Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

di Lapo Nannucci

TerrAmica - Rivista Associazione di Agraria.org

L’acciuga o alice (Engraulis encrasicolus, LINNAEUS, 1758), è un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Engraulidae, che vive in acque saline o salmastre ed è diffuso nell’Oceano Atlantico orientale nel mar Mediterraneo, nel Mar Nero e nel Mare di Azov. Si tratta di una specie pelagica dalle abitudini gregarie, che vive in grossi banchi e compie importanti migrazioni spingendosi in zone molto lontane dalla costa ed avvicinandosi alla terraferma durante la fase riproduttiva, che ha luogo nel periodo compreso tra il mese di aprile ed il mese di novembre.
Questa specie, che appartiene alla categoria del pesce azzurro, possiede carni molto gustose e nutrienti, ricche di acidi grassi della serie Omega 3 (efficienti nella prevenzione delle patologie cardiovascolari e tumorali) e caratterizzate da un buon quantitativo di proteine e da interessanti livelli di riboflavina, niacina, calcio, ferro, fosforo e selenio.

Cassette di alici
Cassette di alici appena pescate

La pesca

Rappresenta un’attività molto importante, che risulta fin dai tempi antichi fortemente radicata nella tradizione dei popoli mediterranei. Nei nostri mari viene generalmente praticata tramite due tecniche di prelievo: quella a volante e quella a circuizione o lampara.

Il sistema a volante rientra tra quelli definiti attivi, in quanto il pesce viene catturato attraverso il movimento della rete, che in questo caso specifico viene trainata dal natante.
Si tratta di un’attività molto regolamentata, che risulta vietata entro una distanza pari a 3 miglia dalla costa o nelle zone di mare caratterizzate da fondali di profondità inferiore a 50 m.
La tecnica a cianciolo o lampara, nonostante le evoluzioni tecnologiche acquisite nel corso degli anni relativamente alle tipologie di imbarcazioni, alle strumentazioni di bordo ed agli attrezzi da pesca, racchiude in sé l’essenza della pesca tradizionale, risultando tutt’oggi molto affascinante e suggestiva. Si tratta di un’attività di pesca selettiva che si svolge in orario notturno e che si basa sull’attrazione in superficie dei banchi di pesce tramite la luce; questa viene prodotta da una lampada installata a poppa di alcune imbarcazioni ausiliarie, calate sulla zona di pesca da parte del natante principale.
L’azione vera e propria di cattura viene condotta da parte del natante principale, generalmente di dimensioni medio-grandi, che cala una rete effettuando una manovra atta a circuire il banco di pesce attirato in superficie dalle luci.
La pesca con la lampara viene regolamentata da una serie di normative che in Mediterraneo vietano le operazioni entro una distanza di 300 metri dalla costa o all’interno dell’isobata di 50 m, nel caso in cui tale profondità venga raggiunta ad una distanza inferiore dalla terraferma.
Questa attività di pesca viene praticata più o meno ovunque nei nostri mari; tuttavia esistono alcuni luoghi, come la costiera amalfitana e nello specifico la città di Cetara (SA), nei quali la pesca delle alici con la lampara riveste un ruolo da protagonista, tramandato da generazioni.

Momento della pesca con lampara
Momento della pesca con lampara

La colatura di alici

La “colatura” di alici è una salsa liquida dal colore ambrato, che viene prodotta tramite un tradizionale procedimento di maturazione delle acciughe in una soluzione di acqua e sale. Questo prodotto ha radici storiche lontanissime, tant’è che si ritiene derivi direttamente dal “garum”, una salsa liquida prodotta con interiora di pesce e pesce salato, dal sapore molto forte, che gli antichi Romani utilizzavano come condimento dei cibi. La ricetta originale, secondo alcune correnti di pensiero, venne recuperata e rivista da parte di alcuni monaci di un’abbazia della zona di Amalfi, che usavano salare le alici pescate tra maggio ed agosto all’interno di vecchie botti usurate dal tempo, che non apparivano idonee a contenere il vino. Man mano che l’azione del sale faceva maturare le alici, queste ultime perdevano liquidi, che percolando attraverso le fessure delle botti emanavano un aroma particolare. I monaci quindi, invogliati dal profumo che invadeva i locali di conservazione, pensarono di raccogliere i suddetti liquidi, al fine di utilizzarli per il condimento delle verdure. La colatura, ed il relativo metodo di produzione, si diffusero piuttosto rapidamente tra le famiglie di pescatori della zona, diventando una vera e propria icona della cultura marinara locale.

