Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

di Paolo Nanni


Vivere nell’Abruzzo interno, attualmente, significa vivere in una tra le regioni Italiane che mantengono il più stretto contatto con la natura e le tradizioni contadine.
Nonostante ciò sembra molto lontana la realtà di 15-20 anni fa, quando, in ogni paese, prima di scendere dalla macchina, veniva naturale controllare i dintorni, per verificare l’eventuale presenza di cani da Pecora (Mastino Abruzzese*) e cani da tocca, che sbucavano allegramente da ogni vicolo, con la disinvoltura data dalla naturale convivenza con gli abitanti umani, non necessariamente pastori o contadini.
La convivenza era (fortunatamente spesso è tuttora) tale e totale, tanto da aver dato luogo ad una serie di proverbi e modi di dire di quotidiano uso, come : quanno la cana va gnestreca, ji cani arrete se baruffano (quando ci sono delle cagne in calore i cani maschi gli corrono dietro e si acciuffano).
Negli ultimi anni avere una cultura cinofila è una moda, siamo sommersi da riviste specializzate e trasmissioni edotte, basta farsi un giro in internet per trovare qualsiasi informazione, eppure tutto ciò non potrà mai sostituire la cultura indigena, quella dei contadini e allevatori o anche solamente da chi è nato e vissuto in luogo, dove il cane era compagno di lavoro, di caccia, di giochi e soprattutto di vita.
In Italia esistono molte razze canine strettamente localizzate come lo Spino degli Iblei, il Pastore Calabrese o il cani di mannara e altri più o meno estinti, si tratta di razze poco conosciute, spesso non riconosciute ufficialmente o, peggio, riconosciute come incroci, oppure confuse con altre razze.
Eppure questi cani convivono con gli umani autoctoni da secoli, di questi i pastori e contadini sono gelosissimi custodi e, nonostante le apparenze, ne assicurano la selezionata discendenza mediante accoppiamenti appropriati.
Nei luoghi di origine di queste razze non è difficile trovare storie, testimonianze e foto di animali che da sempre lavorano e vivono assieme ai loro pastori, senza neppure immaginare un mondo estraneo fatto di concorsi, standard, agility o altro, che non potrebbe conferirgli maggior onore di quello che, con umiltà, si guadagnano ogni giorno.
Può sembrare che stia sviolinando e nient’altro, ma vorrei ricordare che abbiamo perso, e stiamo perdendo, tanti tipi di animali, tra questi anche i cani, il tutto per seguire le mode del momento. Animali che hanno dato anche la vita, per portarci fino ai tempi moderni, quindi è un dovere, per me, manifestare un profondo rispetto e sentimento di riconoscenza, non come begli esemplari, ma come compagni dei nostri nonni e bisnonni nella transumanza, nell’agricoltura e nelle case.
Così io, che sono nato e vissuto in Marsica, una zona che si estende dalle pendici del Monte Velino sino ai confini del Parco Nazionale D’Abruzzo, comprendendo tutta la piana del Fucino, vi voglio parlare di una razza canina che vive qui da tanto tempo: il cane da tocca.
Il nome è dialettale, Tòcca è un sostantivo che significa il portare, condurre guidare le greggi, o meglio ancora muoverle.
Spostandoti nel territorio marsicano qualsiasi persona di campagna sa identificare con precisione uno e un solo tipo di cane come cane da Tocca.
L’aspetto del cane da tocca è quello di un lupoide, di taglia medio-piccola, ossia 20-25 kg per i maschi e 18-20 kg per le femmine, Il colore del mantello può essere solo fulvo o nero, il ceppo originario probabilmente è quello fulvo perché incrociando due esemplari neri nasceranno anche cuccioli fulvi, incrociando due fulvi nascono solo fulvi. 


Prpbabile ceppo originale di cane da tocca
Probabile ceppo originale – Propr. G. Fusarelli
(foto Paolo Nanni localita’ Luco dei Marsi Aquila)


Discendente cane da tocca
Discendente – Propr. Ermanno di Veroli FR
(foto Paolo Nanni)


Mastino di 14 mesi
Mastino di 14 mesi – Propr. Di Marco Pasquale Capistrello AQ
(foto Paolo Nanni)


I pastori hanno anticamente selezionato una taglia medio piccola per la funzionalità, d’estate, quando si pascola in alta montagna, il cane da tocca è utile solo nella Mandra o jaccio (Stazzo) per la mungitura, le pecore, che non hanno paura del cane, potrebbero caricarlo, quindi ci vuole un cane forte ma leggero che possa tenerle a bada mordendo la loro lana, un cane di grossa taglia potrebbe strapparne il vello (in dialetto le scincia), causando perdita economica al pastore.
In autunno il cane da tocca serve nella guida del gregge al pascolo nei prati o campi coltivati, qui serve un cane veloce e leggero, perché in questo periodo le pecore sono gravide e il cane pesante colpendole forte potrebbe compromettere la gravidanza. Infatti, il cane da tocca è un cane da contatto, diverso dai borden o altri cani da gregge, che guidano a distanza e vengono usati per raggruppare le pecore 2-3 volte l’anno, queste differenze di conduzione di un gregge sono importanti ai fini lavorativi,  è capitato che qualche appassionato delle razze inglesi per partecipare a prove di conduzione abbia  dovuto acquistare pecore inglesi, o pecore non abituate alla presenza del cane da conduzione.
Le caratteristiche del cane da tocca sono quelle del classico cane da conduzione: insostituibile per la mungitura, per far avanzare le pecore verso il mungitore, condurre il gregge, aiutare il pastore a tenere le pecore dentro i confine dei campi coltivati di proprietà, in ultimo e non da poco il recupero di animali smarriti, un solo pastore coadiuvato da 2 cani riesce a gestire oltre 500 pecore.
Caratterialmente è un cane socievole, sempre vicino al pastore con il quale talvolta condivide la MMUTINA (pranzo al sacco) e la CAPANNA (il riparo) in montagna, unico cane cui è permesso dormire a fianco del padrone, nella stalla è un guardiano incorruttibile e difende tutto il territorio a lui affidato. E’ un cane frugale e rustico,  i pastori li nutrono con pastoni di siero e pane secco, o siero e crusca, lavora in qualsiasi condizione climatica, neve pioggia, o fango, dove la vita è dura e non permette la sopravvivenza di cani fragili sia fisicamente che psicologicamente.
Vedere un cane da tocca a lavoro è emozionante come vedere qualsiasi altro animale nel suo ambiente naturale, il cane da tocca, infatti, non è mai costretto o obbligato al lavoro, egli condivide le fatiche del suo pastore con gioia.
Ho citato all’inizio il Mastino abruzzese, molto brevemente si tratta di un ceppo molto diverso dall’attuale Pastore Maremmano-Abruzzese che viene allevato principalmente da allevatori che lucrano e non da pastori. Il Mastino abruzzese nasce vive e muore con le pecore (da qui, per noi cane da pecora), tant’è vero che a volte acquistare un P-M-Abruzzese in allevamento significa regalare dei soldi all’allevatore, perché il cucciolo non sarà mai in grado di lavorare con un gregge o una mandria.
I pastori allevano il cane per il carattere e non per la bellezza, l’aspetto del Mastino Abruzzese è quindi leggermente diverso a seconda della zona, questo è accaduto nel tempo a causa della fine della transumanza, quando i pastori sono diventati stanziali hanno iniziato a selezionare i cani in base ai loro gusti è necessità, mentre nella transumanza erano solo i cani dominanti ad accoppiarsi con le femmine in calore anche se di un pastore diverso. ( non di rado e anche i miei nonni, tenevano in catena il maschio migliore per evitare accoppiamenti con cagne di altri pastori).
Nel territorio agropastorale si possono trovare Mastini a pelo lungo, corto, riccio, cani alti e magri oppure possenti ma tutti discendenti dal Canis Pastoralis. Sempre in merito al Mastino è raro ma ancora oggi qualche esemplare bianco e nero si incontra (due avvistati nel comune di Velletri mentre custodivano il gregge con altri bianchi).
Aggiungo un ultimo proverbio marsicano che chiama in causa anche il cane bianco e nero:
“pilo ruscio e cano pezzato accidjo appena nato; cioè pelo rosso e cane pezzato uccidilo appena nato”.
Tornando al cane da Tocca, oltre al territorio marsicano, e presente nel Lazio in Ciociaria e dintorni, dove la pastorizia è ancora presente e tutt’oggi s’incontrano pastori fieri dei loro mastini e cani toccatori.
Per ultima cosa vorrei fare un parallelismo con la vacca di razza Podolica, un tempo era il bovino più diffuso nell’Italia centro meridionale, oggi, nonostante la forte contrazione numerica, possiamo distinguere animali podolici di aspetto diverso a seconda delle zone di allevamento ma comunque sempre vacche podoliche sono!
Questo mio scritto vuole portarci a riflettere sul cuore del problema che non è né il riconoscimento ufficiale di una razza né la sua mercificazione: cerchiamo di arrivare in tempo, non permettiamo che si estinguano, non dobbiamo perdere le nostre tradizioni la nostra cultura e la nostra storia.
In Abruzzo è già da tempo iniziato l’abbandono della pastorizia e sento che il conto alla rovescia per questo splendido cane è iniziato già.

P.S.
I pastori, veri ed unici allevatori, non si fanno mai pagare i cuccioli, perché li cedono solo a persone che sapranno prendersene cura (le riconoscono). Sono sempre persone non legate alla cultura locale o persone che hanno abbandonato i luoghi di origine e il lavoro agropastorale a mercificare gli animali da lavoro.
Il pastore sa che un cane lavoratore è indispensabile, infatti il cane da compagnia nella marsica si chiama cane da lecca …


Paolo Nanni, Agrotecnico libero professionista si occupa: di rintracciabilità, filiera controllata e progettazione aree verdi*; allevatore, studente di Giurisprudenza e responsabile commerciale per il gruppo Agrobiolab area centro Italia. Ha realizzato svariate opere in  qualità di progettista e direttore lavori con la soc. La Quercia (1997-2003).

image_pdfimage_print

Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •