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di Francesco Marino

L’agricoltura non sarebbe la stessa e certamente non esisterebbe nelle sue forme attuali senza la presenza  delle api. Sono insetti appartenenti all’ordine degli Imenotteri, al genere Apis e alla specie Apis mellifica. Vivono in famiglie “arnie” composte da: 5-7 mila fuchi o maschi, 40-60 mila api operaie e da un’ape regina.
La regina nell’ alveare svolge opera di coesione e coordinamento che è alla base della vita sociale delle api, si distingue per una maggiore lunghezza del corpo e un torace leggermente più largo di quella di un’ operaia. E’ sempre circondata dalle api giovani (ancelle) che la puliscono  e la nutrono tramite la pappa reale, che è il prodotto delle ghiandole tergali e mandibolari delle giovani nutrici  ed è soltanto questo tipo di alimentazione che consente a una normale larva di trasformarsi in regina, unica femmina feconda della colonia. La capacità della pappa reale di cambiare l’ aspetto di due individui geneticamente identici ha dell’ incredibile ed è  ancora non del tutto spiegato. Depone in media 2000 uova al giorno, in una stagione può superare 300 mila uova  e arrivare anche a  1 milione  nella sua vita riproduttiva  utile, che è di 3-4 anni.

 Anni

 Uova deposte

 Mortalità %

 1

 300.000

 10

 2

350.000 

 25

 3

300.000 

 40

 4

 180.000

 85

 5

 30.000

 100

Tab. 1 – Andamento deposizione  ape regina

I fuchi sono individui che hanno torace e addome  più tozzo di un’operaia,  un volo più rumoroso e lento; nascono da uova non fecondate e sono perciò individui aploidi (riproduzione partenogenetica arrenotica, parto senza fecondazione che da origine soltanto a maschi), esistono anche maschi piccoli, con le stesse  dimensioni di un’ operaia generati da una regina non più feconda o molto raramente da operaie ovaiole. La loro  vita media è di 50 giorni e  il loro compito primario è quello di fecondare la regina durante il volo nuziale, la quale si accoppia con diversi maschi fino a che la sua spermateca non contenga più di 3-4 milioni di spermatozoi. Durante l’accoppiamento il fuco perde la vita  perché il suo complicato organo genitale si strappa, con conseguente piccola esplosione dovuta alla pressione a cui è sottoposto e cade a terra, dove agonizzante muore, i rimanenti maschi verranno trascinati fuori dall’alveare nel quale non gli sarà più consentito entrare  e per impedire un loro eventuale  rientro le operaie guardiane gli lesionano le basi delle ali alle loro inserzioni toraciche.
Le api operaie hanno una lunghezza di 12-13 mm e il torace misura 4 mm di larghezza. Nascono da uova fecondate deposte dalla regina in comuni alveoli per operaie, hanno una vita che varia da 4-5 settimane durante la stagione di intensa attività di bottinatrice  e 4-5 mesi durante la stagione di riposo, eccezionalmente possono vivere anche fino a 7-9 mesi.
L’ agricoltura è la prima e vera beneficiaria dei servizi resi da questi insetti, il contributo dato alla redditività del settore primario  è veramente notevole tale da far considerare il ricavo per la vendita di miele, pappa reale, cera, idromele e altro  come prodotti accessori e secondari.
Questo dipende dall’attività pronuba di tali insetti che grazie alla loro opera  di trasporto del polline (viene effettuato soltanto nell’ ultima parte della loro vita)   partecipano in modo considerevole alla produzione della nostra agricoltura. (Fig.1)

 

Tranne alcune eccezioni come; graminacee, olivo, castagno e  forse anche la vite, e  poche altre, le  piante agricole entomogame  sono strettamente collegate all’opera  di questi imenotteri. Il polline viene raccolto e bottinato dalle api per alimentare le larve delle operaie e i fuchi, è in pratica l’unico apporto proteico dell’ alveare mentre il miele ne soddisfa  i bisogni energetici, indirettamente rendono un grande servigio all’agricoltura.
Piante come ciliegio, pero, melo, pesco, albicocco, agrumi e centinaia di altre diminuirebbero notevolmente la loro produzione senza la presenza di questi pronubi. La loro attività assicura una efficiente impollinazione incrociata di queste specie, in particolare aumenta la % di allegagione, diminuisce la cascola e aumenta la dimensione dei frutti ed il loro contenuto zuccherino, assicurandone la loro serbevolezza.
E’ opportuno   quindi  che in ogni frutteto specializzato siano presenti almeno alcune unità di alveari nei periodi di fioritura. (Tab. 2)

La loro introduzione deve essere fatta in via cautelare quando almeno il 25-30% dei fiori è già schiuso, in tal modo siamo certi che le api inizieranno subito a  “frequentare” la fioritura desiderata. La disposizione nel frutteto delle arnie deve rispettare: le zone soleggiate e riparate, la sospensione dei trattamenti antiparassitari e lo sfalcio preventivo delle erbe infestanti in modo da favorire una maggiore frequenza dei voli delle  bottinatrici.
Molte volte però l’introduzione delle api nei frutteti resta una soluzione spesso trascurata dai nostri agricoltori: scarsa professionalità, empirismo e pregiudizi sono alcune cause di questa situazione anche se ad onor del vero in questi ultimi anni si è visto un recupero di collaborazione tra apicoltori e agricoltori. (Fig. 2)

 

Spesso la scarsa produzione è addebitata a malattie parassitarie, al clima o a tecniche agronomiche errate e non si “coglie” forse una causa più semplice la mancata o insufficiente impollinazione dei fiori da parte delle api, che porta inesorabilmente alla minore produzione di frutti e semi.
Se per ipotesi, non augurabile, le api dovessero diminuire drasticamente o scomparire del tutto, non sarebbe la mancanza di miele o di altri suoi prodotti a ricordarcene l’importanza, ma con stupore di molti, sulle nostre tavole verrebbero a mancare tanti frutti e molti ortaggi vanto della nostra agricoltura. Dai nostri campi coltivati scomparirebbero gradualmente migliaia di specie vegetali, non solo, le api oltre a impollinare la maggior parte delle piante d’interesse agricolo contribuiscono anche all’impollinazione della maggior parte delle piante selvatiche e spontanee (80% circa) e l’eventuale diminuzione o scomparsa di questi pronubi renderebbe quest’azione enormemente deficitaria e gravemente importante, tanto da superare in termini di bilancio ambientale l’importanza che le api rivestono per la stessa agricoltura.
Non si è dunque catastrofici se si afferma che l’uomo ha bisogno delle api come le api del loro stesso miele.

Francesco Marino, laureato in Scienze Agrarie ad indirizzo Zootecnico presso l’Università di Firenze e iscritto all’ordine dei Dottori Agronomi di Firenze, è attualmente Direttore Tecnico dell’UGC-Cisl (Unione Generale Coltivatori)  della provincia di Firenze  e dirigente sindacale. Curriculum vitae >>>

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Con agenda dei lavori  – Giovanni Bosca – Il Castello

Allevare le api è un’attività che, oltre ad essere avvincente e redditizia, è anche utile: infatti le api, oltre a produrre miele, polline, propoli, gelatina reale e cera, sono molto importanti per l’opera d’impollinazione delle piante…  Acquista online >>>

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