Il metodo di produzione tradizionale

Il metodo di preparazione della colatura, nel corso del tempo si è tramandato di generazione in generazione ed è rimasto fortemente ancorato alla tradizione cetarese, tant’è che, con il passare degli anni, nei pressi della città di Cetara (SA), sono nate alcune imprese artigianali specializzate nella preparazione di questo particolare prodotto.
Le alici vengono pescate nelle acque del Golfo di Salerno e del Golfo di Napoli con il sistema a cianciolo o lampara e, successivamente allo sbarco, dopo essere state decapitate ed eviscerate, vengono avviate al processo di salagione; questo viene effettuato all’interno di appositi contenitori, alternando strati di alici e strati di sale marino.
Al termine di questa fase, il contenitore viene coperto con un disco, generalmente in teflon, sul quale vengono posizionati alcuni pesi, in funzione del quantitativo di pesce presente all’interno. Per effetto della pressatura e della maturazione, il liquido, che costituisce la base della colatura, affiora in superficie e viene via via raccolto e travasato in alcune bottiglie di vetro. Mentre la maturazione delle alici procede all’interno di locali freschi ed aerati, ad una temperatura compresa tra 18 e 20°C e per un periodo di circa 4-5 mesi, il liquido precedentemente raccolto nelle bottiglie viene esposto alla luce del sole, in maniera da far evaporare l’acqua e di conseguenza aumentarne la concentrazione.
Al termine del processo di maturazione, i contenitori vengono svuotati ed il liquido viene versato all’interno di questi ultimi, in maniera da acquisire ulteriori proprietà organolettiche. Successivamente, la colatura grezza viene recuperata e dopo essere stata trasferita in un altro recipiente, subisce un processo di filtrazione, al fine di renderla limpida.

Colatura di alici
Colatura di alici cetarese

La tradizione “moderna”

La colatura di alici, contrariamente a quanto avveniva in tempi lontani, oggigiorno non viene prodotta all’interno di locali casalinghi o cantine, bensì in apposite strutture attrezzate; il prodotto viene accuratamente controllato lungo tutte le fasi della filiera, al fine di garantire un elevato livello di sicurezza dal punto di vista igienico sanitario, in linea con le normative di riferimento.
Lo stabilimento “tipo” per la produzione della colatura, generalmente appare suddiviso in due ambienti: uno per la lavorazione ed un altro per la maturazione delle alici, dove la temperatura non deve mai superare i 25°C.
Al fine di rendere efficienti le operazioni di sanificazione degli ambienti di lavoro, le pareti ed i pavimenti vengono rivestiti di piastrelle facilmente lavabili e gli angoli risultano di forma arrotondata. Inoltre, per evitare l’entrata di insetti ed altri animali indesiderati, le aperture vengono dotate di apposite barriere.
I tavoli e le vasche per la lavorazione sono costruiti in acciaio inox, i fusti per contenere le alici salate sono generalmente in materiale plastico per alimenti ed i coperchi sono generalmente in teflon.
La colatura, nonostante il progresso tecnologico, rimane ancora fortemente collegata ad aspetti tradizionali della cultura marinara cetarese, mantenendo un gusto inconfondibile che si è tramandato fino ai giorni nostri.
Questo particolare prodotto, utilizzato per insaporire primi piatti e verdure, nella città di Cetara viene impiegato per il condire gli spaghetti che per tradizione si consumano durante la cena della vigilia di Natale.

Sitografia
www.it.wikipedia.org/wiki/Engraulis
www.lucianopignataro.it
Bibliografia
Tecnologia di produzione, sicurezza alimentare e analisi sul campo tra i produttori
Angelo Citro, Raffaella Mercogliano e Michela Panzardi
Massimo D’Antonio e Giovanni Bruno

dalla Rivista TerrAmica – num. 3 Luglio 2015

 

Lapo Nannucci ha conseguito la laurea magistrale in Scienze e Tecnologie agrarie Vecchio Ordinamento presso la Facoltà di Agraria di Firenze. Abilitato all’esercizio della libera professione di Dottore Agronomo, è consulente esterno presso Federpesca e fornisce consulenza tecnico-amministrativa ad allevamenti di trote in Toscana. Curriculum vitae >>>

 

Libro Pesca

Pesca
Henry Gilbey – Mondadori

Pesci – Esche – Attrezzature – Tecniche – Località di pesca. Illustrato con foto a colori…
Acquista online >>>

image_pdfimage_print

Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •