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di Mario Giannone

ORIGINE E CLASSIFICAZIONE PRIMA DELL’ADDOMESTICAMENTO

I suini sono paridigitati ed appartengono all’Ordine degli Artiodattili, al sub-ordine dei Suinformes, al genere Sus scrofa, alla famiglia Suidae. Indipendentemente dalle razze domestiche attuali, la famiglia dei Suidae, comprende:

  • il Sus ferus o Sus scrofa o meglio ancora Sus scrofa ferus, cioè i cinghiali e i suini veri, dell’Eurasia e del Nord Africa, comparsi nel Pliocene ed il cui progenitore più lontano si considera il Sus strozzi, da molti ritenuto il vero antenato del suino domestico. Nell’insieme si tratta di soggetti vivaci, se necessario aggressivi, dal muso lungo, decisamente massicci, ma difficilmente capaci, anche nei tipi più pesanti, di supera i 200 kg. Estinto in molte zone d’Europa centro meridionale, Isole Britanniche e Scandinavia. Risulta sufficientemente presente, ma a rischio di forte inquinamento genetico, nell’Europa centro orientale e in alcune zone Nord Africane che guardano il Mediterraneo;
  • il Potamochoerus porcus, dell’Africa tropicale e del Madagascar;
  • il Phacochoerus aethiopicus, suino verrucoso dell’Africa del Sud e dell’Est, dell’Africa tropicale, comparso nel Pleistocene;
  • il Hylochoerus meinertzhageni, suino colorato delle foreste dell’Africa centro-orientale;
  • il Babyrousa babyrussa, di Celebes ed altrove;
  • il Peccari (Tayassu tajacu e Tayassu albirostris), che appartiene alla famiglia dei Tayassuidae e corrisponde ai Suidae, per le Americhe del Sud e del Centro. Questi ultimi cinque gruppi, pur essendo estremamente importanti sul piano naturalistico, sono del tutto marginali sotto l’aspetto zootecnico, il loro uso, quali animali da allevamento, è praticamente inesistente.

Femmina di cinghiale con piccoli
Femmina di cinghiale con piccoli (foto G. Pisani – C.S. Soffiantini)

