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di Giovanni Canu

Il periodo dell’asciutta ed ancor di più quello della transizione sono di importanza critica per la salute della lattifera e sono in grado di condizionarne la futura carriera riproduttiva e produttiva.
Un corretto programma alimentare nel periodo di transizione ha dimostrato  di essere in grado,  nella vacca, di poter aumentare la produzione di circa 680 kg.
I dati nella bufala non sono così precisi ma tutto lascia pensare che una miglioria riproduttiva e produttiva sia del tutto prevedibile e, naturalmente, auspicabile.
La diversa lunghezza, nelle due specie,  della fase di asciutta impone di programmare i piani alimentari in modi del tutto differenti.
Ciò non implica, però, lo stravolgimento delle applicazioni in campo di integrazione vitaminico-minerale finora valutate come giuste vie da seguire.
Il discorso va, se possibile, valutato con attenzione maggiore nella bufala data la maggiore lunghezza del periodo in questione (4 mesi circa).
Studi condotti dal Prof. Zicarelli, infatti, hanno portato a considerare il fatto che una carenza giornaliera di fosforo di 10 grammi o di calcio, per un’asciutta di 120 giorni fa si che vengano a mancare circa 1200 grammi equivalenti al 24% del fosforo e al 13,3% del calcio contenuto nelle ossa.              
Senza entrare nello specifico della valutazione dei parametri  proteico-energetici delle razioni da asciutta e transizione cerchiamo di mettere a fuoco il bilanciamento di alcuni macro elementi che sono in grado di determinare l’insorgere di dismetabolie e patologie vere e proprie riscontrabili in questo delicato periodo.

Razioni corrette devono, comunque, garantire:
1) Una corretta involuzione della ghiandola mammaria e favorire la sua rigenerazione;
2) Fornire i nutrienti anche per il vitello;
3)Intervenire sul punteggio di condizione corporea, dove necessario;
4) Stimolare il sistema immunitario;
5) Stimolare lo sviluppo dei batteri e delle papille ruminali;
6) Ridurre al minimo i disturbi metabolici.

L’ipocalcemia, o basso livello di calcio nel sangue (meno di 8 mg/dl) è quello che ad oggi sembra creare la maggior parte dei problemi ai capi al parto.
Colpisce in maniera molto maggiore e grave le vacche, ma anche nella bufala può dare grosse difficoltà ad inizio  lattazione.
Può causare riduzione dell’ingestione, dislocazione dell’abomaso e ritenzione placentare.
La somministrazione di diete acidogene contenenti sali anionici durante l’ultima fase dell’asciutta riduce l’incidenza delle febbri puerperali e dell’ipocalcemia.
Anioni e cationi sono termini che usiamo per definire un minerale con carica elettrica negativa (anione) o positiva (catione).
Fra gli anioni annoveriamo il cloro, il fosforo, lo zolfo.
Tra i cationi il calcio, il magnesio, il sodio ed il potassio.
La differenza cationi/anioni viene calcolata sottraendo il peso equivalente (peso molecolare diviso per carica degli ioni) degli anioni dal peso equivalente dei cationi.
Le razioni alcaline hanno un bilancio cationi/anioni positivo.
Le razioni acidogene hanno bilancio negativo.
Le razioni alcaline tendono a causare febbre puerperale, mentre quelle acidogene tendono a prevenirla.
Il principale beneficio apportato dalle razioni acidogene è relativo all’accresciuta mobilizzazione del calcio dalle ossa ed il buon funzionamento dell’ormone paratiroideo.

 

I sali anionici promuovono la mobilizzazione del calcio dalle ossa e favoriscono i metaboliti della vitamina D ed il funzionamento della paratiroide.
Questo perché le ossa per bilanciare l’acidità ematica causata dagli anioni agiscono da tampone scambiando ioni calcio.
Quindi se il controllo del calcio è stimolato le vacche possono fare tranquillamente fronte all’importante fabbisogno di calcio che si verifica al parto e ad inizio lattazione.
Le potenzialità acidogene di una razione sono misurate in base al DCAD ossia il bilancio alimentare di anioni e cationi.
Ogni alimento, soprattutto il foraggio, deve essere valutato per il suo contenuto in sodio, potassio, zolfo e cloro utilizzando l’analisi chimica umida.
Dopodiché il bilancio cationi-anioni verrà determinato calcolando la differenza fra il valore totale di sodio+potassio ed il valore di cloro+zolfo.

I valori percentuali devono essere convertiti in milliequivalenti per kg (meq/kg) di alimento.
I milliequivalenti (mEq) esprimono l’attività chimica, o potere di combinazione, di una sostanza relativamente all’attività di 1 mg di idrogeno. Pertanto, 1 mEq è rappresentato da 1 mg di idrogeno, 23 mg di Na, 39 mg di K, 20 mg di Ca e 35 mg di Cl.
Le formule di conversione sono le seguenti:

 

(Nota: peso formula = peso atomico o molecolare)
Il mEq è praticamente equivalente alla milliosmole (mOsm), l’unità di misura dell’osmolalità o tonicità. In condizioni normali l’osmolalità dei fluidi del nostro organismo è di 280 mOsm/l di soluto.
I fattori di conversione da percentuali in meq/kg sono:

 Sodio

 434

 Potassio

 256

 Cloro

 282

 Zolfo

 624

Dopo aver trovato la percentuale di questi elementi nella razione tramite analisi ed aver moltiplicato il valore percentuale per il fattore per ottenere i meq/kg, il DCAD viene ottenuto tramite la seguente formula:

(Na+K) – (Cl+S)

Livelli ottimali per un animale in imminenza di parto variano tra -50 e -150 circa.
Per correggere diete palesemente sbilanciate si possono usare sali anionici acidificanti come il solfato di magnesio e di calcio, il cloruro di magnesio, di ammonio e di calcio e alimenti trattati con acido cloridrico.
Lavorare sui singoli elementi correttivi è sicuramente molto complicato, ma delle analisi chimiche dei foraggi utilizzati in asciutta possono aiutarci ad individuare gli elementi di disturbo. Le aziende integratoristiche possono fornirvi su consiglio del nutrizionista il prodotto maggiormente rispondente alle vostre esigenze.
Comunque quando il bilancio del DCAD raggiunge valori corretti si ha un calo notevole del pH urinario poiché gli animali tendono a correggere l’acidità portata dagli anioni espellendo ioni idrogeno tramite le urine , con conseguente abbassamento del pH.
Il ph normale dell’urina è circa 8.
In diete acidificate scende intorno al 6,5.
Ulteriori diminuzioni possono indurre problemi alla funzionalità renale.
Quando si utilizzano, però, cloruri di ammonio o solfati di ammonio si deve anche tenere d’occhio la quota di azoto solubile della razione.
Troppa ammoniaca, poi, rende difficoltoso l’assorbimento del magnesio a livello intestinale, e ciò in capi pronti al parto è una situazione che può provocare enormi complicazioni.
L’asciutta è l’inizio della prossima lattazione, e capi ad alto potenziale genetico vanno tutelati al massimo, soprattutto in questi periodi economicamente non facili per gli allevatori.

Giovanni Canu, laureato in Scienze della Produzione Animale presso Università degli studi “Federico II” di Napoli, è iscritto all’albo dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Salerno. Dal 2004 è  consulente in nutrizione animale per allevamenti intensivi sia in Italia che all’esteroCurriculum vitae >>>

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