatore ad una nuova consapevolezza ed un’attenzione sempre maggiore rispetto ai concetti di sicurezza alimentare, salubrità, sostenibilità, interpretati secondo i principi dell’HACCP (Hazard Analisys Critical Control Points).
Un altro dato da considerare per comprendere l’importanza dell’evoluzione del sistema HACCP è l’incremento delle malattie dovute ai cibi contaminati, tali da essere ritenute “… forse il primo problema di salute pubblica più diffuso del mondo contemporaneo…” (World HealthStatisticsQuarterly Vol. 50 – 1997).
Considerate le premesse, appare chiaro come applicare un sistema che, attraverso una serie di procedure di verifica, azioni preventive ed una rigorosa formazione del personale, permette la sensibile riduzione del rischio legato al prodotto alimentare, diventi elemento significativo per aumentare la fiducia del consumatore verso il settore.
Dati Epidemiologici (fonte FDA) dimostrano come negli Stati Uniti, paese in cui negli anni ’60 è nato il concetto di HACCP, dal 1996 al 2008 si è verificata una progressiva riduzione delle infezioni causate dai batteri più comunemente legati all’alimentazione (Salmonella Spp. Listeria Monocytogenes, STEC O157, Campilobacter). In tale ottica la Comunità Europea ha intrapreso un percorso finalizzato ad assicurare un livello minimo di requisiti, sia strutturali che di prodotto, delle Aziende Alimentari, mediante la pubblicazione di due direttive la 93/43/CEE e la 96/3/CE, recepite in Italia con il D.lgs 155/97. Tale percorso è poi proseguito con la pubblicazione del Reg. CE 178/02 e del pacchetto igiene che comprende, tra gli altri, il Reg. CE 852/04.

A dispetto di una iniziale e comprensibile diffidenza degli operatori che, in alcuni casi, ancora persiste, l’applicazione dell’HACCP si è diffusa in tempi brevi a causa di alcuni vantaggi HACCP:

  • possibilità di applicazione con efficacia in qualunque tipo di ciclo produttivo;
  • capacità di individuare rapidamente la fuoriuscita dai parametri di sicurezza (consentendo la tempestiva adozione delle opportune misure correttive);
  • contenimento dei costi sociali e produttivi delle patologie di origine alimentare,(dovuti alle spese sanitaria, alla perdita di giornate lavorative, ai danni d’immagine per l’azienda ed alle possibili conseguenze penali e civili).

Inoltre il sistema stesso:

  • impone la definizione di precise e documentate procedure operative interne all’azienda, con conseguente razionalizzazione delle linee produttive
  • contiene gli strumenti programmatici per il suo continuo aggiornamento e miglioramento.

La metodologia del sistema HACCP

L’HACCP è una metodologia basata su un approccio sistematico finalizzato all’identificazione e controllo dei rischi di natura biologica, chimica e fisica che possono inficiare la sicurezza igienica di un alimento. Il metodo è basato su 7 principi fondamentali. Per poter implementare un sistema efficace ed efficiente all’interno di un’impresa alimentare occorre definire alcuni aspetti preliminari:

  1. Costituzione del gruppo di lavoro;
  2. Descrizione del prodotto e delle sue modalità di utilizzo e consumo abituali;
  3. Definizione del diagramma di flusso e sua verifica in concreto;
  4. Identificazione dei pericoli connessi alle diverse fasi della produzione e delle idonee misure per il loro controllo (I principio);
  5. Individuazione dei CCP o punti di controllo critici (II principio);
  6. Fissazione dei limiti critici per tutti i CCP (III principio);
  7. Realizzazione di un sistema di sorveglianza (monitoraggio) per ogni CCP (IV principio);
  8. Individuazione delle azioni correttive in caso di superamento dai limiti critici prefissati (V principio);
  9. Identificazione delle idonee procedure di verifica del piano (VI principio);
  10. Registrazione e raccolta di tutti i documenti connessi al funzionamento del piano (VII principio).

Il Gruppo di Lavoro è una squadra di esperti a carattere multidisciplinare che elabora, verifica, implementa e mantiene il monitoraggio del piano HACCP.
Nelle aziende medio/grandi possono essere coinvolte varie figure ma dovranno essere presenti almeno:

  • L’OSA (Operatore del Settore Alimentare, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni legislative nell’impresa di cui è responsabile);
  • Un esperto in igiene alimentare (biologo, igienista degli alimenti, veterinario, agronomo, ecc.);
  • il responsabile aziendale del sistema/settore qualità;
  • figure tecniche da affiancare a seconda dei casi, chimici, esperti di materie giuridiche, tecnologi alimentari, esperti in sistemi di gestione qualità, ecc.