L’America settentrionale, nonostante che oggi sia uno dei maggiori produttori del mondo, in particolare il Canada, non ha mai avuto un suino selvatico e le razze oggi presenti sono la conseguenza delle importazioni, in particolare, di razze già selezionate, dagli europei.Tra le forme viventi di cinghiali, poi si distinguono diverse razze o popolazioni che a seconda delle località sono classificati in modo diverso. Il Sus scrofa scrofa L. è il cinghiale selvatico dell’Europa nord-occidentale e della regione alpina. Il Sus meridionalis Major abita i paesi dell’area mediterranea ed è ritenuto una forma intermedia tra quelle europee e quelle asiatiche, tra l’altro per la conformazione dell’osso lacrimale, che è lungo nel Sus scrofa e più breve nel Sus vittatus. Il Sus barbatus lo si ritrova sulla costa nord-africana. Il Sus attila Thomas abita l’Europa orientale, dalla Transilvania al nord dell’Asia ed è quello di maggior mole. I discendenti di questo selvatico oggi, purtroppo, popolano anche le nostre campagne, i boschi e addirittura le aree coltivate, con danni enormi all’agricoltura. Grazie alla forza che li distingue e alla mole superiore, hanno sostituito le razze autoctone italiane meno competitive sul piano fisico e già in ridotto numero. E’ soprattutto nelle competizioni prima dell’accoppiamento che risultano vincitori, e così i verri attila attuano  un vero e metodico incrocio di sostituzione, che ha provocato la definitiva estinzione del cinghiale autoctono. Questi verri, sono i cinghiali che in fasi successive sono stati introdotti, dalle associazioni venatorie, in grandi numeri, un po’ in tutta Italia. Questa politica ha permesso che per decenni fossero acquistati i soggetti da ripopolamento appunto dai Paesi dell’Est Europa.  Il Sus cristatus Wagner è dell’India e del Ceylon, non della penisola della Malaysia. Il Sus vittatus Muller e Schlegel, abita l’arcipelago della Sonda (Indonesia), la penisola della Malacca, Timor.
Secondo H. Clausen e E.J. Ibsen, il vero e principale antenato di tutti suini allevati, anche, se influenzato da popolazioni locali, è proprio il Sus Scrofa Vittatus. Questo suino dotato di temperamento tranquillo, costante, propenso all’addomesticamento, nonché di apprezzabili capacità di ingrassare avrebbe, in modo più o meno diretto, generato tutte le razze allevate oggi. Della stessa opinione sono altri autorevoli studiosi Giapponesi e asiatici di vari Paesi. Ad avvalorare questa teoria c’è sicuramente il fatto che se i suini selvatici popolavano il nostro continente da molto tempo, i resti più antichi di maiali domestici che si sono rinvenuti in Europa, hanno fatto una comparsa improvvisa e decisamente successiva alla nascita del suino domestico in Asia e quindi appare legittimo, non fuori luogo, pensare ad una introduzione avvenuta a seguito di una migrazione ad opera di popoli lontani.
Altri studiosi, concordano nel ritenere i suini domestici più o meno discendenti dai cinghiali locali. Però ammettono, anche loro, che in Europa siano convissute almeno due forme differenti. Una di maggior mole e l’altra più piccola. Il che sembra essere dimostrato anche dai ritrovamenti presso gli insediamenti del Neolitico. Accanto ai relitti del cosiddetto maiale delle torbe (Sus palustris Rutimeyer), di dimensioni minori e certamente provenienti proprio dall’Oriente, fossili appartenenti al cinghiale locale. Su questa presenza multipla, gli archeozoologi concordano tutti.
L’addomesticamento ed il primo allevamento della specie sarebbero comunque avvenuti in Cina già nel 4000 (c’è chi parla di 8000 o addirittura 10000) A.C. Prove certe di addomesticamento si hanno anche in Mesopotamia, Iran e Irak, quest’ultimo Paese contende il primato alla Cina, in quanto datazioni ricadenti intorno al 3500 a.C. dimostrano che l’allevamento dei suini era già conosciuto e largamente diffuso. In Occidente, sarebbero avvenuti nel Neolitico, epoca alla quale appartengono infatti numerosi resti di suini rinvenuti nei villaggi lacustri della Svizzera, a cui si è già fatto riferimento. Si ricorda, ancora una volta, che tra i palafitticoli, di quelle zone, era diffuso l’uso di allevare o consumare ben tre tipi di maiali diversi, per mole e caratteristiche morfo-funzionali. Con l’invasione ariana dell’Europa, l’allevamento si è poi diffuso nelle contrade meridionali.
Egizi, Mondo Greco e Romano valorizzarono questo tipo di allevamento. La letteratura del nostro “mondo antico”, menziona ripetutamente i suini per questa o quella ragione; si passa dalla bellissima e crudele maga Circe che trasforma in “porci” i compagni di Ulisse, agli scritti dei Padri Latini come Varrone, Virgilio, Columella e soprattutto Caio Plinio il Vecchio che si dilungano nella descrizione delle razze e sul modo più opportuno di allevarle. Marco Porcio Catone invece descrive le tecniche di produzione del prosciutto, allora si parlava prevalentemente di cosce di maiale salate, largamente diffuse sulle mense romane; stiamo parlando di due secoli prima della venuta di Cristo.
Nell’alto Medio Evo l’allevamento cresce ancora d’importanza, vengono valorizzati gli immensi boschi ideali per l’ingrasso del suino, si tratta di forme diffuse di “pastorizia”, il maiale a quel tempo viene considerato un “frutto del bosco”. Aumentano i consumi conseguenza dei contatti avuti con i Germani, i quali apprezzavano moltissimo le produzioni derivanti dal maiale. Nel basso Medio Evo si sviluppa anche l’allevamento del suino semiconfinato e inserito in un contesto aziendale, questo evento segna l’inizio di un nuovo modo di allevare e con esso si modificano le razze e il tipo di maiale da produrre. Però non tutti apprezzano le bontà derivanti da questo animale e così allo scopo di evitare parassitosi quali la teniasi, la trichinosi, ed altre forme patologiche, gli ebrei ed il mondo islamico vietarono il consumo delle carni suine attraverso il rispetto di rigorose regole dietetiche.

Scrofa di razza Cinta Senese con lattonzoli
Scrofa di razza Cinta Senese con lattonzoli (foto www.agraria.org)

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“L’allevamento biologico del suino”
Mario Giannone – Edagricole

Le principali fonti di consultazione sono state:
– “Etnologia Zootecnica” UTET, di Telesforo Bonadonna,
– “L’allevamento biologico del suino” Edagricole, di Mario Giannone
– Razze autoctone alla riscossa di M. Giannone, Rivista di suinicoltura n.4 2002
– Dossier: Le regole d’oro per produrre il suino bio, Rivista di suinicoltura n.11, 2000 – M. Giannone
– La filiera del biologico è una realtà, Rivista di Suinicoltura n.12, 2000 M. Giannone

Mario Giannone è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Firenze. Insegnante di zootecnia all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, presta la sua opera di assistenza tecnica specialistica presso Enti regionali, Parchi e Associazioni. E’ autore del libro “L’allevamento biologico del suino” edito da Edagricole-Sole 24 ore. Curriculum vitae >>>

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