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di Donato Ferrucci


E’ un intero sistema produttivo che manifesta una crisi, di identità, di significati, di contenuti. La funzione principale, produrre, è messa in discussione. Sono esaltate le funzioni ritenute fino a poco tempo fa, secondarie, quali il governo del territorio, la valenza sociale, etica, ambientale, sociale e quant’altro, purché non la banale produzione di materie prime. L’imprenditore vede la propria attività priva di dignità, non ne percepisce più il valore sociale e la stessa identità culturale del settore appare in crisi.
Nuove definizioni degli schemi produttivi, riorganizzazione dei sistemi, adozione di strumenti valorizzazione, inserimento in sistemi di commercializzazione e distribuzione diretta, sono alcune delle risposte a contrasto della tendenza.
Per alcune tipologie aziendali, identificate più da una connotazione culturale che da una dimensione fisica, immerse in un contesto rurale vivace e profondamente radicato nel sistema territoriale, l’evoluzione produttiva è iniziata. Ancora una volta l’agricoltura è ad un bivio e sta spostando sapere e conoscenze a favore di nuove interpretazioni produttive.
Alcune realtà hanno optato per una fuga, se non dal settore, quantomeno dalla esclusiva realizzazione di prodotti “anonimi”. Torna l’attenzione ad un mercato, quello al consumo finale, influenzabile nel prezzo grazie ad una posizione negoziale più equilibrata tra i due interlocutori, produttore e consumatore. E’ un “ritorno” alla produzione agricola legata al commercio vicinale.
Dall’incontro con il consumatore e dal confronto con le sue esigenze, si possono sviluppare delle originali diversificazioni produttive secondo percorsi funzionali alla tipologia aziendale. E’ dal contatto tra due prospettive culturalmente distanti che nascono momenti interessanti e di reciproco arricchimento.
Il consumatore, in quanto utente di un servizio o fruitore di un prodotto deve essere ascoltato nelle sue aspettative o curiosità e reso partecipe dei valori connessi all’attività rurale. Il cliente è la prima e vera ricchezza di un’azienda, e questo concetto va assimilato anche dal sistema agricolo. L’attenzione e la preferenza del consumatore devono essere conquistate e, soprattutto, mantenute.
Una prima modalità di diversificazione è di tipo “orizzontale”, mediante ampliamento dei prodotti e dei servizi forniti. E’ prevista la ricerca di nuove colture maggiormente apprezzate dal mercato, l’estensione dell’attività ai servizi turistici, di ristorazione o culturali. E’ il principio dell’azienda multifunzionale, dove la fornitura di nuovi servizi, a complemento del comparto agricolo, consente l’avvicinamento di un maggior numero di potenziali fruitori.
Il secondo momento di diversificazione è invece di tipo “verticale”, si abbandona la base produttiva per evolvere le materie prime in prodotto finito. Ciò può avvenire semplicemente con la vendita diretta di prodotti agricoli indifferenziati ma adatti al consumo, quali frutta ed ortaggi, fino ad arrivare a trasformazioni sempre più spinte che vanno dal tradizionale olio extravergine di oliva fino alla porzionatura di carni o preparazione di marmellate, succhi di frutta e yogurt.


Il mercato


La domanda manifesta una marcata tendenza evolutiva, in termini di richieste e aspettative dell’utenza finale. A causa dell’attuale incremento di distanza tra produttore e consumatore viene a mancare sia l’identificazione del luogo che del soggetto che realizza il prodotto, rappresentato oggi da una moltitudine di attori che spesso contribuiscono ad una sola fase del percorso. Il grado di fiducia aumenta quando è possibile stabilire con ragionevole attendibilità il luogo di origine delle materie prime, osservare il processo di lavorazione, gli ingredienti e le modalità operative che portano alla realizzazione dell’alimento. Nel momento in cui si interpongono una serie di operatori il rapporto diretto e rassicurato dalla fiducia reciproca tra produttore e consumatore si affievolisce. L’aumento della gamma e della disponibilità temporale dei prodotti alimentari ha contribuito alla perdita di contatto tra produttore e consumatore, e forse, di fiducia tra produzione e consumo.
Nasce quindi una nuova esigenza di trasparenza, garantita mediante il contatto diretto con il sistema produttivo o, in alternativa, da marchi e segni di qualità certificata. Questi ultimi, comunicano ed esprimono l’interpretazione per taluni aspetti della qualità, fornendo all’azienda uno strumento per aumentare il grado di fiducia del consumatore circa la lealtà della comunicazione in termini di coerenza con il prodotto.
La ricerca del contatto ha portato quindi verso una robusta richiesta da parte del mercato di una filiera trasparente, meglio se corta, in quanto può essere percepita e compresa nel suo insieme. E’ in aumento la frequentazione del mondo rurale, lo evidenziano indagini ed interviste ai consumatori che sembrano sostenere la tendenza alla ricerca dell’acquisto in azienda, anche se ancora come evento sporadico.
La combinazione dei due approcci, certificazione e contatto diretto, esprime il massimo livello di trasparenza verso il consumatore, in grado di percepire, vivere e capire il sistema produttivo nel suo complesso, confortato anche dalla volontà dell’azienda a sottoporsi volontariamente ad ulteriori controlli con l’obiettivo di valorizzare la propria attività.


Le nuove regole


Una domanda di prodotti caratterizzata da aspetti inediti ed originali impone una evoluzione analoga dell’offerta. Il cambiamento è stato colto, con largo anticipo, dal legislatore, attraverso una revisione normativa che ha portato alla ridefinizione dell’art. 2135 del Codice Civile, ridisegnando la figura dell’imprenditore agricolo e dei suoi orizzonti operativi (1).
Il riesame della norma ha inizio dall’aspetto civilistico ma coinvolge una pluralità di aree legislative che vengono interessate dal cambiamento e con le quali l’imprenditore deve confrontarsi: la fiscalità, il sistema previdenziale, l’igiene e salubrità degli alimenti, per citarne alcuni. Il nuovo sistema agricolo pone delle opportunità originali, che devono essere comprese ed attuate fermo restando il rispetto delle regole. Non è sufficiente sapere ciò che si può fare, ma è necessario capire cosa si rende necessario per poterlo fare.
La ricerca di soluzioni gestionali e strutturali, commisurate al prodotto che si intende realizzare, alla realtà aziendale, alle professionalità disponibili, rappresenta il primo passo del percorso da intraprendere. Fa seguito l’analisi delle risorse presenti sul territorio in termini di realizzazione che di domanda. Si conclude con la valutazione degli spazi, degli strumenti di visibilità e dei marchi in grado di comunicare i valori.
Risultano pertanto necessarie una serie di attività di programmazione e pianificazione volte ad identificare le alternative che, con diverso tipo ed entità di risorse, possono portare al conseguimento del risultato.
Lo scenario produttivo che si andrà ad adottare ha come conseguenza una serie di regole e di responsabilità a cui l’azienda agricola sarà soggetta, in funzione del coinvolgimento produttivo.
Non è da sottovalutare che dall’incontro tra sistema rurale, artigianale e turistico può nascere un momento creativo avvincente grazie al contributo di ogni settore.
E’ in piena attuazione una revisione pressoché totale della legislazione relativa ai prodotti alimentari. In tale sistema di nuove regole rientra anche l’azienda agricola quando sconfina dalla produzione primaria a quella di alimenti destinati al consumo finale.


La vendita diretta


Si può arrivare quindi al progetto di punto vendita o, in alternativa, la realizzazione di prodotti etichettati da proporre negli esercizi commerciali sul territorio. E’ comunque preferibile evitare di allontanarsi, commercialmente parlando, dall’azienda agricola o dalla localizzazione territoriale. I prodotti, agricoli e direttamente proposti, devono essere indirizzati ad un’utenza sensibile a determinati valori e con una visione della spesa “alternativa” rispetto a quella organizzata presso i centri commerciali.
E’ in corso di evoluzione una dimensione responsabile e consapevole del consumo che attribuisce agli alimenti non solo la funzione di nutrimento o di piacere ma anche di intimità con il territorio.
Un punto vendita aziendale, deve essere legato al sistema agricolo, con aree di frequentazione adatte ad intrattenere ed emozionare oltre che a fornire.
Ulteriore strumento di visibilità è da ricercare nell’etichetta dei prodotti e nei sistemi di certificazione che consentono di trasferire una serie di informazioni a promozione dei valori.
Ampliare la gamma dei prodotti mediante acquisto di materie prime e successiva trasformazione in conto terzi è una eventualità da considerare, peraltro lecita e prevista, con i limiti indicati dalle attuali norme fiscali.
La realizzazione di un laboratorio in proprio rende indipendenti dal punto di vista produttivo ma comporta dei vincoli strutturali e necessita delle risorse professionali. Di contro, può garantire un’ulteriore diversificazione dell’attività fornendo servizi di preparazione prodotti per conto terzi. Si tratta quindi di una scelta da valutare con la dovuta attenzione, tenendo presente sia i benefici che i costi.
Un cambiamento di tale entità, in termini sia culturali che produttivi, comporta anche una interpretazione innovativa delle attività tradizionalmente condotte.
In alternativa, è possibile affidare a terzi le materie realizzate. In questo percorso gioca un ruolo fondamentale la capacità di trovare delle professionalità artigiane, territoriali o meno, in grado di dare la massima espressione di eccellenza ai prodotti realizzati a partire dalla materia aziendale.
Nasce così una filiera ad anello (circolare e corta) nella quale le materie prime sono realizzate dall’azienda, trasformate e confezionate da imprese esterne, preferibilmente localizzate nel territorio rurale locale, e commercializzate dall’azienda stessa attraverso forme di vendita diretta.
“L’idea è basata sul superamento dell’egoismo produttivo a vantaggio della qualità del prodotto finito e di una ripartizione equa del valore aggiunto fra le imprese della filiera. Il principio della filiera ad anello è praticabile in qualsiasi contesto territoriale nel quale si realizzano eccellenze agricole (non più materie prime) che divengono, grazie all’opera di artigiani abili e competenti, delle eccellenze alimentari” (4).
I prodotti agricoli a cui rivolgersi sono da ricercare nella vocazione del territorio, caratterizzati da costi di gestione contenuti, interessanti dal punto di vista mercantile e potenzialmente in grado di fornire la base per una trasformazione o fruizione a diversi livelli e gradi di complessità (prodotto plurimo). Un cereale può essere destinato a molteplici scopi: confezionamento tal quale o precotto, farina e pasta.
Alla multifunzionalità dell’azienda va affiancata la pluralità funzionale dei prodotti.


La comunicazione


Identificato e consolidato l’assetto produttivo dell’azienda, differenziato in linea verticale (prodotti trasformati) od orizzontale (pluralità di servizi e prodotti), occorre quindi valorizzare quanto in atto. La comunicazione è espressione di visibilità e quindi di spazi e di tempo.
In questo ambito l’azienda non deve entrare in competizione con le modalità di comunicazione tipiche del commercio e dei gruppi distributivi. La visibilità può e deve essere raggiunta con strumenti alternativi, in quanto alternativi sono i messaggi e i valori che intende trasmettere circa i prodotti e servizi offerti. E’ da prediligere il contatto diretto con il consumatore che diventa interlocutore delle proposte produttive.
La forma di comunicazione va calibrata in base alla realtà aziendale e concretizzata in messaggi e valori mirati ad esprimere un concetto di qualità originale, non solo di tipo funzionale, ma anche immateriale, evocativa.
E’ opportuno valorizzare lo sviluppo di una cultura dell’alimento coltivato ed elaborato sul territorio nel rispetto della tradizione. L’azienda agricola può sfruttare a proprio vantaggio l’esigenza del consumatore di ridurre la distanza di tempo e spazio dal luogo di produzione, per arrivare ad una rilettura culturale dell’alimento.
L’interazione emozionale tra prodotto ed azienda va esaltata in ogni sua prospettiva. E’ un sistema vincente se riesce a creare e poi consegnare al mercato un prodotto avvolto da una moltitudine di “fragranze emotive”, percepibili da chi le riceve con modalità e intensità diverse, comunque originali.
La comunicazione non può che dare massimo grado di valorizzazione al fascino evocativo del territorio e dell’ambiente, vetrina ed etichetta dei prodotti. Attraverso i simboli della civiltà rurale, i valori possono essere trasmessi a persone culturalmente interessate, al di là di qualsiasi luogo comune o iconologia pubblicitaria.
I prodotti saranno fondati sulla tradizione, per gli ingredienti e nelle modalità operative, coerenti con il contesto culturale ma realizzati in conformità alle regole dettate dalla normativa. Arricchiti da un chiaro e deciso messaggio al consumatore circa la genuinità e la cura nella realizzazione.
E’ il momento di un’impresa agro-alimentare in cui la fase agricola, della trasformazione, della commercializzazione e della comunicazione sono governate da un unico soggetto, ed in cui l’origine, l’identità, i valori e le evocazioni si affermano come principi e modelli di vita.


(1) Decreto legislativo18 maggio 2001, n. 228.
(2) LEGGE 11 marzo 2006, n.81 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, recante interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa. Integra l’Art. 4 del decreto 228/2001 come di seguito: “Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità non è richiesta la comunicazione di inizio attività”
(3) Reg. CE 852/2004 e Reg. CE 853/2004.
(4) La valorizzazione della funzione produttiva attraverso la gestione diretta della filiera, Ferrucci D., Franco S., AgriRegioniEuropa, n. 25 Giugno 2011.


 


Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it


 






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