Nella maggiore parte dei casi però, ovvero in ambiti più ristretti (Bar, Ristoranti, Laboratori artigianali, piccole aziende agricole con mondatura e confezionamento, ecc.) ci si può limitare ad un esperto in igiene alimentare e ad un esperto dello specifico settore interessato (alimentari, carne, pesce, ristorazione, ecc.), che può essere lo stesso titolare dell’azienda od un responsabile operativo da lui designato.
Il gruppo di lavoro quindi, realizza la Descrizione del prodotto, fondamentale al fine di determinare tutti i passaggi successivi. Devono essere riportate:

  • le principali caratteristiche del prodotto realizzato o commercializzato dall’azienda (denominazione, eventuale confezionamento, pH, Aw, T° di conservazione, shelf – life, ecc.)
  • le modalità di utilizzo abituale da parte dei consumatori (sottoposto o meno a cottura o riscaldamento)
  • la tipologia di consumatori cui è rivolto (bambini, adulti, anziani, malati, ecc.)

Qualora i prodotti da descrivere siano numerosi (casi tipici della ristorazione o dell’attività artigianale) è opportuno differenziarli per categorie omogenee in relazione alle caratteristiche di base ed alla tipologia di pericoli a loro associati.
I diagrammi di flusso sono uno strumento di grande utilità per rappresentare in maniera semplificata, sotto forma di schema, una realtà complessa. Rapportandolo al sistema HACCP, consente di rappresentare schematicamente uno specifico processo, con la chiara identificazione delle fasi con lo compongono. A seconde delle risultanze della descrizione del prodotto andranno quindi definiti diagrammi di flusso per singole produzioni o per categorie omogenee di prodotto. Il diagramma di flusso permette quindi una facile e sintetica visualizzazione della produzione e delle sue tappe (es. Approvvigionamento – stoccaggio – lavorazione – cottura – esposizione – distribuzione) diventando di fatto uno strumento di estrema utilità nella progettazione ed implementazione del piano HACCP.

Definito il diagramma (o i diagrammi) di flusso, si procede con l’identificazione dei pericoli associati alle singole fasi della produzione. I pericoli in gradi di compromettere la sicurezza di un alimento possono essere di natura fisica, chimica o biologica.

La Contaminazione fisica

È essenzialmente legata a pratiche scorrette di lavorazione che possono verificarsi in qualunque punto della catena produttiva o distributiva e che determinano la presenza di corpi estranei di vario genere all’interno di prodotti alimentari. A titolo esemplificativo si possono elencare:

  • frammenti e particolari di metallo (ad esempio: viti, bulloni e altro provenienti da arredi, macchinari, attrezzature, utensili presenti negli ambienti di lavoro; ma anche chiusure metalliche come sigilli di garanzia, graffette, punti di pinzatrice etc.);
  • sassolini, terriccio etc.;
  • frammenti di vetro, ceramica, porcellana;
  • pezzi di legno (ad esempio: stuzzicadenti, parti di prodotti di origine vegetale, schegge di pedane o di materiali d’imballaggio ecc.), di carta, di cartone;
  • pezzi di plastica;
  • frammenti di origine animale (ad esempio: schegge d’osso, parti d’insetti, peli di roditori etc.);
  • spaghi, graffette, punti metallici utilizzati per la chiusura delle confezioni;
  • capelli e peli;
  • bottoni, spille, fermagli per capelli, orecchini, anelli o loro parti, etc.;

La Contaminazione chimica

Questo tipo di contaminanti sono essenzialmente riconducibili a:

  • residui di prodotti fitosanitari;
  • additivi e conservanti in quantità non consentite;
  • farmaci, ormoni, anabolizzanti (riguarda le produzioni zootecniche);
  • metalli pesanti;
  • sostanze tossiche cedute da materiali non idonei;
  • nitrosamine;
  • micotossine;
  • residui di detergenti.

La contaminazione di tipo biologico

Riguarda la possibile contaminazione degli alimenti ad opera di microrganismi patogeni in seguito a: sostanze nocive derivanti dal metabolismo microbico, come le tossine; sopravvivenza o la crescita di detti microrganismi all’interno degli alimenti stessi.

Si tratta di organismi che vengono normalmente introdotti nell’azienda alimentare attraverso le materie prime utilizzate, i materiali impiegati o dall’uomo stesso e che possono esser mantenuti entro cariche accettabili mediante il controllo di alcuni parametri di conservazione (es. temperature) o il rispetto di norme di corretta prassi igienica. A titolo esemplificativo si possono elencare:

  • batteri: Salmonella, Staphylococcus aureus, Clostridium perfringens, Bacillus cereus, Yersinia enterocolitica, Listeria monocytogenes, Escherichia coli, Campylobacterjejuni, Shigella, parassiti, ecc.
  • muffe
  • lieviti;
  • funghi.

Ma anche roditori, volatili, artropodi ed ogni altro agente contaminante riconducibile a questa categoria.

I pericoli, devono essere poi classificati in base al rischio e alla gravità. Il rischio associato ad un pericolo è la probabilità che si verifichi in concreto, la gravità è invece, l’entità delle conseguenze che ne possono derivare rispetto alla salute dei consumatori.

Nell’effettuare l’analisi dei pericoli si deve quindi tener conto:

  • della valutazione qualitativa e/o quantitativa relativa alla presenza di determinati pericoli;
  • della probabilità che questi si concretizzino e la gravità in termini di ripercussione sulla salute del consumatore;
  • la sopravvivenza o la moltiplicazione di microrganismi patogeni e la conseguente generazione di elementi dannosi;
  • la produzione o la persistenza negli alimenti di tossine o di altri prodotti del metabolismo microbico, di prodotti chimici, agenti fisici o allergeni;
  • la contaminazione biologica, chimica o fisica delle materie prime, dei prodotti intermedi o dei prodotti finali.

Le misure di controllo saranno dunque tutte le misure messe in atto dall’impresa alimentare per ridurre al minimo la possibilità che un pericolo di verifichi (es. procedure per il ricevimento delle merci, formazione del personale, igiene del personale, abbigliamento, sanificazione dei locali e delle attrezzature, ecc.);

Quello che può essere definita come tappa cruciale nell’elaborazione di un piano di autocontrollo basato sul sistema HACCP è l’individuazione dei CCP e dei CP. Questi sono definiti:

PUNTO DI CONTROLLO (CP): punto, procedimento o fase della lavorazione dove è possibile applicare una misura di controllo nei confronti di un rischio alimentare significativo (biologico, chimico o fisico) individuato a quello specifico livello, ma dove la perdita del controllo non conduce ad un pericolo inaccettabile per la salubrità del prodotto.

PUNTO DI CONTROLLO CRITICO (CCP): punto, procedimento o fase della lavorazione dove, applicando uno specifico sistema di controllo, è possibile eliminare o ridurre a livelli accettabili un determinato rischio alimentare significativo e dove la perdita del controllo conduce ad un pericolo inaccettabile per la salubrità del prodotto.

Nella pratica possiamo dire che un CP è un punto in corrispondenza del quale non è possibile identificare parametri di sicurezza monitorabili, quindi non è possibile effettuare un controllo sistematico ma solo azioni preventive. Diversamente per i CCP possono essere identificati, e di conseguenza monitorati i parametri di sicurezza. Lo strumento fondamentale (oltre all’esperienza del professionista) per determinare se una fase di lavoro è classificabile come CCP è l’ALBERO DELLE DECISIONI, un diagramma con domande/risposte in ogni blocco e che ne determinano il percorso. Rispondendo alle domande si segue un determinato percorso che determina due possibili esiti: il punto è un CCP oppure non lo è, ovvero è un CP. Va detto che normalmente un processo produttivo è composto da pochi CCP e molti CP.

Individuati i CCP andranno definiti i limiti critici. La definizione di LIMITI CRITICI è la seguente: limite di accettabilità entro i quali può variare un determinato parametro posto sotto controllo a livello di uno specifico CCP, senza che venga compromessa la salubrità del prodotto in quella fase. I limiti critici vengono fissati in relazione al pericolo individuato ed al parametro posto sotto controllo, a livello di un determinato CCP, e derivano da disposizioni di legge o da indicazioni tecnico – scientifiche. Tali limiti devono essere posti in relazione al pericolo che si analizza (chimico, fisico, biologici) ed alla fase di lavoro (approvvigionamento, cottura, conservazione, ecc.)

Per ogni limite critico va definita una procedura di monitoraggio. Si tratta di una sequenza programmata di osservazioni/misurazioni del parametro posto sotto controllo, a livello dei diversi CCP, al fine di verificarne la conformità ai limiti critici. E’ pertanto necessario definire, per ogni CCP e per ogni parametro considerato, modalità e periodicità delle osservazioni/misurazioni da compiere. Il monitoraggio potrebbe essere puntuale (ovvero ogni volta che ci ritrova ad affrontare una determinata fase) oppure continuative, ovvero effettuate ad intervalli regolari.

Le non conformità sono definite come il mancato rispetto del requisito specificato che, nel caso in esame consiste nel superamento di un limite critico. L’azione che gestisce la non conformità nell’immediato è detta “trattamento”. Azione tempestiva ma di emergenza che devono quindi, essere orientate al ripristino delle condizioni di sicurezza del prodotto (conformità), anche attraverso, qualora necessario, la sua eliminazione.
Il miglioramento dell’affidabilità del sistema è invece garantito mediante le azioni correttive, che hanno lo scopo di evitare che il fenomeno si ripeta, intervenendo sul processo, sul personale o sulle strutture. Al trattamento, l’azione correttiva aggiunge, l’analisi del problema, l’individuazione della causa, la verifica dell’efficacia delle azioni intraprese.

Le procedure di verifica hanno come fine ultimo la verifica del corretto funzionamento del sistema non vanno però assimilate al monitoraggio del CCP, ma devono essere in grado di testare l’efficacia e la correttezza delle metodologie di autocontrollo seguite. Hanno quindi un approccio sistemico e possono essere orientare alle verifiche del comportamento del personale, al rispetto del piano di sanificazione, al controllo documentazione prodotta, alla verifica dell’igiene dei locali e delle attrezzature, del funzionamento delle stesse fino alla verifica del prodotti in lavorazione.

La descrizione di tutte la fasi illustrate in precedenza (gruppo di lavoro, descrizione del prodotto, diagrammi di flusso, analisi dei pericoli, ecc.) oltre a quella dell’attività per quale si sta implementando il sistema, va formalizzata in un documento denominato Piano HACCP (Piano di Autocontrollo). Il piano di autocontrollo insieme a:

  • le schede operative contenenti i monitoraggi dei CCP,
  • le schede utilizzate per le procedure di verifica,
  • eventuali certificati di analisi (eseguite rigorosamente da laboratori accreditati secondo la norma Uni En Iso 17025),
  • le procedure per la tracciabilità/rintracciabilità ed il ritiro richiamo del prodotto,
  • il programma di formazione del personale con le relative evidenze oggettive (attestato di corso per alimentaristi da eseguire in conformità a quanto stabilito dalle norme Regionali),
  • il programma di sanificazione di difesa dagli infestanti,
  • qualsiasi altro documento ritenuto necessario al funzionamento del piano (prescrizioni Asl, certificazioni di prodotti, e autocertificazioni fornitori, ecc.)

costituiscono la documentazione del sistema HACCP. Questa deve essere conservata all’interno dell’attività produttiva, disponibile ad ogni controllo e costantemente aggiornata.

Alla luce di quanto illustrato rimane facile capire come il sistema HACCP, quando applicato correttamente, rappresenti una chiara garanzia per l’operatore e per il consumatore finale, avendo come diretta conseguenza la riduzione della possibilità del danno economico o d’immagine derivante da eventuale tossinfezione. Ad oggi il sistema HACCP è nella consapevolezza comune e non solo in quella degli operatori del settore alimentare. La richiesta di evidenze oggettive da parte del consumatore è sempre crescente e difficilmente questa tendenza potrà essere invertita. Le nuove generazioni, probabilmente, sapranno bene cosa è l’HACCP, a differenza delle precedenti che, ancora oggi, sono vincolate ad un concetto di sicurezza alimentare legato all’equazione “fatto in casa, quindi salubre, buono, genuino” che ormai appare decisamente superato.

Alessandro Pugliese: Auditor Sistemi di gestione qualità. Amministratore e socio fondatore della ICS S.r.l. Membro Consiglio direttivo AiciA – Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare.

Elvezio Albanesi: Dottore in Scienze Agrarie. Responsabile tecnico ICS S.r.l. Membro del Consiglio direttivo AiciA – Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare. Responsabile qualità PhyDia – Laboratorio Phytoparasites Diagnostics DAFNE – Università degli Studi della Tuscia. Esperto in Haccp e Docente corsi formazione.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. Curriculum vitae >>>

Antonella Malizia: Dottoressa in Scienze degli Alimenti, libera professionista. Titolare della ditta A.G.M. Consulenza e Sicurezza Alimentare. Esperta in igiene degli alimenti, ambientale e sicurezza nei luoghi di lavoro.

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Sulle tematiche inerenti gli argomenti trattati si terrà in Camerano (AN) il ciclo di 3 seminari di formazione in tema di “QUALITÀ E LEGALITÀ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI – Un approccio multidisciplinare” organizzato da ICSS srl e A.G.M. Consulenza e sicurezza alimentare, col patrocinio dell’Associazione Italiana Consulenti Igiene Alimentare (AICIA), di Bioagricert Srl (Organismo di Certificazione prodotti biologici) ed AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica). Il ciclo di seminari è accreditato da Lex Alimentaria ai sensi del regolamento sulla formazione continua dei tecnologi alimentari per 4 CF per ciascun seminario.

agroalimentare qualità prodotti

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