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di Nicola Galluzzo

Introduzione 
La Politica agricola comunitaria, dopo un periodo di sostanziale immutabilità, negli ultimi quindici anni ha evidenziato un elevato tasso di rigenerazione e di ricambio normativo che, specialmente negli ultimi 5 anni, sembra avere anticipato le possibili sfide e sollecitazioni che il mercato agricolo mondiale sembrava chiedere all’agricoltura europea, al fine di garantire uno sviluppo economico mondiale armonico, senza effetti distorsivi sulla concorrenza e sullo sviluppo socio-economico globale.
Tutto ciò, ovviamente, non può essere considerato come un gioco a somma zero, nel quale ogni soggetto coinvolto non sia disposto a fare dei sacrifici, eliminando delle posizioni che alcuni potrebbero definire di rendita. A livello europeo le trattative sono state condotte in diverse riunioni che hanno consentito di arrivare ad una posizione comune abbastanza condivisa e concertata tra i diversi Stati membri; per poter arrivare a ciò è stato necessario uno sforzo teso a sintetizzare in un documento comune un qualcosa che tenesse in giusta considerazione le peculiarità socio-economiche della caleidoscopica e multiforme agricoltura dell’Unione europea al fine di elaborare un testo condiviso in grado di garantire una transnazionalità e una transacalarità degli interventi.
 
I recenti interventi legislativi per lo sviluppo rurale: cenni
Il 31 gennaio 2009 sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sono stati pubblicati tre Regolamenti (n°72, 73 e 74) ed una decisione (n°61) che costituiranno la base normativa e documentale per la nuova Politica agricola comunitaria dopo il 2013. Tutto ciò è stato redatto seguendo gli orientamenti che i policy makers comunitari avevano indicato nell’ Health Check della Pac nello scorso mese di novembre.
I Regolamenti proposti vanno ad agire sui due pilastri della Politica agricola comunitaria, entrando già in azione presso i diversi Stati membri nei prossimi mesi. Una linea comune appare abbastanza chiara nel primo pilastro, ossia in quell’insieme di linee di intervento destinate alle politiche di mercato, in base alle quali viene accantonato il sostegno accoppiato degli aiuti alle produzioni agricole, cosa che già l’Italia aveva messo in atto sei anni fa, staccando gli aiuti erogati, ad esclusione di pochissime produzioni, esclusivamente alla quantità prodotta. Tutto ciò sembra  definire i possibili scenari che si dovranno mettere in pratica dopo il 2013 quando ci si troverà a che fare con una Pac resa moderna e in linea con le sollecitazioni internazionali e che sarà omogenea tra tutti gli stati membri dopo l’allargamento a 27 Paesi.
La Decisione del Consiglio del 19 gennaio 2009 n° 61 è abbastanza interessante perchè va a modificare gli orientamenti strategici comunitari previsti nei Piani di sviluppo rurale nel periodo programmatorio 2007-2013. In essa vengono ribadite le linee di fondo della Pac, inerenti e connesse al secondo pilastro, riservando, tuttavia, una particolare attenzione alle risorse naturali, al sostegno della biodiversità e allo sviluppo rurale.
Alle aree rurali viene ribadito il riconoscimento di zone svantaggiate da preservare mediante lo sviluppo dell’attività agricola intesa, come un fattore olistico, capace di essere un elemento strategico necessario a garantire la biodiversità in senso ampio e la multifunzionalità socio-economica-ambientale. Ai produttori agricoli delle zone rurali, in particolare a quelli che sono impegnati nella produzione lattiero-casearia, viene riconosciuto il loro ruolo di presidio del territorio che dovrà essere compensato da misure di accompagnamento che tengano conto dei costi di produzione e dei cambiamenti strutturali.
 
Conclusioni
Una disamina dell’articolato, in particolare della Decisione del Consiglio 2009/61, sembra dimostrare e confermare il ruolo insostituibile delle aree rurali per il presidio del territorio, in grado di generare delle ricadute positive per l’ambiente ed il territorio, attuabili mediante la presenza sul territorio di imprese agricole che sappiano garantire, contemporaneamente, sia la multifunzionalità che la pluriattività necessaria per rendere competitive le imprese agricole.
Il legislatore sembra aver fatto proprie le richieste che provengono dagli operatori agricoli delle aree svantaggiate, secondo i quali le produzioni agro-zootecniche delle aree montane devono essere valorizzate al fine di tenere conto di un differenziale di costo che va a costituire uno svantaggio comparato per le imprese e che dovrà essere opportunamente compensato. L’eliminazione delle quote latte, infatti, contribuirà a rendere queste aziende più sensibili all’alea di mercato, accentuandone la minore competitività e concorrenzialità, cui si dovrà intervenire con strategie e interventi idonei a compensare la loro perdita di efficienza competitiva, facendo capire al consumatore la necessità di valorizzare, mediante un premium price le produzioni agricole tal quali, e compensare gli svantaggi operativi-gestionali delle aziende attive nelle aree rurali e della loro capacità di agire sulla multifunzionalità.
L’analisi comunque conferma la necessità di porre in atto delle strategie coese e condivise tra tutti i soggetti coinvolti al fine di garantire una strategia intersettoriale che possa dare origine a dei distretti della ruralità sui quali i soggetti coinvolti e i policy makers dovrebbero agire per garantire un’ intersettorialità degli interventi da attuare nelle aree rurali.

Nicola Galluzzo, dottore di ricerca in Scienze degli alimenti, si è laureato in Scienze agrarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, conseguendo il perfezionamento in Economia del turismo e in Gestione  e organizzazione  territoriale delle risorse naturali presso l’Università La Sapienza di Roma, in Studi europei presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova e in Controllo e autocontrollo degli alimenti presso la Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” di Roma. Assegnista di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Economia Agraria (Inea). E.mail: nicoluzz@tin.it

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